MILANO – Non si chiude il tormentone di “Falce e carrello”, il pamphlet di Bernardo Caprotti nel quale l’ex patron di Esselunga lancia accuse spietate nei confronti del sistema antagonista di Coop.
Denigrazione concorrenziale o no? La Corte d’appello di Milano aveva sostenuto di no, ma la Cassazione ha annullato la sentenza e rinviata la questione alla Corte d’appello, in diversa composizione, che dovrà rifare il processo tenendo conto delle “bacchettate” contenute nella sentenza 22042. Caprotti è scomparso lo scorso 30 settembre.
In caso di soccombenza, gli eredi di Caprotti dovranno risarcire Coop (altrimenti facciamo una colletta pur di porre uno stop al tormentone). Probabilmente con alcune centinaia di migliaia di euro, più interessi e spese legali.
Ora la Cassazione ha depositato la sentenza, relativa all’udienza svoltasi lo scorso giugno, che riapre a carico delle società dell’imprenditore, il processo civile per risarcimento danni da «concorrenza sleale per denigrazione»
Ad avviso della Cassazione – che ha accolto il ricorso di Mario Zucchelli, presidente della Coop Estense (confluita in Alleanza 3.0) – i giudici milanesi di primo e secondo grado hanno sbagliato a considerare quel libro, distribuito e pubblicizzato da Esselunga, non come un’inchiesta giornalistica, ma come un’opera letteraria priva di «intento informativo».
Secondo i supremi giudici, sarebbe stato necessario «valutare il requisito della continenza in modo rigoroso» di fronte a espressioni che indicavano Zucchelli come «un oste imbottito di denaro», una persona che si muove «in uno stagno torbido, fetente e tiene Modena al guinzaglio come un cagnolino» e la Coop come fornita di una capacità «illimitata di mentire e di ribaltare la realtà».
Per il neo presidente di Coop Alleanza 3.0 Adriano Turrini «la Cassazione ha dato un indirizzo preciso: trattasi di diffamazione, come chiedeva la nostra denuncia. Non siamo mai stati un branco di delinquenti». La Cassazione ha già scritto la sentenza per la Corte d’appello di Milano? «No – obietta Turrini – la dovrà stabilire la Corte d’appello. Ma spero si torni alla sentenza di primo grado, poi incredibilmente rovesciata dalla Corte d’appello».
Al contrario in una nota diffusa da Esselunga a seguito della sentenza depositata dalla Cassazione si legge che la Corte di Cassazione «ha sostanzialmente riconosciuto la correttezza delle conclusioni della Corte di Milano, che ha affermato la sussistenza del diritto di critica a favore di Bernardo Caprotti ed Esselunga e ha escluso la concorrenza sleale da parte degli stessi».
Nel settembre 2011, in primo istanza, il giudice Patrizio Gattari sancì, dopo tre anni, che “Falce e carrello” «integra un’illecita concorrenza per denigrazione» e giudicò infondato il diritto di critica, riconoscendo corretta l’accusa di concorrenza sleale da parte di Coop Italia.
Il librò tornò in libreria
Quindi condannò Caprotti (oltre che Geminello Alvi, curatore della prefazione, e Stefano Filippi, coautore) a un risarcimento di 300mila euro, oltre agli interessi legali, il pagamento di 20mila euro di spese legali e il ritiro del pamphlet dal mercato. Tre mesi dopo la Corte d’appello sospese l’esecutività del provvedimento di Gattari e il ritorno in libreria di “Falce e carrello”.