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venerdì 22 Novembre 2024
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Caffè Malatesta: a Malgrate si produce torrefatto equo, solidale e.. giovane

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Caffè Malatesta. MALGRATE (Lecco) – C’è caffè e caffè. Se poi oltre che buono, è rispettoso del lavoro di chi lo raccoglie nel Sud del Mondo. Beh. Allora fa anche bene all’economia. Mettici poi un gruppo di giovani lecchesi a produrlo, ed ecco il Caffè Malatesta.

Caffè Malatesta

Il Caffè Malatesta ha il cuore dell’attività nella sede di Malgrate. Spazio del Gruppo di Acquisto Solidale della Sporta, uno dei più grandi in provincia (oltre 130 famiglie vi sono associate). Questa ospita la torrefazione del caffè lecchese.

L’iniziativa è stata lanciata nel 2012 da sei ragazzi. Tutti residenti tra Malgrate e paesi limitrofi, già soci del Gas. Si sono riuniti in un collettivo.

Il gruppo si presenta

Importiamo il caffè verde, la materia prima per poi lavorarla qui a Malgrate. Ci occupiamo di avere contatti con gli operatori della Colombia e con le cooperative che acquistano il caffè dal Chiapas, dall’Honduras e dal Guatemala. Recentemente ci siamo uniti ad una rete di torrefazione europea che ha contatti con altre regioni del mondo, come Sumatra o Etiopia”.

A parlarcene sono Jacopo Locatelli e Nicolò Ramazzotti, che ci hanno accolti nella nostra visita alla sede del Caffè Malatesta.

Caffè Malatesta: le origini

Loro si conoscono fin dalle scuole superiori, entrambi erano liceali al Grassi; con loro ci sono altri quattro giovani. Tutti laureati. Ognuno con un proprio percorso di studi differente (Filosofia, Biologia, Agraria, Economia…). Accomunati dalla voglia di mettersi in gioco in un progetto di economia equo solidale.

I macchinari

I macchinari di produzione. Risalenti alla fine degli anni ’80 e fabbricati a Lecco dall’azienda Trabattoni. Un’eredità del vecchio proprietario del capannone, che aveva tentato di avviare un’analoga attività. Poi, nel 2008, è subentrato il Gas e la strumentazione è rimasta.

Non occupavano grande spazio quindi si è deciso di lasciarli qui – spiega Jacopo – Quando abbiamo iniziato, è stato lo stesso proprietario, che li aveva acquistati da una torrefazione di Como, ad istruirci su come utilizzarli”.

La materia prima di Caffè Malatesta

Tostiamo le singole origini della materia prima separatamente – prosegue Nicolò. -Le pesiamo e carichiamo nell’aspiratore che le porta alla tramoggia. Qui, quando la temperatura raggiunge circa 300 gradi, il caffè viene calato nella camera di cottura. Il colore cambia durante il processo, da verde a marroncino. Infine marrone scuro. In questa fase si sviluppano gli aromi tipici del caffè. La difficoltà sta nel riuscire a scoprire per ogni origine la temperatura giusta. Così come la tostatura corretta. Oggi usiamo anche dei software che monitorano il grado di sviluppo della tostatura del chicco”.

Il confezionamento

Conclusa questa fase, il prodotto viene immagazzinato nei silos per riposare un paio di giorni e raffreddarsi. Infine viene macinato e imbustato. “Abbiamo fatto un campagna di sottoscrizione per acquistare il macchinario con il quale confezioniamo il caffè – raccontano i due giovani – Ci hanno sostenuto principalmente il gruppo di acquisto e le associazioni che collaborano con il Chiapas e abbiamo raccolto 10 mila euro che abbiamo investito nelle ultime strumentazioni che ci occorrevano”.

Numeri del Caffè Malatesta

Ogni mese a Malgrate si lavora circa una tonnellata di caffè e se ne producono ben 800 chili che vengono tutti venduti, sia nei GAS che in alcuni locali della zona e nella bergamasca; a Lecco lo si trova al pub Herba Mostrum di Malgrate e al ristorante Filet di Castello.

L’obiettivo

Quello che è sempre stato il nostro obiettivo – proseguono- è dar vita dimensione lavorativa diversa da quella convenzionale, che sia autenticamente cooperativa”.

E quando chiediamo loro di sfatare un falso mito sul caffè… “In realtà il vero falso mito – ci rispondono – riguarda il caffè italiano, spesso definito uno dei miglior al mondo. Quando provi altri tipi di caffè ti rendi conto della differenza.

Questo perché la materia prima che si compra più spesso in Italia è scadente, siamo i maggiori importatori della varietà Robusta, costa meno perché cresce ad altitudini meno elevate, contiene più caffeina, più amara e provoca più acidità di stomaco.

Non siamo invece abituati a sentire il dolce acido del caffè, come di frutta, tipico della varietà Arabica, che cresce invece in zone più elevate.

Se tostati bene quei chicchi, quando assaggi il caffè, non c’è nemmeno bisogno di zuccherarlo.

Se la materia prima è scadente si tende invece a tostare il chicco più scuro a temperature più elevate, questo crea il sapore più amaro, bruciato, ha un gusto intenso ma perde molte delle sue qualità”.

A.B.

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