BINASCO (Milano) – Nel grande edificio rosso alle porte di Milano su cui campeggia il logo Mumac, sono racchiusi oltre cent’anni di storia del caffè (nella FOTO sopra lo spazio dedicato al marchio Faema). La raccontano 100 macchine, che distribuite su sei sale fotografano l’evoluzione del gruppo Cimbali e di un pezzo importante dell’industria italiana.
«Nel 2012, in occasione del centenario dalla fondazione, abbiamo inaugurato il nostro museo d’impresa, centro vivo e ricco di attività volte a diffondere la cultura del caffè e il valore dei nostri marchi», spiega il presidente Maurizio Cimbali, alla guida di un’azienda che conta 660 dipendenti, fattura 159 milioni di euro e ha portato le sue macchine professionali tradizionali per caffè espresso nel 25 per cento dei bar mondiali. Praticamente, uno su quattro.
«La nostra famiglia è ora alla sua quarta generazione in azienda – prosegue Cimbali – e crede fermamente che la solidità si costruisca insieme con le persone, lavorando sulla qualità dei prodotti, ascoltando il cliente con attenzione giornaliera. Da diversi anni ci siamo dotati di un team di manager che gestiscono l’azienda con logiche strategiche ed orientate ai mercati. Questo team fa capo all’ingegnere Franco Panno».
Tocca a lui, torinese, in Cimbali da tre anni, raccontare i piani del gruppo. «Abbiamo chiuso il 2015 con un fatturato in aumento dell’8,7%, per il 2016 ci aspettiamo una crescita del 7 per cento. E a giugno lanciamo una nuova macchina iconica, per noi è molto importante. Si tratta di un modello disegnato da Giugiaro che ricorda la storica Faema E61».
Panno, il gruppo Cimbali controlla quattro marchi: LaCimbali, Faema, Casadio e Hemerson. Quali sono i più importanti?
«I brand principali con cui produciamo macchine tradizionali e superautomatiche sono LaCimbali, emblema dell’innovazione tecnologica, e Faema, simbolo del design».
Quanto pesano le esportazioni sui vostri ricavi?
«Esportiamo l’80% del fatturato, anche se l’Italia resta di grande interesse – anzi, per l’espresso è fondamentale – ed è possibile crescere ancora, grazie a una rete molto capillare. Siamo tra i pochi che vendono, installano e fanno assistenza».
Quali sono i Paesi in cui crescete più rapidamente?
«Regno Unito, Est asiatico, soprattutto Corea del Sud e Cina, e Stati Uniti. Abbiamo sette filiali operative all’estero, e il 35% dei nostri dipendenti lavora fuori dall’Italia».
Portare il caffè in Cina è ancora una scommessa?
«La Cina ha grosse potenzialità, si sta sviluppando una cultura del caffè e, specialmente la fascia medio-alta della popolazione, sta iniziando a consumare. Per noi è il terzo mercato per dimensione, vogliamo crescere ancora. Però servono investimenti importanti, perché bisogna essere riconosciuti come leader».
L’ultima acquisizione, quella di Casadio, risale al 2009. La crescita di Cimbali passerà anche dallo shopping?
«Per il momento siamo concentrati sul nostro piano di crescita, ma nel medio e lungo termine non escludiamo acquisizioni».
Dove avviene la produzione?
«Il 100% è realizzato in Italia, nei nostri tre stabilimenti a Binasco (Milano), Ghisalba (Bergamo) e Cappella Cantone (Cremona) che ogni giorno producono una media di oltre 200 macchine. Anche per i componenti ci affidiamo al Made in Italy».
Sono previste nuove assunzioni?
«Negli ultimi due anni abbiamo assunto sessanta persone, tutti giovani e qualificati. Nel 2016 entreranno in azienda altri trenta o quaranta dipendenti, la maggior parte in Italia».
Siete leader nel settore delle macchine professionali. Perché non puntare anche su quelle per uso domestico?
«Vogliamo essere identificati come specialisti. Se un’azienda fa un po’ di tutto rischia di fallire: continueremo ad investire nel nostro segmento, senza avventurarci in altre aree».
Quanto conta l’innovazione per un gruppo come il vostro?
«Negli ultimi tre anni abbiamo depositato dodici brevetti. Investiamo il 2,6% del nostro fatturato in marketing e il 6,6% in ricerca e sviluppo».
Per quali prodotti?
«Per esempio sulle macchine collegate a internet via wi-fi, che ricevono e trasmettono informazioni sui servizi e sui consumi. Abbiamo sviluppato un’applicazione per la piattaforma Plat.One che consente la visualizzazione e la rappresentazione dei dati raccolti dalle macchine».
Per supportare la crescita del gruppo lo sbarco in Borsa è un’opzione praticabile?
«No, in questo momento la famiglia Cimbali detiene il 100% dell’azienda e vuole continuare a investire nel gruppo».
Giuseppe Bottero