BELLUNO – Era la fine del 1800 quando gli artigiani gelatieri zoldani e cadorini, partendo con i loro carrettini lungo le vie delle più importanti città dell’impero austroungarico, facevano diventare il gelato un alimento alla portata di tutti, non più preparato esclusivamente nelle cucine nobiliari e delle famiglie più abbienti.
È quindi in provincia di Belluno che si trova la patria del gelato artigianale. Ieri come oggi.
Eppure, questa lunga tradizione sembra non essere stata considerata da una pubblicazione uscita di recente: la “Guida Gelaterie d’Italia” del Gambero Rosso che, dopo ristoranti, vino, olio, bar, pasticcerie, pizzerie, street food, ha deciso di censire e valutare uno dei prodotti simbolo del Made in Italy: il gelato.
La Guida, alla sua prima edizione, è stata presentata al Salone internazionale della gelateria di Rimini. Contiene le recensioni di trecento gelaterie.
Ma, come si diceva, di quelle bellunesi non vi è traccia.
Nemmeno una nell’elenco delle gelaterie che Gambero Rosso inserisce tra le migliori d’Italia.
E la cosa stupisce, visto il risaputo legame tra il territorio provinciale e il mondo del gelato artigianale.
A essersi accorto di questa mancanza è Paolo Garna, già direttore di Longarone Fiere, curatore del sito www.gelatonews.it e promotore del progetto “gelaterie amiche della bicicletta”, per il rilancio del binomio cicloturismo e gelato.
«Nella Guida non c’è alcuna gelateria della provincia di Belluno, che per storia e tradizione viene da molti considerata la “culla” del buon gelato, grazie alle migliaia di gelatieri che hanno dato un notevole contributo alla diffusione di questa attività in Italia, in Europa e nel mondo», sottolinea Garna.
«Neanche il Veneto risulta granché rappresentato: sei gelaterie a Verona, cinque a Padova, due a Venezia e una a Treviso. Due le gelaterie venete con “tre coni”: una a Padova (“Golosi di Natura”) e una a Verona (“Zeno Gelato e Cioccolato”).
Nel sito di Gambero Rosso si spiega che i «parametri utilizzati per la valutazione da parte dei nostri ispettori spaziano da aspetti che riguardano il locale e la degustazione vera e propria».
Come indica la stessa casa editrice, sembra che in Italia ci siano circa 37 mila gelaterie. Quelle artigianali sono molte meno.
«Appare difficile che sia stata fatta una valutazione esaustiva», dice ancora Garna. «Le guide sono un po’ come le classifiche, non costituiscono la verità assoluta, però è sempre meglio esserci che non esserci.
Chi conosce il mondo del gelato noterà come manchino all’appello decine e decine di ottime gelaterie che non hanno nulla da invidiare a quelle segnalate».
È il caso, solo per fare qualche esempio locale, della gelateria Gimmy di Feltre, di Andrea e Marco Reato, o della Marta d’Oro, a Levego, presenti in passato nelle classifiche delle migliori gelaterie italiane.
«Ormai nelle guide credo poco», commenta Marco Viel, gestore della Marta d’Oro. «Ho preso contatto con il Gambero Rosso e ho intenzione di far presente la questione. Il fatto è che gli ispettori, a quanto mi risulta, in provincia di Belluno non sono nemmeno arrivati. Sono dispiaciuto.
E non perché non è stata inserita la mia gelateria, ma perché non si capisce quali siano i criteri utilizzati per redarre le classifiche». «Come è possibile? Siamo la “culla” del gelato», fa eco Reato.
«Sono stato proprio poco tempo fa alla Sigep di Rimini. Se non siamo inseriti della Guida deve essere proprio perché non hanno mandato ispettori nel nostro territorio».
Di parere simile anche Enrico Piva, figlio del maestro gelatiere Carlo, di Al Solèr di Pecol, a Zoldo Alto: «Purtroppo le valutazioni che vengono fatte non sempre sono obiettive. Altrimenti non si spiegherebbe la totale assenza di attività bellunesi che
rappresentano l’eccellenza e che nella guida avrebbero dovuto essere inserite. Il problema è poi che ancora manca una legislazione che circoscriva il concetto di “gelato artigianale”.
In ogni caso, al di là di queste classifiche, è il cliente che valuta e dice se il gelato è buono oppure no».
Martina Reolon