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venerdì 22 Novembre 2024
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Milano, cresce il numero delle gelaterie ma solo il 5% utilizza ingredienti naturali

A Milano oggi ci sono 744 gelaterie, 29 in più rispetto allo scorso anno. Fra tutte le gelaterie che lo producono, sono forse il cinque per cento, se non meno, quelle in cui si parte dagli ingredienti di base.

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MILANO – Sostituire un pasto con un gelato? Lo fanno in tanti, e questo alimento conquista sempre più spazio: nel 2015 i consumi, che in media in un anno superano i sei chili a testa, sono aumentati dell’otto per cento.

A Milano oggi ci sono 744 gelaterie, 29 in più rispetto allo scorso anno (dati Camera di commercio di Milano). Non tutte le gelaterie «artigianali» però lavorano nello stesso modo. «La situazione è un po’ paradossale — dice Roberto Lobrano, maestro gelatiere — nella patria del gelato non esiste una normativa che regoli il settore. Escludendo quelle che vendono gelato industriale, fra tutte le gelaterie che lo producono, sono forse il cinque per cento, se non meno, quelle in cui si parte dagli ingredienti di base, come uova, latte e frutta. Le altre usano semilavorati industriali, che possono avere un peso diverso sul prodotto finale».

Per legge si dice «artigianale» un gelato preparato sul posto tramite miscelazione e contemporaneo congelamento degli ingredienti: anche se prendiamo un preparato liofilizzato, che può pesare fino all’80 per cento, e aggiungiamo acqua, possiamo dichiarare il nostro gelato «artigianale».
Non per forza il semilavorato è sinonimo di cattiva qualità: accanto ai preparati «completi» cui basta aggiungere acqua, ci sono quelli che forniscono la struttura, ma poi vanno integrati con altri ingredienti, come frutta, cacao o nocciole lasciando spazio alla creatività del gelatiere. Chi non usa semilavorati — forse i soli veri «artigiani» — per evitare che il gelato si afflosci, aggiunge pochi grammi di stabilizzanti, come farina di semi di carrube, di guar, o altre fibre vegetali (ricavate per esempio dai piselli, o dai limoni).
«In ogni caso — continua Lobrano — chi parte dalle materie prime anziché dal semilavorato deve conoscere a fondo la tecnica e gli ingredienti che usa».

Una gelateria «naturale» a Milano è il «Gelato ecologico» (via Ravizza): «Siamo nati nel 1994 — racconta il proprietario Daniele Cuomo — e da subito l’idea è stata quella di non utilizzare prodotti chimici che rendono il gelato più cremoso ma si pagano dal punto di vista della digeribilità. Abbiamo bandito grassi idrogenati e altri additivi, usiamo materie prime di alta qualità e inventiamo gusti nuovi seguendo la fantasia e la stagione. Fino a dieci anni fa non aggiungevamo nessuno stabilizzante. Poi, per soddisfare i gusti dei clienti, che cercano un gelato naturale ma che non sia troppo diverso dagli altri, abbiamo inserito una piccola quantità di fibra vegetale, che lo rende più cremoso». MI prezzi? Un euro e 90 per una coppetta piccola e 20 euro al chilo per la vaschetta da asporto.

Anche Vittoria Bortolazzo, trentenne, titolare del «Gelato giusto» (via San Gregorio) punta sulla freschezza e sulla qualità degli ingredienti: «Se devo fare il gelato al tiramisù — spiega Vittoria — parto dal mascarpone, molti invece usano la «pasta al tiramisù» una miscela di grassi, aromi, coloranti che da sola costruisce il gelato, ma il risultato è molto diverso. I miei gelati sono meno grassi e meno dolci rispetto alla media. Una quantità elevata di grasso toglie “spazio” ai sapori degli altri ingredienti». I prezzi? Sono 2,50 euro per un cono a due gusti e 24 euro al chilo per la vaschetta da asporto.

Naturalmente non mancano i gelati vegani. Li propone anche «Ciacco» (via Spadari): «La linea vegana funziona molto bene — racconta il fondatore, Stefano Guizzetti — perché soddisfa sia chi ha esigenze alimentari particolari, sia chi vuole ridurre le calorie. Questi gelati infatti ne contengono il 30 per cento in meno». Il cono a due gusti costa 2,50 euro, il gelato da asporto 23 euro al chilogrammo.

Accanto alle gelaterie più o meno artigianali, ci sono poi le catene — la più nota è Grom — che preparano un gelato standard e lo distribuiscono agli affiliati. Anche questi possono raggiungere buoni risultati grazie alla qualità delle materie prime utilizzate. Ma come si fa per distinguere le gelaterie? «Il segreto è fare molte domande al gelataio — raccomanda Lobrano —: un vero artigiano può dare risposte esaurienti sul proprio prodotto e si occupa anche della formazione dei dipendenti».

