MILANO – Anche gli autogrill (con la lettera minuscola, poiché l’autore sembra riferirsi alla generalità dei servizi di ristoro delle aree di servizio) non sono più quelli di una volta.
Lo sostiene il giornalista Cristiano Gatti, in un pezzo polemico firmato sul suo blog, che gli offre anche l’occasione per ripercorrere con la memoria le autostrade delle vacanze dei bei tempi andati.
Ricordi di un’epoca ormai inesorabilmente alle nostre spalle. Forse letterariamente sublimati dalla nostalgia per un’Italia che non esiste più.
Parlando invece degli Autogrill propriamente detti (con la A maiuscola), molte persone sembrano apprezzarne il nuovo corso.
E appaiono disposte a giustificare gli eventuali rincari subiti dai listini, in virtù di un’offerta più ampia e tipicizzata.
Cosa ne pensate?
Poiché siamo in tempo di vacanze e di imminenti esodi estivi invitiamo i nostri lettori a raccontarci le loro impressioni e a formulare i loro giudizi sulla qualità dei prodotti e del servizio incontrati nello loro occasionali soste di viaggio.
Con un occhio di riguardo – inutile dirlo – per il caffè.
Ma ecco l’articolo di Cristiano Gatti.
Nel viaggio c’era sempre questo approdo fedele e sicuro. Per generazioni era l’amico che aspettava dopo tre o quattro ore di viaggio, con la sua stazza monolitica e squadrata, a cavallo della carreggiata, doppio uso per i due sensi di marcia, che a qualcuno provocava spesso vertigine, facendolo ritrovare alla ricerca della propria auto dalla parte opposta.
La sosta era autogrill. Autogrill era la sosta. Prima, molto prima che i fisioterapisti consigliassero una fermata ogni due ore per sgranchire le membra rachitiche, quella freccia a destra e il lento atterraggio sotto le tettorie servivano a rifiatare e a rinfrescare. Un caffè, una bottiglia d’acqua, all’alba la prima colazione, a mezzanotte l’ultimo caffè per restare svegli. L’umanità di quei porti è da sempre nota a tutti, ci è sfilata davanti alla cassa o nei bagni con il campionario classico, tra relazioni improvvisate, occhiate cupide alle tedesche al ritorno da Riccione, bambini aggrappati ai giochi, mamme che chiedono di scaldare biberon.
Autogrill come stazione e come seconda casa. Per l’auto e per le persone. Serve per gli uomini d’affari e per le canossiane in pellegrinaggio, per le scolaresche e per i giapponesi. Infine per le coppiette e per le famiglie, per i giovani e per gli anziani.
Autogrill istituzione nazional-popolare sopra tutte le altre, per tutti, alla portata di tutti, amica di tutti. Formato famiglia.
Vedo che nessuno ne parla, ma mi sento in dovere di segnalare alla nazione che non è più così. Non da oggi, già da qualche tempo, qualcuno dice già dalle prime privatizzazioni e dalle quotazioni in borsa, anche se sinceramente non so proprio se c’entri qualcosa. Resta il fatto che in un mio ultimo viaggio attraverso l’Italia e l’Europa ho sbattuto il muso contro una situazione deprimente, che davvero mi ha messo malinconia. Rimpianto dei bei tempi andati, quando i manager bocconiani non avevano ancora preso in mano la situazione.
I nuovi dirigenti delle varie sigle devono aver maturato un’idea comune: l’idea che in autogrill entrino solo tycoon e capitani d’azienda, esportatori di capitali e speculatori finanziari d’alto bordo.
Un ambiente per gente scelta, gente su, con una certa fascia di reddito. In questa calda estate 2017 mi sono trovato davanti alla richiesta record di 1,15 euro per il caffè.
E poi l’acqua.
E poi le semplici bibite. Quanto al ristorante, neanche nei locali stellati da Michelin (in proporzione): mettere insieme primo, secondo, contorno, frutta, vino e caffè diventa un giorno in meno di ombrellone al Forte, o una notte in meno alla Pensione Arzilla di Gabicce.
I carburanti, una poesia: ci hanno spiegato per anni che la grande distribuzione consente risparmi ed economie di scala, difatti all’autogrill – pompe automatizzate e grande passaggio – costano un’esagerazione in più rispetto al vecchio benzinaro della bassa sperduta.
Un clima da assalto alla diligenza
Sostanzialmente, in autostrada aleggia ormai un clima da assalto alla diligenza: gli italiani in viaggio, per vacanza e per lavoro, sono la diligenza, là in fondo all’orizzonte sono appostati loro, gli implacabili predatori pronti a ripulirli.
Non andrei tanto oltre. Sono impressioni di viaggio a caldo, molto caldo. Lascio ai miei connazionali verificare se dico fesserie, sperimentando di persona. Io sento soltanto il dovere di avvertire amici e conoscenti, almeno loro: fermatevi il meno possibile, e come schema di movimento tornate indietro almeno di mezzo secolo, quando la mamma portava la borsa con l’acqua, la frutta e il thermos del caffè per tenere sveglio il papà.
Allora potevamo fermarci nelle piazzole, adesso non più, solo in casi di emergenza, che so, il papà collassato, la gomma esplosa, il cilindro grippato. Per la fermata bisogna sfruttare comunque l’area autogrill, però a debita distanza. Al massimo per i bisogni estremi e improrogabili.
Il resto è affidato alla fantasia. L’importante è avere ben chiara la nuova situazione: quel nostro caro amico, così come l’abbiamo sempre amato e frequentato noi, non esiste più. Troppo umano.
C’è una nuova figura, pensata per il viandante moderno, che ci ama come si può amare il cappone sotto Natale. Alla sosta ci aspetta un nemico.
Un carissimo nemico
Cristiano Gatti