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Il Gnocchi: la storia del caffè milanese contro il presente di Starbucks

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MILANO – In concomitanza all’arrivo della grande catena di caffetterie Starbucks e ad una mia ricerca sulle vecchie stazioni ferroviarie milanesi è nato, quasi per caso, questo piccolo paragrafo su alcuni caffè dell’Ottocento milanese. Per più di mezzo secolo, sono spuntati come funghi generando parecchia confusione tra i poveri ricercatori dilettanti come il sottoscritto. Uno dei più noti è sicuramente, Gnocchi.

Gnocchi si inserisce in un panorama di caffè storici milanesi

Ognuno di essi è stato innovativo e peculiare ritagliandosi, in ben più di un’occasione, un ruolo storicamente rilevante nella Milano del XIX. Soprattutto, dietro a ciascuno, si celava sempre la medesima persona.

Un imprenditore geniale e lungimirante che rispondeva al nome di Baldassarre Gnocchi. Erede di una dinastia di caffettieri, di cui il capostipite fu Luigi Gnocchi. Già segnalato come proprietario del Caffè Centrale in Corsia del Duomo in una guida del 1820.

Vediamo dunque di partire per questo piccolo viaggio nel passato. Tra indomabili rivoluzionari, poeti scapestrati, seducenti musiciste e invenzioni avveniristiche .Sempre accompagnati da una buona tazza di caffè.

Storia di Gnocchi

Appena terminata la Galleria De Cristoforis (la Galleria Vecchia), da non confondersi con quella attuale, nel 1832 venne inaugurato al suo interno il Caffè Gottardi. (Tommaso Gittardi secondo altre fonti). Di proprietà di Teodoro Gottardi, un ex impresario della Scala.

Il locale, descritto come “una spaziosa bottega da caffè al punto centrico dei bracci”, trascorsi appena due anni dall’apertura, dapprima venne ceduto a Faustino Gaggia. Poi tornò in mano alla famiglia Gottardi ed infine, poco prima della metà del secolo, fu rilevato definitivamente da Baldassarre Gnocchi. E siamo giunti al dunque.

Di questo primo Caffè Gnocchi sappiamo che ebbe vita fino al 1875, anno in cui il proprietario lo cedette alla birreria Trench.

Il locale raccontato

Nell’album Milano illustrata del 1850, così veniva descritto il caffè: “Taluni siedono sugli scranni dell’elegante caffè che si affaccia di prospetto alla Galleria. Abbraccia tutte le sale dell’ala che mette nella Contrada del Monte. Un tempo questo caffè era quasi deserto. Ora mercé l’ottimo e decoroso servigio che somministra il Gnocchi, fa sì che da alcuni anni vedesi assai frequentato.

Dacché fu aperto però un cortiletto adorno di vasi e fiori all’adito che già esisteva. Dove a piacere si respira l’aere aperto, anche nell’estate accorrono gli avventori.

Le sale del caffè sono bene addobbate. A queste si aggiunse la nuova e grandiosa offelleria fornita con quella proprietà, con quel gusto che sa spiegare il proprietario di essa…Qui crocchi di vecchi che parlano d’affari e d’antiche reminiscenze. Là giovani che discorrono di novità. Di avventure galanti, di matrimoni, di cantanti di ballerine e di mille altre cose fuorché la politica…”

Oltre ad essere assiduamente frequentato dalla Scapigliatura milanese.

“Dimmi le cronache dei scapigliati che al Gnocchi fremono la notte e il dì” (A. Ghislanzoni). Il locale fu meta abituale del caposcuola degli scapigliati meneghini: Giuseppe Rovani. Ormai sul viale del tramonto come il romanticismo di quell’epoca. Al gestore del caffè che “per il suo bene” si rifiutò di servirgli altro assenzio, rispose: ”Preferisco l’odio che mi rispetta all’amore che mi insulta”… Alla faccia della pronta risposta! Ma dal nostro Rovani c’era da aspettarselo.

Letterati e giornalisti clienti abituali del locale

Naturalmente non possiamo dimenticare letterati e giornalisti come clienti abituali del caffè. Tutto facevano, tranne nascondersi dietro un foglio di carta, anzi.

Erano persone impetuose. Perennemente in cerca di guai e sempre pronte a menar le mani. Una mattina la vittima di un pezzo giornalistico del Gazzettino Rosa entrò furibondo al Gnocchi. L’intenzione era di schiaffeggiare con i suoi guanti l’autore di quelle ignobili parole. Ma quest’ultimo era lì ad attenderlo.

Una situazione all’ordine del giorno .Spingeva i camerieri più impressionabili a cercare disperatamente lavoro in altre caffetterie. Quelle non frequentate da gente che per campare usasse una penna.

Ma torniamo a Baldassarre Gnocchi. Negli anni a venire non dormì di certo. In rapida successione aprì altri due caffè. Un secondo in Foro Buonaparte. Un terzo, esterno alla cerchia dei Bastioni, di rimpetto al Borgo della Stella, l’attuale Via Corridoni: il caffè ferroviario di Porta Tosa.

Riccardo Rossetti

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