La fibrosi epatica può esser contrastata dal nostro amato espresso. Caffè e tè sono note per il loro effetto tonico (più marcato quello del caffé rispetto al tè). Dovuto al contenuto in xantine, e per la presenza di componenti minori di interesse nutrizionale (polifenoli, minerali, vitamine).
La fibrosi epatica trova un nemico nel caffè
Ora, questa ampia metanalisi condotta in collaborazione tra diverse scuole italiane sottolinea due aspetti positivi. Entrambi associabili al consumo regolare di caffè e a quello del tè. La protezione epatica e una certa azione protettiva nei confronti dello sviluppo di sindrome metabolica.
Nel caso del fegato, si è visto che il consumo regolare di caffè non decaffeinato si associa a una minore prevalenza di fibrosi epatica. In quei soggetti con diagnosi di steatoepatite non alcolica, la più comune. Causa in tutto il mondo di aumento degli enzimi epatici, per lo più correlabile alle abitudini alimentari.
La caffeina ha effetti positivi per la fibrosi epatica
L’effetto sarebbe mediato sia dalla caffeina stessa, sia probabilmente dai molti componenti minori del caffè, Come polifenoli, melanoidine, ma anche vitamine e minerali.
Valutando invece il consumo combinato di caffè (oltre le 3 tazze/die) e di tè (oltre le 2 tazze/die), è emerso che tra i maggiori consumatori delle due bevande la sindrome metabolica (combinazione di ipertensione, obesità addominale, insulino-resistenza/diabete, dislipidemia) era meno prevalente che tra coloro che ne consumavano meno.
Caratteristiche benefiche delle due bevande
Ancora una volta vengono chiamati in causa i polifenoli specifici delle due bevande. (acido caffeico e ferulico per il caffè, catechine per il tè). Oltre alle vitamine (vitamina C, vitamine del gruppo B, riboflavina, acido folico, niacina, acido pantotenico) e ai minerali (potassio, manganese, fluoruri).
E’ possibile che gli effetti protettivi di queste bevande nei confronti dello sviluppo della sindrome metabolica abbiano a che fare con l’effetto antinfiammatorio ed antiossidante dei loro componenti minori.
E’ interessante anche sottolineare che la minore prevalenza di sindrome metabolica significa, nel tempo, un minore rischio di diabete. Un effetto di grande importanza potenziale, data l’ampia diffusione di questa patologia nel mondo moderno.
Bibliografia
Marventano S, Salomone F, Godos J, Pluchinotta F, Del Rio D, Mistretta A, Grosso G.
Clin Nutr. 2016. pii: S0261-5614(16)00103-5. doi: 10.1016/j.clnu.2016.03.012. [Epub ahead of print]