giovedì 19 Dicembre 2024
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Schultz, si butta in politica: sarà lui l’anti Trump nelle elezioni USA del 2020

Il fondatore di Starbucks, di origine ebraiche, è uno dei più amati d'America, perché ha dato a tutti un posto caldo dove andare a prendere un caffè e connettersi al web. La sua è una storia di successo: l'emblema del "self made man". E la passione per il caffè è scoccata all'Università quando lavorava nei bar per mantenersi agli studi

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MILANO – Come avete letto Howard Schultz (FOTO sopra, Starbucks è già sullo sfondo), che sta alle caffetterie come Steve Jobs sta ai computer e si appresta a lasciare la guida di Starbucks, quella che lui stesso ha reso la più grande catena di caffetterie al mondo con 25.000 negozi in 75 nazioni e 85 miliardi di capitalizzazione di mercato.

Dal 3 aprile 2017 Schultz ha annunciato di volersi ritagliare un ruolo come presidente esecutivo dell’azienda che ha fondato, cedendo il suo incarico di amministratore delegato a Kevin Johnson, dal marzo 2015 presidente e direttore operativo del gruppo nonché membro del consiglio di amministrazione dell’azienda. Quest’ultimo ha un passato in Microsoft e Juniper Network, e ha assisisto sia l’amministrazione di George W. Bush che quella di Barack Obama, come membro della National Security Telecommunication Advisory Committee (commissione per la sicurezza nazionale delle telecomunicazione).

La riorganizzazione del vertice aziendale ha una doppia valenza: politica e tecnologica. Formalmente Schultz si concentrerà sullo sviluppo di negozi di alta gamma a marchio Starbucks reserve, il nome della linea di caffe premium. Come spiegato da lui stesso l’intento è “aprire almeno 20 roasteries nel mondo, sei soltanto entro la fine del 2019.

Allo stesso tempo si stanno creando le basi dei mille e più negozi Starbucks reserve che apriranno nel mondo negli anni a venire”.

C’è però chi insinua che il top manager stia accarezzando l’idea di scendere in campo in politica, per prepararsi nel 2020 a correre per la presidenza. E Shultz, più di Micheal Bloomberg, gode di un largo consenso popolare perché le sue caffetterie sono note a tutti gli americani, più del terminale finanziario.

Peraltro Shultz, che come altri prima di lui è di origine ebraica, simaptizza per il partito Democratico, e forse proprio la vittoria di Donald Trump – imprenditore prestato al partito Repubblicano – è stata l’ultima molla che l’ha convinto a scendere in campo.

Classe 1953 Schultz ha vissuto un’infanzia povera: nato nelle case popolari di Brooklyn deve cavarsela da solo perché il padre, autista di camion senza assicurazione sanitaria, rimane infortunato e non può provvedere alla famiglia.

Schultz ha fatto diversi lavori tra i quali anche il barista

L’imprenditore entrato alla Northern Michigan University grazie a una borsa di studio conquistata per meriti sportivi, decide in un secondo momento di non giocare a football per mantenersi all’università, ma di sottoscrivere un prestito d’onore e, per vivere, fa diversi lavori fra cui quello di barista.

Di lì la passione per le caffetterie: ne fonda una di ispirazione itliana chiamata “il Giornale”, che poi nel 1987 rileva Starbucks, la stessa insegna che nel 2017 sbarcherà in Italia a Milano, per la prima volta nella sua storia.

Sara Bennewitz

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