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venerdì 22 Novembre 2024
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Nestlé – Fai Cisl-Flai Ggil e Uila chiedono incontro con i vertici

Sindacati preoccupati. Mancano politiche per lo sviluppo. Lo conferma lo stabilimento Nespresso in Germania. In 7 anni organici passati da 8.500 a 4.100 addetti

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MILANO – C’è preoccupazione tra i rappresentanti dei lavoratori del gruppo Nestlé in Italia. «Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil hanno chiesto un incontro straordinario al residente e amministratore delegato del Gruppo Nestlé. Il fine è quello di sapere quali sono gli impegni e gli investimenti del Gruppo nel nostro Paese».

Nestlé: il richiamo ai piani alti

Lo annunciano in una nota congiunta Giorgio Galbusera, coordinatore nazionale Fai; Mauro Macchiesi, segretario nazionale Flai e Pietro Pellegrini, segretario nazionale Uila.

«Siamo consapevoli della crisi che sta attraversando l’Italia ed in particolare la crisi dei consumi. Tuttavia, riteniamo che, ormai da diversi anni, la Nestlé in Italia si limiti ad investimenti di mantenimento. Non certamente di consolidamento delle quote di mercato. Soprattutto, non vi sono iniziative di sviluppo di nuove produzioni».

I rappresentanti continuano

«Negli ultimi sette anni – sottolineano Galbusera, Macchiesi e Pellegrini – ben sette marchi sono stati dismessi. Gli organici si sono dimezzati passando da 8.500 addetti del 2006 a 4.100 di oggi.

Questo nonostante, in termini di fatturato, nel mercato italiano Nestlé si colloca al quarto posto per fatturato nella classifica dei vari Paesi in cui si vendono i prodotti a marchio Nestlé.

Comunque il Gruppo per i prodotti agroalimentari si colloca al secondo posto nel mercato del nostro Paese. Sempre per fatturato”.

Penalizzata l’Italia

“L’ultima decisione del Gruppo di realizzare un nuovo impianto in Germania per la produzione di Nespresso – concludono i sindacalisti – rappresenta una penalizzazione per il sistema produttivo del Gruppo nel nostro Paese. Su un prodotto, come il caffè, che si sposa fortemente con la cultura del consumo del prodotto in tutto il mondo.

Questa nostra iniziativa  è volta a scongiurare la tendenza a far diventare il nostro Paese terreno di commercializzazione e non di produzione.

Ciò costituirebbe un danno per l’occupazione ma crediamo anche per l’azienda. Perché pur in un contesto di crisi, l’italianità dei prodotti agroalimentari costituisce un valore aggiunto importante in tutto il mondo.

Come sindacato siamo disponibili a confrontarci in tutte le sedi istituzionali competenti per rafforzare le politiche di filiera».

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