NAPOLI – Su alcune tazzine da bar sarà capitato a molti di leggere il nome di Vittorio Wurzburger, conosciuto a Napoli come «‘o ‘rre d”o cafè».
L’uomo possedeva un rinomato bar a via Nazionale e nel 1962 fondò Cafè Centro Brasil, produttore del caffè Kenon.
Da padre in figlio, l’azienda è gestita dai tre discendenti: Walter, direttore commerciale, Giovanni, responsabile del reparto amministrativo e Guglielmo, a capo di quello produttivo.
Una triade che negli ultimi anni esporta il nome di Napoli nel mondo attraverso l’eccellenza del caffè.
«Un napoletano sarebbe capace di percorrere anche tre chilometri a piedi pur di sorseggiare il caffè più buono».
Così Walter Wurzburger spiega l‘approccio di un napoletano all’espresso, radicalmente diverso rispetto al resto del mondo, perché la bevanda nera da queste parti rappresenta una tradizione, un rito, un modo per ringraziare e per accogliere.
Napoletanissimo nonostante il cognome faccia presagire altro, Walter è membro del gruppo Giovani Imprenditori di Confindustia.
«Nel 2017 l’azienda compirà 125 anni. La nostra storia comincia nel lontano 1892, dal mio bisnonno che intraprese a lavorare con bar e torrefazione.
Il cognome?
Forse discendiamo da una famiglia tedesca, abitante di Wurzburg.
Ma resta un’ipotesi. Fu mio padre ad ingrandire l’azienda decidendo di specializzarsi nella torrefazione. Io, insieme ai miei fratelli, abbiamo conferito all’impresa un carattere di internazionalità. Oggi esportiamo il nostro prodotto in tutto il mondo».
Kenon e le altre società napoletane del caffè stanno conquistando importanti fette di mercato, confermando che la scelta di puntare sulla qualità di prodotto e servizi paga: «Negli ultimi anni abbiamo goduto di un incremento in media del 30% di fatturato.
In generale chi per il prodotto e chi per i servizi, le imprese napoletane del caffè sono in espansione.
Stare a Napoli per molti è sinonimo di garanzia, un vantaggio per acquisire pezzi di mercato.
Il caffè napoletano è rinomato in tutto il mondo e di questo ne traiamo un vantaggio.
Ma è l’unico, perché la politica non ci aiuta. La pressione fiscale è altissima così come il costo dei dipendenti.
Tale circostanza potrebbe compromettere la nostra competitività, noi dobbiamo fare i conti con costi che all’estero non esistono. Ma riusciamo a sopperire con la qualità».
Una qualità indiscussa nonostante qualche anno fa un servizio di Report la mise in discussione.
Le conclusioni dell’assaggiatore erano finalizzate a distruggere il mito partenopeo legato all’impareggiabilità del suo caffè, proprio nel periodo in cui Kenon e le altre aziende campane stavano espandendosi prepotentemente nel Nord del Paese e nel resto del globo.
«Il nostro caffè è assolutamente il più buono del mondo. Possediamo degli standard qualitativi più alti d’Europa, siamo molto più esigenti rispetto alla media.
La cura è particolare non solo durante la fase di produzione, ad esempio noi organizziamo molti corsi di caffetteria tenuti dal campione italiano di Caffetteria e il campione italiano di Latte Art, Giacomo e Pietro Vannelli.
La preparazione dell’operatore diventa un elemento cardine per la valorizzazione del prodotto. Non ci si può improvvisare barista.
Quale macchina suggeriamo ai bar? Noi preferiamo quelle a leva rispetto alle automatiche e alle semiautomatiche, per la qualità della resa in tazza. In tutti i casi l’operatore diventa un elemento essenziale per il risultato finale».
Il 125esimo compleanno sarà festeggiato da Kenon adeguatamente con diverse novità, con il marchio in continua espansione e la commercializzazione di un nuovissimo prodotto.
«Apriremo dei Kenon Point, dei bar brandizzati dove sarà possibile acquistare tutti i nostri prodotti. La grande novità sarà la produzione del caffè biologico».
Tra tradizione ed innovazione Kenon rappresenta un’azienda all’avanguardia, orgoglio partenopeo da esportare come cartolina della genialità napoletana.
Salvatore Russo