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Il caffè allunga la vita, basta una tazzina al giorno (meglio almeno tre)

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ROMA – Il caffè può allungare la vita. Lo sostengono due importanti studi pubblicati oggi in contemporanea su Annals of Internal Medicine.

Uno di questi è il primo studio europeo su larga scala – oltre 520.000 sono i soggetti coinvolti, da 10 Paesi europei – sul rapporto tra assunzione di caffè e rischio di mortalità, ed è firmato da 48 ricercatori da tutto il mondo coordinati da Marc Gunter, epidemiologo dell’International Agency for Research on Cancer.

Il secondo studio invece, con autrice principale Wendy Setiawan della University of Southern Califonia, ha investigato sull’associazione tra caffè e mortalità su una coorte multietnica di 185.000 afroamericani, nippoamericani, latinoamericani e caucasici.

Trovando che i benefici del caffè sono simili per tutte le etnie. E ottenendo risultati numerici del tutto analoghi a quelli europei. Tanto che i due studi si possono sintetizzare così:

  • Rispetto a chi non beve caffè, chi consuma una tazza di caffè (da 235 mL, la nostra tazzina è invece intorno ai 40 mL) al giorno ha un rischio inferiore del 12% di morte da tutte le cause. Come disturbi cardiaci, cancro, ictus, diabete, problemi respiratori e renali.
  • Va ancora meglio a chi consuma tre o più tazze. Il rischio di mortalità, rispetto ai non bevitori, è più basso del 18%.

Lo studio condotto da Marc Gunter ha riguardato la coorte EPIC, che comprende 521.330 soggetti di età per lo più superiore a 35 anni da 10 nazioni (Italia, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Olanda, Norvegia, Regno Unito, Spagna, Svezia). I soggetti sono stati seguiti con questionari e valutazioni per un periodo medio di 16 anni (durante il quale sono deceduti 41.693).

Come si può spiegare l’effetto salvifico del caffè?

«Il caffè contiene numerosi composti. Come i polifenoli (potenti antiossidanti vegetali). Gli acidi clorogenici (anch’essi composti fenolici). I diterpeni (presenti in resine e balsami vegetali). E tutti questi hanno proprietà antiossidanti» spiega a Repubblica Marc Gunter.

I benefici maggiori riportati dallo studio sono per l’apparato digerente. Rispetto ai non bevitori di caffè, chi consuma più di tre tazze di caffè, se maschio, ha una mortalità inferiore del 59%. E, se donna, inferiore del 40%.

Oltre un terzo delle cause di morte per malattie del tratto digestivo considerate nello studio riguarda il fegato. «Per questo effetto c’è una spiegazione convincente.

Chi consuma caffè ha un migliore profilo enzimatico del fegato. Lo abbiamo visto analizzando i biomarker di una parte del campione. I 16.000 soggetti per cui quei dati erano disponibili», puntualizza Gunter.

«Inoltre il consumo di caffè è associato anche a un migliore controllo del glucosio. E a un più basso tasso di infiammazione nell’organismo. Infatti chi beve caffè ha valori inferiori di proteina C reattiva, che è un marcatore di infiammazione. Tutto ciò contribuisce a spiegare perché i bevitori di caffè hanno un rischio di morte inferiore».

Caffeina non è la panacea

Una caratteristica interessante – che rincuorerà i fan del “decaf” – è che non è la caffeina alla radice di questo presunto “effetto panacea” del caffè. «L’associazione tra caffè e ridotto rischio di morte è stata riscontrata. Indipendentemente dalla presenza di caffeina nel caffè consumato» spiega Gunter.

«Ipotizziamo quindi che siano le altre sostanze contenute nel caffè ad avere l’effetto salutare».

Gli studi condotti da Marc Gunter e Wendy Setiawan non sono gli unici ad aver indagato sul rapporto tra caffè e salute.

«Negli ultimi due o tre anni sono usciti su questo tema degli studi su grandi popolazioni. In particolare in Giappone e negli Stati Uniti (con 650.000 persone seguite per più di 10 anni). E anche lì è emerso che il consumo di caffè è associato a una diminuzione di mortalità in età medio/avanzata» spiega Elio Riboli. Lo scienziato italiano che è il direttore della School of Public Health all’Imperial College di Londra. Ed è il coautore dello studio di Marc Gunter.

«Nel nostro studio abbiamo fatto un passo in più. Perché abbiamo visto che la riduzione è dovuta specificamente a un effetto protettore. Sulle malattie dell’apparato digerente e quelle cardiovascolari».

Il ruolo degli antiossidanti sembra, per Elio Riboli, in linea con quanto già si era riscontrato in Italia. «Studi fatti anni fa all’Istituto Nazionale di Nutrizione di Roma confrontarono il consumo di frutta e verdura con quello di caffè. Si vide che due o tre tazze di caffè avevano un effetto antiossidante. Pari se non superiore a quello ottenuto consumando frutta e verdura tre volte al giorno».

Giuliano Aluffi

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