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Dal cortado al Karsk norvegese, così si beve caffè nel mondo

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di Donata Marrazzo*
In Persia lo chiamavano “qahwa”: era un profumato infuso di chicchi tostati. Nello Yemen, era il “vino d’Arabia”, amato dai mistici sufi: lo bevevano recitando il Corano.

In un tempo lontano a La Mecca i fedeli frequentavano più le locande del caffè che le moschee. Poi fu proibito come bevanda della sovversione. Così a Costantinopoli.

Così si beve nel mondo Oggi il caffè si beve in tutto il mondo, ma gusti, preparazioni e abitudini sono diversi. L’Italia è la patria dell’espresso, paese tra i maggiori esportatori di caffè torrefatto, al 10° posto per i consumi. In molti bar si serve ristretto, con poco zucchero aggiunto durante l’erogazione.

E lungo, macchiato, corretto, decaffeinato e resentin, una declinazione veneta corretta 2 volte. Oppure marocchino, in vetro con cacao in polvere e schiuma di latte, o mocaccino, in cui si usa aggiungere sul fondo cioccolato caldo. Caffè shakerato (lungo, con ghiaccio e sciroppo di zucchero), frullato o liofilizzato.

In alcuni bar si elaborano vere e proprie ricette: negli Illy caffè, l’espresso si beve in versione coccola (con panna montata), tiramisù, bianco alla liquirizia, dolce fondente, allo yogurt, perfino al mojito, con vodka bianca e menta fresca. In granita, affogato con gelato, shakerato al Baileys.

In Francia si prepara con caffettiere a stantuffo, poi si filtra con un colino e si accompagna con croissant e baguette. L’espresso risulta più lungo di quello italiano: i cultori lo bevono nelle brûleries.

Con due dosi di acqua calda e 1 espresso si prepara un americano perfetto, con le varianti Red Eyes (caffè filtrato + espresso) o Iced (ghiaccio, crema di caffè, zucchero, caffè in polvere).

Il Spagna, oltre al diffuso Café con leche, si beve il “carajillo”, corretto al brandy, al whisky o al rum.

In Colomba si fa colazione con il caffè cortado, preparato con il latte, o con la chaqueta (si aggiunge all’espresso una dose di aguapanela, zucchero di canna liquido). Rum, zucchero e panna montata per il Pharisaer tedesco, espresso e crema di caffè (Kaffee Brauner) in Austria.

In Vietnam lo preparano con acqua bollente, ghiaccio e latte condensato, la Thailandia sostituisce l’acqua calda con il latte.

Dal Karsk norvegese al Touba del Senegal In Australia, si aggiunge schiuma di latte, mentre in Norvegia bevono il “karsk”, che segue una preparazione particolare: si posa una moneta sul fondo della tazza, poi si versa caffè e liquore finché la moneta non diventa visibile.

A Hong Kong il Yuanyang (latte condensato, tè nero e caffè) può essere bevuto caldo o freddo: è diventato così popolare che è entrato nella catena Starbucks a Hong Kong e Macao.

In Messico (che è leader per la produzione di caffè biologico) si degusta con un bastoncino di cannella: è il caffè de olla. In Senegal è una bevanda mistica: il Touba si prepara pregando, con pepe nero e spicchi d’aglio.

L’antico rituale del caffè alla turca Ma è in Turchia (e in altri paesi balcanici) che la preparazione del caffè resta un vero rituale, fondamentale nella cultura popolare: il caffè alla turca si prepara facendo bollire dell’acqua in un bricco di ottone.

Si toglie dal fuoco e si aggiunge il caffè macinato finemente, zucchero e spezie come il cardamomo o la cannella. Ne risulta uno sciroppo che ha bisogno di decantare qualche minuto affinché i sedimenti si poggino sulla tazzina.

Il resto è caffeomanzia, arte divinatoria che consiste nella lettura dei fondi del caffè. A Istanbul ne hanno fatto una bellissima esposizione all’interno del Museo delle arti turche e islamiche.

Il viaggio del caffè, dalla Persia a Venezia Il caffè arrivò in Occidente nel 1615, grazie ai mercanti veneziani. Era considerato un antidoto a molte malattie ed era reperibile solo nelle farmacie, conservato in contenitori di porcellana contrassegnati con la targhetta Coffea Arabica.

Alla fine del ‘500, a Marsiglia, ispirò i primi boureaux d’esprit, gli uffici dello spirito: salotti letterari in cui donne salonnièries mostravano le proprie doti intellettuali sorseggiando l’esotica bevanda.

A Venezia la prima bottega fu inaugurata alla fine del ‘600 in piazza San Marco. Divenne luogo d’ incontro per i pensatori dell’epoca: un caffè filosofico per praticare l’esercizio dell’opinione.

La bevanda dei “pensieri geniali e subitanei” secondo Balzac Il riformismo illuministico italiano intitolò il suo periodico Il Caffè, inteso come spazio ideale per meditazioni politiche in cui, chiunque assaporasse la bevanda, proprio come diceva Pitagora, “diveniva simile agli dei, o almeno per una mezz’ora un uomo ragionevole”.

Honoré de Balzac già scriveva: “Quando il caffè giunge nello stomaco le idee avanzano come battaglioni di un grande esercito, i ricordi arrivano a passo di carica, i pensieri geniali e subitanei si precipitano nella mischia come tiratori scelti”.

A Vienna il melange, evoluzione della “broda turca” Quando Vienna fu liberata dai Turchi (11 settembre 1683), grazie alle strategie dell’ufficiale polacco Jerzy Franciszek Kolschitzky, negli accampamenti abbandonati furono ritrovati sacchi pieni di chicchi scuri.

Foraggio per capre e per cammelli? No, caffè per “broda turca”. Il militare imparò a filtrarlo, aggiungendo miele e latte.

Così nacque il “melange” e il primo caffé viennese, l’Hof zur Blauen Flasche, la casa della bottiglia blu. In ricordo dei kipferl assaporati sotto le tende nemiche, il militare polacco chiese a un fornaio di preparare dolcetti lievitati, farciti con la marmellata. Erano i krapfen.

In Francia furono i croassaint, cornetti di sfoglia a spicchio di luna, proprio come quelli ottomani.

A Milano, nell’800, il caffè del genoeùcc

Nella Milano dell’800 i venditori ambulanti servivano il “caffè del genoeùcc” in tazzine di smalto talmente bollenti che il cliente non poteva tenerle fra le dita. Sollevando una gamba, si lasciavano raffreddare sul ginocchio.

Gli inglesi lo bevvero per più di un secolo, ma poi preferirono il tè. In Italia, dal tempo dei Borboni, il caffè è il rito più social che c’è.

Dalla cuccumella napoletana alla moka La cuccumella nasce nel 1819: la tradizionale caffettiera napoletana alternava il metodo di preparazione per decozione alla turca a quello di infusione alla veneziana, con un sistema a doppio filtro.

Poi venne la moka, ed era già il Novecento. A Milano la ditta La Pavoni iniziava la prima produzione in serie delle macchine per il caffè espresso.

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