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Mercati: prezzi in calo, ma attenti al Brasile

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MILANO – La chiusura di ieri della borsa americana, per la ricorrenza del Martin Luther King Day, ci consente di fare il punto a bocce ferme sull’evoluzione dei prezzi nei mercati a termine in questo avvio di 2016. Il contratto principale dell’Ice Arabica (scadenza marzo) ha toccato il suo massimo nella prima seduta dell’anno (4 gennaio) chiudendo a 123,90 cents per libbra, comunque in ribasso di 280 punti rispetto all’ultima seduta del 2015.

Tre ulteriori sedute in territorio negativo hanno portato a un primo minimo di 118,45 cents il 7 gennaio. L’ultima seduta della prima settimana di contrattazioni si è chiusa in parziale ripresa (+55 punti) a 119 cents.

Ma si è trattato di un semplice episodio, che non ha intaccato il trend di fondo.

L’andamento al ribasso è ripreso con forza all’inizio della seconda settimana.

Lunedì 11, il contratto per scadenza ravvicinata ha subito un pesante scivolone (-455 punti) precipitando a 114,45 cents, vicinissimo ai minimi dello scorso novembre.

Su questo nuovo, consistente arretramento hanno inciso, innanzitutto, la decelerazione annunciata dell’economia cinese e le sue ripercussioni negative sui mercati delle commodity.

Il resto lo hanno fatto l’indebolirsi del real e il favorevole andamento climatico nelle aree di produzione brasiliane.

Un ulteriore lieve arretramento ha portato, il giorno successivo (martedì 12), a una chiusura di 114,35 cents: la più bassa sin qui registrata in questo primo scorcio dell’anno.

Un parziale rimbalzo – favorito dalla ripresa delle valute di alcuni paesi produttori – ha riportato i prezzi in territorio positivo a metà settimana.

Con due sedute consecutive in nero, il contratto benchmark è risalito giovedì a 115,90 cents, trovando un supporto forte in area 113,50 centesimi.

Le turbolenze sui mercati asiatici e la debolezza del real hanno rimesso tuttavia pressione nella giornata di venerdì e la settimana si è conclusa nuovamente al ribasso.

Negativo anche l’andamento della borsa londinese, con 6 sedute su 10 al ribasso.

A differenza di New York, l’Ice Robusta ha chiuso venerdì con guadagni marginali (contratto per scadenza marzo a 1.441 dollari), che non hanno comunque invertito la tendenza generale, con perdite nell’ordine del 3% durante la settimana trascorsa.

Un nuovo calo di 21 punti ha spinto lunedì la scadenza principale a 1.420 dollari. In corso di contrattazione è stato toccato un minimo intraday di 1.415 dollari: si tratta del livello più basso da giugno 2010.

Sull’andamento hanno inciso anche i nuovi dati sull’export di dicembre del Vietnam diffusi dalle autorità doganali di Hanoi. Le esportazioni del primo produttore mondiale di robusta sono state pari lo scorso mese a 152.000 tonnellate (2,53 milioni di sacchi).

Tale volume è maggiore del 58,6% rispetto a quello di novembre e supera ampiamente le previsioni del governo e dei commercio.

In attesa della prima stima ufficiale Conab sul nuovo raccolto brasiliano, che verrà diffusa mercoledì 20 gennaio, tengono banco le previsioni e i commenti degli analisti e del settore privato.

Interessanti, tra le altre, le considerazioni che abbiamo letto, la settimana scorsa, nell’ultimo report di Wolthers Douqué.

“Difficile immaginare condizioni migliori di quelle attuali in vista del prossimo raccolto brasiliano, che inizierà tra maggio e giugno – scrive il commerciante crudista di Fort Lauderdale (Florida) – I prezzi sono stati buoni negli ultimi 4 anni e le cure ricevute dalle piantagioni dopo la siccità hanno creato i presupposti per un pieno recupero produttivo. La fioritura di ottobre/novembre è stata ottima e il successivo sviluppo dei frutti è stato sinora molto buono.”

Se di qui a maggio non si ripeterà lo scenario degli anni scorsi – con alte temperature, forte insolazione e deficit idrico in aree localizzate – “il Brasile potrebbe avere il migliore raccolto da decenni”.

Le aspettative medie attuali indicano come realistica una previsione produttiva attorno ai 55 milioni di sacchi.

“Anche la qualità sarà ottima se l’inverno brasiliano sarà secco.” Su quest’ultimo aspetto pende però l’incognita El Niño, che potrebbe portare tempo umido nel periodo della raccolta.

Tutto bene, dunque? Non proprio.

Non va dimenticato – osserva Wolthers Douqué – che le scorte di riporto alla data del 30 giugno scorso hanno toccato i livelli più bassi degli ultimi cinquant’anni.

“Probabilmente tra i 2,5 e i 5 milioni di sacchi compresi 1,4 milioni di scorte detenuti dallo Stato. La produzione non ha superato i 46 milioni, per un totale massimo di 51 milioni di sacchi disponibili nel periodo 1° luglio 2015 – 30 giugno 2016, che dovranno soddisfare sia la domanda interna che l’export.

Negli ultimi 3 anni, il Brasile ha esportato una media di 33,5 milioni di sacchi e i consumi interni si attestano attualmente attorno ai 21 milioni di sacchi, pari a un totale di 54,5 milioni di sacchi.

Si tenga conto infine che sul totale delle scorte, “almeno 2 milioni di sacchi sono costantemente indisponibili, in quanto detenuti dai commercianti, pignorati dalle banche o depositati nei magazzini governativi.”

Visti i consumi interni stabili è dunque ampiamente prevedibile un rallentamento del ritmo delle esportazioni brasiliane nei prossimi mesi, che potrebbe – anche nello scenario economico attuale – creare qualche tensione sui mercati.

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