MILANO – De’ Longhi studia nuove acquisizioni. Dopo la vendita di Del-Clima, l’ex divisione industriale dei prodotti dell’azienda del Pinguino, avvenuta a dicembre 2015, in molti avevano scommesso sull’utilizzo di quei proventi per la crescita del marchio storico degli elettrodomestici made in Italy.
Il closing avvenuto a fine di quell’anno aveva sancito il passaggio ai giapponesi di Mitsubishi Electric per oltre 660 milioni.
L’azionista De’ Longhi Industrial, cioè la famiglia trevigiana dei noti elettrodomestici che è socio con il 62% della De’ Longhi, potrebbe utilizzare parte di quelle risorse per operazioni di acquisizione.
Anche se l’azienda veneta quotata in Borsa ha già al suo interno munizioni a sufficienza per aggredire il mercato. Nel 2016 la società aveva infatti una cassa di 307 milioni di euro.
Forte di questa posizione finanziaria, della significativa generazione di cassa derivante dalla crescita organica e dalla possibilità di fare ricorso alla leva finanziaria, De’ Longhi può puntare in alto. Fino a considerare operazioni di M&A anche superiori al miliardo di euro.
L’azienda, conferma, «dopo aver completato l’integrazione del marchio Braun, di cui ha acquisito la licenza perpetua nei segmenti della cucina e della cura della casa nel settembre del 2012, è interessata a valutare opportunità di crescita per linea esterna, grazie anche ad una solida posizione finanziaria».
Il management del gruppo è dunque a caccia di opportunità.
Non è l’unica via esplorata.
Lo sviluppo verrà spinto anche dall’interno. Il gruppo opera con tre marchi internazionali, quello storico del Pinguino e oggi sempre più delle note macchine Nespresso (9% dei ricavi di gruppo), De’ Longhi, che in tutto pesa il 60% degli 1,8 miliardi di ricavi. Poi ci sono gli elettrodomestici da cucina a marchio Kenwood, 25% delle vendite, e l’11% di Braun.
Anche se la licenza perpetua di quest’ultimo deve ancora esprimere tutta la sua potenzialità. Per gli analisti la soglia psicologica dei 2 miliardi di fatturato dovrebbe essere raggiunta nel 2018.
L’obiettivo, shopping a parte, è per l’azienda «accelerare nella crescita organica dei ricavi, previsti in aumento a tassi “mid-single-digit” nel 2017 sospinti in particolar modo dal buon trend delle macchine per il caffè espresso e dei prodotti a marchio Braun, recentemente introdotti nell’importante mercato nordamericano».
Nel futuro c’è molto mercato europeo, ma anche Nord America e Asia.
E in questi territori probabilmente si stanno anche guardando le papabili nuove acquisizioni.
«Ciascuna di queste grandi aree presenta condizioni competitive e portafogli prodotti diversi, che obbligano quindi a porsi in modo diversificato nei confronti dei possibili investimenti», spiegano in azienda.
Quasi dieci anni fa un giovane Fabio De’ Longhi (succedendo ad un altro manager che ha collezionato successi a Nordest, cioè Stefano Beraldo di Ovs), figlio del patron dell’azienda trevigiana Giuseppe, annunciava di voler insediare il primato europeo di Philips negli elettrodomestici da casa.
Non tutti ovviamente, ma in quelli che facevano parte dell’orizzonte di De’ Longhi, per cui il settore della cottura e del caffè.
«Avremo molto caffè nel nostro futuro», disse allora il giovane ad. Il segmento di prodotto delle macchine per il caffè si conferma, oggi, uno dei principali motori di sviluppo del gruppo, rappresentando il 40% dei ricavi 2016.
Circa la metà delle vendite di questo segmento è costituita da modelli superautomatici, in crescita a doppia cifra nel 2016 e principale asset del gruppo, leader globale con una quota di mercato superiore al 30%.
Nel 2016 il fatturato è sceso del 2,4%, ma al netto dell’effetto cambio risulta in linea con l’anno precedente, l’ebitda adjusted (ante oneri ricorrenti per 11 milioni di euro) è salito a 295,4 milioni, pari al 16,0% dei ricavi. L’andamento del titolo De’ Longhi nell’ultimo anno è stato largamente superiore a quello dell’indice della Borsa Italiana Ftse Mib
Roberta Paolini