MILANO – Prosegue Art & Caffeine Faema l’attività legata al caffè e alla sua cultura nello spazio Faema in Via Ventura 3 dove il 13 aprile tornerà il Faema Thursday Night Throwdown competizione di latte art con i baristi in gara che si sfidano a colpi di creatività e talento per aggiudicarsi il primo premio finale: una Faema E61 Legend due gruppi. (regolamento www.faema.it/faematnt).
Per vedere il calendario completo e aggiornato degli eventi di “Art & Caffeine Faema” è disponibile sui siti web faema.it e e71.faema.it, diretta streaming degli appuntamenti sui canali ufficiali Faema su Facebook e Instagram.
Ieri niente gare ma era la volta dell’esibizione di Davide Roveto, il formatore Sca e specialista di caffetteria che ha portato alla ribalta i metodi alternativi di preparazione del caffè.
Ne abbiamo parlato con il protagonista per capire di che cosa si è trattato e scoprire come ha reagito il pubblico di addetti ai lavori e non. Cominciando da come è andata ricordando che la presentazione delle preparazioni alternative del caffè proseguirà anche venerdì 7.
“Il risultato mi ha sorpreso: tantissima gente, tanti stranieri. Tra l’altro questi ultimi conoscevano bene i metodi alternativi di estrazione e facevano da tramite per spiegare ai presenti. Il pubblico italiano era soprattutto incuriosito da quello che succedeva, dalle ampolle che non avevano mai visto. Con loro ho dovuto spiegare di più. Tanta soddisfazione perché è piaciuto a quasi tutte le persone che si sono alternate durante la giornata. Pochi sono rimasti indifferenti. Una situazione? Una signora milanese, del centro, che all’inizio si era rifiutata di assaggiare perché lei beve soltanto moka o l’espresso dal bar, macina il caffè al momento: una consumatrice molto legata alla tradizione. Spiegando e insistendo sono riuscito a convincerla e alla fine ha bevuto. Le è piaciuto, è stata una mia grande soddisfazione. Anche se la signora ha ribadito che lei continuerà con la moka e l’espresso al bar. Però un altro assaggio mi ha promesso che lo farà”.
Chi è Davide Roveto
“Davide Roveto è un barista barese di 23 anni: nasco in una famiglia che ha sempre gestito caffetterie. Da 16 anni ho cominciato a lavorare nel locale gestito da mamma e papà. Ho cominiciato dalle consegne poi ho scalato via via la gerarchia fino ad arrivare a lavorare all’ambita macchina per l’espresso. Da lì ho cominciato a frequentare dei corsi di formazione. Si perché parlando con un tecnico riparatore di macchine avevo scoperto che non sapevo fare bene il caffè, non ci capivo nulla. Facevo una serie di azioni quotidianamente, ripetutamente ma non sapevo in realtà che cosa stessi facendo. Così mi affaccio al primo corso di formazione, cinque anni fa, quando la formazione non era ancora quella che c’è oggi. Era un po’ differente. Però mi si aprì un mondo e mi innamorai del caffè e dell’espresso”.
Adesso lei è un formatore.
“Mi occupo della formazione base dei baristi anche nell’ambito dell’apertura di locali nuovi: nozioni semplici per preparare l’espresso. Lavoro anche per Caffè Vergnano che è una grande torrefazione. Collaboro poi con Gruppo Cimbali per i marchi Cimbali e Faema. Sono spesso in giro, con la valigia sempre pronta. Sono stato anche all’estero, con un’esperienza di formatore a Dubai”.
Come svolge la sua attività?
“Mi occupo del modulo Sca Barista Skill. Ma contemporaneamente ho una grande passione per i metodi di estrazione alternativi del caffè. Sono reduce dalla visita, a Torino, di una caffetteria specializzata in questi sistemi alternativi. Prima di salire sul treno e arrivare qui mi sono fatto un paio di chilometri per gustare un buon caffè filtro. Nell’insegnamento mi dedico al modulo per la caffetteria tradizionale anche perché è il mio mondo, quello in cui sono nato. Perché la caffetteria è radicata in Italia e non si sostituirà facilmente. D’altronde l’obiettivo non è certo quello di sostituire i nuovi metodi di estrazione a quello tradizionale. Piuttosto, come nel caso del caffè filtro, si può parlare di un prodotto da accompagnare come proposta alternativa: ecco così vedo questi sistemi in Italia, una proposta alternativa anche se molto valida”.
Quando si parla di metodi alternativi di estrazione di che cosa si parla esattamente?
“Per esemplificare mi riferisco all’attività in Via Ventura nello spazio Faema. Comincio dal Chemex, il sistema di percolazione con l’utilizzo di un filtro in carta abbastanza spesso. È stata una dimostrazione sempre con riferimenti all’attività quotidiana di un barista, alle operazioni che svolge alla macchina per caffè. L’obiettivo? Fare capire che per fare un caffè con qualunque tipo di estrazione c’è bisogno di una ricetta. Nel caso del Chemex la spiegazione della differenza con l’espresso, del torrefatto migliore da utilizzare per questo tipo di estrazione. Che non sarà la solita miscela per l’espresso ma per esempio monorigini piuttosto che microlotti o addirittura il caffè che arriva da un singolo albero. Stiamo parlando comunque di caffè specialty. Quindi mi sono addentrato nella descrizione del caffè, precisazioni sulla tostatura alla quella viene sottoposto, anche questa differente dalla norma, del processo di lavorazione. Il tutto in modo breve sempre per non ubriacare chi stava ascoltando. Spesso in queste occasioni noto che si danno troppe informazioni che il consumatore non è pronto a ricevere. Ho parlato anche del sistema V60 per fare percepire come ci sono dei sistemi di estrazione che sono molto più antichi del nostro espresso. Non trascuro l’aeropress e il syphon che è quello che utilizzo di più in situazioni come quelle di Via Ventura dove l’afflusso di pubblico è importante. Anche perché il Syphon crea un grande entertaiment, la gente è incuriosita da questa caffettiera a globi di vetro che funziona per decompressione. Sempre spettacolare l’inserimento dell’acqua nel globo inferiore, misurandola. Acqua che poi, spinta dalla fonte di calore passa nel globo superiore attraverso un filtro in stoffa. In questa parte superiore avviene l’infusione controllata. A questo punto, per decompressione, togliendo la fonte di calore, avremo la nostra bevanda. Un caffè che avrà un profilo sensoriale completamente differente da quello dell’espresso. Per questo la degustazione sarà accompagnata perché il consumatore, in Italia, non è per nulla abituato a questo tipo di metodi”.
