di VINCENZO SALEMME*
MERCOLEDÌ scorso, mentre ero in giro per scegliere i luoghi delle riprese del mio prossimo film, mi è capitato di entrare in un bar piccolo piccolo e un po’ nascosto in uno dei tanti vicoletti che sbucano sul bellissimo porto di Pozzuoli. Ho chiesto un caffè al signore che se ne stava silenzioso dietro il bancone.
Senza che glielo specificassi, lo ha fatto gocciolare molto lentamente dalla macchina nel bicchierino di vetro, di quelli con la base circolare sfaccettata (io lo prendo preferibilmente in tazza).
Quando me lo ha servito, mi è sembrato al primo sguardo, corposo e della lunghezza perfetta. Altrettanto perfetto alla prova dello zucchero, rimasto sospeso per il tempo giusto e, dopo aver ceduto alla forza di gravità, calato lentamente sul fondo come se affondasse in una tazzina di crema al cioccolato.
Non restava che assaggiare: delicato ma con personalità, caldo senza eccesso, aromatico e senza il retrogusto amaro della tostatura che tende al bruciato.
“Veramente squisito!”, ho detto. Ed è a questo punto che l’uomo del caffè mi ha fatto sentire la sua voce, una voce insospettabilmente timida. Le sue prime parole mi hanno stupito davvero.
“Perché è fatto con amore!”, ha sussurrato. Quell’uomo apparentemente così rude, poco incline alla cura del proprio aspetto (non intendo sporco o malvestito ma semplicemente incurante delle apparenze), aveva rivelato in una sola frase tutta la gentilezza del suo animo.
Lo so che sembra banale, lo so che è una frase troppo abusata, ma in questo caso è stato diverso. Perché a pronunciare quella frase non è stato uno dei tanti fanfaroni che ci riempiono la testa con tante promesse e buoni propositi, ma un uomo semplice che non vuole fare altro che il proprio lavoro.
E che vuole essere apprezzato perché quel suo lavoro lui lo svolge al meglio e con amore. Non una passione “narcisa”. Perché lui il caffè lo fa per il cliente e se il cliente è contento, lui sa di avere utilizzato al meglio il suo talento.
A me sembra che troppo spesso l’ansia di raggiungere una posizione di rilievo, in qualsiasi ambito sia chiamato a cimentarsi il nostro ingegno, ci fa dimenticare il vero scopo del nostro talento. Troppo spesso il nostro traguardo non è il lavoro che dobbiamo svolgere ma le conseguenze di quel nostro impegno, che sia il danaro o il potere o la vanagloria.
Quello che mi ha insegnato quel signore dietro il bancone di quel piccolo bar è che quando preparo un film o una commedia, ciò che mi deve guidare è soltanto il mio talento (grande o piccolo che sia, non importa).
Non importa che il film o la commedia siano perfetti. Ciò che conta è che mi rappresentino. E questo vale per tutti. Che si debba fare un caffè o un film o un taglio di capelli, l’importante è che lo si faccia semplicemente, forse banalmente, con amore.