Aggiungiamo infine che, anche se molti non lo fanno, la legge prevede che l’elenco degli ingredienti sia esposto nel punto vendita.

FONTESostituire un pasto con un gelato? Lo fanno in tanti, e questo alimento conquista sempre più spazio: nel 2015 i consumi, che in media in un anno superano i sei chili a testa, sono aumentati dell’otto per cento. A Milano oggi ci sono 744 gelaterie, 29 in più rispetto allo scorso anno (dati Camera di commercio di Milano). Non tutte le gelaterie «artigianali» però lavorano nello stesso modo. «La situazione è un po’ paradossale — dice Roberto Lobrano, maestro gelatiere — nella patria del gelato non esiste una normativa che regoli il settore. Escludendo quelle che vendono gelato industriale, fra tutte le gelaterie che lo producono, sono forse il cinque per cento, se non meno, quelle in cui si parte dagli ingredienti di base, come uova, latte e frutta. Le altre usano semilavorati industriali, che possono avere un peso diverso sul prodotto finale». Per legge si dice «artigianale» un gelato preparato sul posto tramite miscelazione e contemporaneo congelamento degli ingredienti: anche se prendiamo un preparato liofilizzato, che può pesare fino all’80 per cento, e aggiungiamo acqua, possiamo dichiarare il nostro gelato «artigianale». Non per forza il semilavorato è sinonimo di cattiva qualità: accanto ai preparati «completi» cui basta aggiungere acqua, ci sono quelli che forniscono la struttura, ma poi vanno integrati con altri ingredienti, come frutta, cacao o nocciole lasciando spazio alla creatività del gelatiere. Chi non usa semilavorati — forse i soli veri «artigiani» — per evitare che il gelato si afflosci, aggiunge pochi grammi di stabilizzanti, come farina di semi di carrube, di guar, o altre fibre vegetali (ricavate per esempio dai piselli, o dai limoni). «In ogni caso — continua Lobrano — chi parte dalle materie prime anziché dal semilavorato deve conoscere a fondo la tecnica e gli ingredienti che usa». Una gelateria «naturale» a Milano è il «Gelato ecologico» (via Ravizza): «Siamo nati nel 1994 — racconta il proprietario Daniele Cuomo — e da subito l’idea è stata quella di non utilizzare prodotti chimici che rendono il gelato più cremoso ma si pagano dal punto di vista della digeribilità. Abbiamo bandito grassi idrogenati e altri additivi, usiamo materie prime di alta qualità e inventiamo gusti nuovi seguendo la fantasia e la stagione. Fino a dieci anni fa non aggiungevamo nessuno stabilizzante. Poi, per soddisfare i gusti dei clienti, che cercano un gelato naturale ma che non sia troppo diverso dagli altri, abbiamo inserito una piccola quantità di fibra vegetale, che lo rende più cremoso». I prezzi? Un euro e 90 per una coppetta piccola e 20 euro al chilo per la vaschetta da asporto. Anche Vittoria Bortolazzo, trentenne, titolare del «Gelato giusto» (via San Gregorio) punta sulla freschezza e sulla qualità degli ingredienti: «Se devo fare il gelato al tiramisù — spiega Vittoria — parto dal mascarpone, molti invece usano la «pasta al tiramisù» una miscela di grassi, aromi, coloranti che da sola costruisce il gelato, ma il risultato è molto diverso. I miei gelati sono meno grassi e meno dolci rispetto alla media. Una quantità elevata di grasso toglie “spazio” ai sapori degli altri ingredienti». I prezzi? Sono 2,50 euro per un cono a due gusti e 24 euro al chilo per la vaschetta da asporto. Naturalmente non mancano i gelati vegani. Li propone anche «Ciacco» (via Spadari): «La linea vegana funziona molto bene — racconta il fondatore, Stefano Guizzetti — perché soddisfa sia chi ha esigenze alimentari particolari, sia chi vuole ridurre le calorie. Questi gelati infatti ne contengono il 30 per cento in meno». Il cono a due gusti costa 2,50 euro, il gelato da asporto 23 euro al chilogrammo. Accanto alle gelaterie più o meno artigianali, ci sono poi le catene — la più nota è Grom — che preparano un gelato standard e lo distribuiscono agli affiliati. Anche questi possono raggiungere buoni risultati grazie alla qualità delle materie prime utilizzate. Ma come si fa per distinguere le gelaterie? «Il segreto è fare molte domande al gelataio — raccomanda Lobrano —: un vero artigiano può dare risposte esaurienti sul proprio prodotto e si occupa anche della formazione dei dipendenti». Aggiungiamo infine che, anche se molti non lo fanno, la legge prevede che l’elenco degli ingredienti sia esposto nel punto vendita.
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