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martedì 05 Novembre 2024
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Terra Madre. Gli eroi del futuro: Lee e il caffè della tribù Akha

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di Carlo Petrini

Le parole d’ordine del nostro eroe del futuro di oggi sono Tailandia e caffè. Voglio raccontarvi la storia di Lee Ayu, giovane originario di Maejantai, un piccolo villaggio del nord della Tailandia immerso in un parco naturale e abitato dalla tribù indigena degli Akha, alla quale appartiene Lee.

Si tratta un angolo di mondo remoto nel quale è molto difficile avere l’occasione di studiare, viaggiare e di entrare in contatto con idee e culture diverse.

Grazie alla sua forte motivazione però, Lee è riuscito a realizzare il suo sogno e migliorare le condizioni del suo villaggio, stimolando la produzione e commercializzazione di caffè.

«Provengo da una famiglia molto modesta e per me l’unica possibilità di studiare era frequentare la scuola del tempio, che fornisce anche l’alloggio e non richiede una retta. Alla fine delle superiori però mi trovavo a un bivio: cercare di frequentare l’università, pur non avendo né soldi né particolari meriti accademici, o tornare a casa a lavorare nella fattoria di famiglia».

Alla fine Lee decide di proseguire gli studi e comincia a recarsi in città a caccia di bandi per l’attribuzione di borse di studio, fino a quando non trova una posizione aperta presso l’Università di Chiang Mai, dove può iscriversi e studiare inglese con successo.

Dopo la laurea Lee inizia subito a lavorare con la Child’s Dream Foundation, un’organizzazione internazionale di aiuto all’infanzia con la quale collaborerà per i successivi tre anni.

Ed è grazie a questa esperienza che Lee si appassiona al lavoro in ambito sociale e comprende la necessità di aiutare i bambini ad avere un futuro migliore.

«Durante una visita alla mia famiglia a Maejantai mi resi conto che la situazione non era cambiata da quando ero partito. Gli abitanti del villaggio facevano molta fatica a mandare i figli a scuola, e la maggior parte dei bambini iniziava a lavorare molto presto per aiutare la famiglia. In quel momento mi sentii addirittura quasi in colpa per aver avuto la possibilità di studiare. Non volevo essere una rara eccezione, un privilegiato, e capii che era ora di tornare a casa e cercare di migliorare le condizioni del villaggio per dare ai bambini della nostra tribù la speranza di poter studiare e fare nuove esperienze, come era successo a me».

E così, tra lo stupore dei suoi genitori e dei suoi amici, Lee torna al suo villaggio per restare.

«Realizzai come il villaggio fosse molto produttivo: i contadini coltivavano da sempre diversi ortaggi, frutta e riso per la propria sussistenza e per un micro mercato locale. Ma la mia attenzione era stata attirata anche da un’altra pianta, presente ma totalmente sottovalutata: il caffè».

Nonostante infatti la pianta si adatti benissimo al clima delle montagne tailandesi del nord, gli Akha non si sono mai dedicati alla lavorazione e alla trasformazione del caffè in maniera stabile. «La mia idea era quella di implementare la trasformazione del caffè in modo da ottenere un prodotto di alta qualità che potesse dare buone soddisfazioni economiche ai contadini senza però costringerli ad abbandonare le altre produzioni, che dovevano continuare a garantire l’equilibrio produttivo del villaggio. Così nel 2007 fondai la Akha Ama Coffee, cercando di coinvolgere diversi contadini della mia zona. All’inizio ci abbiamo creduto in pochi, ma oggi siamo più di venti, il nostro caffè continua a migliorare e a diffondersi nel Paese, e stiamo cominciando a ricevere qualche riconoscimento internazionale».

Lee ha avuto la possibilità di imparare questo mestiere grazie al supporto di diversi amici incontrati lungo la strada, come nel caso dello chef Andy Ricker che, venuto a conoscenza del suo progetto, lo ha aiutato mettendolo in contatto con diversi torrefattori americani e sostenendo i suoi viaggi di studio all’estero.

«La situazione economica del villaggio sta lentamente ma costantemente migliorando, e i bambini che possono andare a scuola oggi sono già molti più che in passato. Sono sicuro che l’istruzione e lo scambio culturale siano la linfa del futuro, e dopo la mia esperienza come delegato di Terra Madre nel 2014 non vedo l’ora di partecipare all’evento di ottobre sapendo che ognuna di queste esperienze apre le nostre menti a nuove idee e nuove ispirazioni».

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