MILANO – Lunedì sera, alle 21.05, è andato in onda Indovina chi viene a cena, il programma d’inchiesta che precede il popolare Report. La puntata di questa settimana era dedicata al caffè al problema dei pesticidi e dei diserbanti.
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Ecco una breve sintesi dei temi affrontati.
L’esordio è sul caffè defecato, che, in pochi bar, è offerto a 6 euro a tazzina. Da quando è esplosa la moda, lo zibetto è costretto a vivere in prigionia, intossicato dalla caffeina.
Sì perché lo zibetto è un animale onnivoro ma, nelle gabbie, è alimentato soltanto a cigliege di caffè maturo perché posso produrre il suo prezioso prodotto.
Poi un passaggio sul caffè in capsula. L’argomentazione è che il caffè viene dai Paesi poveri e le variazioni di prezzo al consumatore non sono giustificabili.
Per esempio gli 80 euro al chilo di quello di George Clooney. Servirebbe più trasparenza sui costi del caffè: il prezzo in Brasile va da 2 a 4 euro al kg, che poi viene spedito alle aziende che lo tostano.
Altro argomento la tracciatura del caffè che è opaca: la robusta arriva dal Vietnam, l’arabica arrivano soprattutto dal Brasile, il Paese che usa più diserbanti al mondo, anche il Glifosato. Che è stato classificato come cancerogeno. Quando beviamo un caffè, cosa beviamo? si chiede il curatore dell’inchiesta.
L’autrice Sabrina Giannini ha incontrato un ricercatore che studia le correlazioni tra malattie e pesticidi. E cosa succede con il caffè importato in Italia: quando arriva a Triste, si preleva una quota del 3%, in modo casuale, da controllare. Quantità minima, se si tiene conto dei pesticidi. E ancora più preoccupante che non si controllino tutti i pesticidi oggi usati.
Come il Glifosato: manca l’attrezzatura, dicono a Trieste. Ma Illy ha respinto partite di caffè importato, che hanno controllato da sé, su più di 600 principi attivi. Quindi i controlli c’è chi li fa e dunque si potrebbero fare.
Domanda. Perché non si importa caffè faitrade e biologico? Quello coltivato da aziende che rispettano le condizioni di lavoro dei raccoglitori di caffè.
Che spesso lavorano, nella stagione della raccolta, in stamberghe vicino alle piantagioni. Come schiavi, come affermano due ispettori del lavoro brasiliani: in difficoltà perché sono soltanto 7 su un territorio più grande dell’Italia come è il Minas Gerais, lo stato con la maggior produzione del caffè.
C’è molto lavoro nero e sembra che vada sempre peggio, per i raccoglitori. Ma per la Nestlè gli affari vanno bene, con il caffè in capsule. Precisa il programma della Rai: “Niente intervista per la Nestlé e nemmeno Clooney – che siede nel board Nestlé per la sostenibilità – ha accettato di parlare con la giornalista”. Anche se poi l’attore appare in un breve filmato nel quale difende la politica dell’azienda.
Il programma di Rai 3 ha poi argomentato che la multinazionale la numero 1 nel commercio mondiale del caffè, non è in grado di stabilire da chi acquisti il verde, siccome ricorre a fornitori esterni all’aziende: potrebbe delegare i controlli ad un ente terzo ma non lo fa.
Come fa invece illy caffè, che monitora tutta la filiera, dice lo stesso Andrea Illy. Eppure il ministero del lavoro brasiliano ha rilevato delle infrazioni in una delle aziende che hanno raggiunto negli anni scorsi la finale del premio come miglior produttrice: “Forse ora è stata espulsa” argomenta l’autrice del programma.
I consumatori sono disposti a spendere di più, ma chiedono
Considerazione finale: i consumatori sono oggi disposti a spendere di più, in nome di un maggior rispetto delle condizioni di lavoro, di una maggiore sostenibilità della produzione. E questo le aziende ora lo sanno.