Perché i sistemi alternativi sono più esigenti, richiedono caffè migliori rispetto all’espresso?
“Parlerei piuttosto del modo di bere l’espresso che è un infuso preparato con una tecnica di pressurizzazione, con una tecnica a pressione resa possibile dalla macchina per espresso, per arrivare ad una tazza dove domina la miscela. Si può fare un espresso anche con una monorigine, ma la monorigine spesso non ha la rotondità, il bilanciamento del profilo sensoriale, una giusta acidità, una giusta dolcezza un giusto corpo, che la miscela invece ha. Nei metodi di estrazione non pressurizzati o a pressione molto più bassa dei 9 bar dell’espresso, si va a cercare altro nel profilo aromatico quindi gli aromi ma meno il corpo. Sappiamo bene che nei bar italiani, io vengo dal Sud d’Italia, il metodo di valutazione dell’espresso è la crema. Quindi per i sistemi alternativi una tostatura più chiara che non permetterebbe di creare, in una preparazione espresso, la crema richiesta e che tanto ci piace”.
Come spiega la mancanza della crema, lei che è uomo del Sud?
Ho imparato un trucco che mi permette di vendere queste bevande all’interno del mio locale di Bari, il Caffè Cognetti: avere inserito questi caffè nella lista degli infusi in modo che il cliente non pensi mai di paragonare la bevanda all’espresso che Italia rappresenta comunque al tradizione e lo sarà sempre. Certo sia in Italia sia all’estero sono bevande che vanno proposte e spiegate, non vanno da sole. Bisogna sempre accompagnare con una spiegazione, valorizzare il prodotto”.
Serve spazio per i metodi alternativi?
“No, l’ultimo bar che ho visitato era di 30 metri quadrati. Bisogna essere organizzati. È più facile creare già in sede di progettazione una caffetteria che punti a questi metodi di estrazione”.
Parlando di tendenze si arriverà a caffetterie che propongono soltanto metodi alternativi, senza l’espresso?
“In Italia no, non è possibile proprio perché l’espresso è il mercato reale in Italia. Mi è capitato di trovare qua e là locali che fanno più filtri che espressi ma perché il locale ha un tipologia molto particolare, non lo definirei neppure una caffetteria. Molto bello, comunque. All’estero già succede. Sono entrato in locali che fanno soltanto caffè filtro. Sono due mercati completamente differenti”.
Quanti sono oggi in Italia i locali che propongono estrazioni alternative?
“Qualche decina. Venti, 30 me ne vengono in mente. Non conosco una statistica precisa”
Localizzati dove?
Ne ho visti in Toscana, nella zona di Firenze, ma anche in tutto il Nord. Non sottovaluterei però il Sud perché oggi ci sono tante aziende e microtorrefazioni che stanno facendo un ottimo lavoro”.
Per le dimostrazioni in Via Ventura si è appoggiato a qualche torrefazione particolare?
“No, sapevo che c’erano stati eventi con micro torrefattori ed ho utilizzato quello che ho trovato. Tutti caffè ottimi. Mi sono totalmente innamorato di un caffè etiope tostato da Paolo Scimone, un arabica naturale coltivato a 1.800 metri sul livello del mare, una varietà Heirloom: spettacolare. Nell’estrazione sono usciti sentori di caramello fino ad arrivare al liquore alla ciliegia, frutti rossi. L’ho utilizzato molte volte ma vedo se riesco a farlo durare fino a venerdì sera”.
C’era chi chiedeva l’espresso tradizionale?
“C’erano postazioni differenti e l’espresso era sempre possibile. Qualcuno lo ha chiesto, andava da se. Però qualcosa delle preparazioni alternative è passata anche per l’espresso. Dato che usavamo 100% arabica abbiamo suggerito e chiesto di non usare lo zucchero. Un successo”.
La dimostrazione si è svolta in uno spazio con macchine professionali Faema E71. Che ruolo svolge una macchina tradizionale nelle preparazioni alternative?
“Nel mio locale di bari utilizzo proprio una Faema E71 ed ho risolto il problema base del servizio delle estrazioni alternative. Dove si fanno manca la velocità nel servizio. Con l’ausilio di queste nuove macchine per l’espresso come la Faema E71 che mi permette di prendere l’acqua calda, la stessa acqua che utilizza per l’espresso, attraverso una caldaia separata, non più l’acqua di servizio che viene dal boiler, utilizzo acqua senza l’utilizzo di un bollitore a parte e risparmio, ogni volta, qualche minuto nella preparazione. Minuti preziosi che in una caffetteria fanno al differenza. Sempre la garanzia di una temperatura sotto stretto controllo”.