MILANO – «Abbiamo affidato al consulente Roland Berger il compito di studiare una riorganizzazione per aiutare illycaffè a crescere ancora di più. Ogni 5 anni le aziende dovrebbero fare un controllo strategico sul mix prodotti e dei Paesi. L’ipotesi di una quotazione in Borsa è molto, molto remota».
Andrea Illy (FOTO), amministratore delegato di illycaffè, cancella le indiscrezioni di questi giorni su uno sbarco in Borsa del gruppo triestino.
E anche quando il discorso scivola sulla corsa al gigantismo nel mondo del caffè innescata da Nespresso-Nescafè, da Jacobs Douwe Egberts con un gruppo da 7 miliardi di dollari, dalla probabile acquisizione della francese Carte Noire da parte di Lavazza (dovrà staccare un assegno da 1 miliardo) e dalla quotazione di Segafredo Zanetti (pagherà lo shopping di Boncafè), l’imprenditore triestino spiega che «nel mass market la dimensione è un fattore di competizione molto importante. Noi però siamo nel prodotto di qualità e la nostra strategia rimane valida per i prossimi 5 o 10 anni».
Essere nella nicchia dorata del caffè di alta qualità (che garantisce al gruppo giuliano un Ebitda del 16%) è un elemento di sostenibilità; un altro sta nel fatto che «i produttori mass market sono molto presenti nella grande distribuzione, noi ci siamo e ci restiamo ma con prudenza: preferiamo l’Ho.re.ca. (hotel, ristoranti e bar ndr )».
Per Illy è poco probabile anche la ricerca di un nuovo partner industriale o l’ingresso di un fondo di private equity nel capitale del gruppo.
«Il ruolo di Roland Berger – spiega – è quello di aiutarci a fare una sorta di audit strategico, un controllo delle strategie ed eventualmente inserire dei correttivi. L’obiettivo, insomma, è un nuovo assetto strategico, non azionario».
Oltre alla necessità di individuare su quali mercati, aree di business e linee di prodotto puntare di più, l’idea della riorganizzazione, aggiunge Illy, nasce anche dal fatto che il mondo del caffè è in fermento, sono in corso grandi cambiamenti tecnologici «e poi c’è il mercato delle capsule da affrontare perché sta andando a fare concorrenza al business tradizionale del caffè, che tende a consolidarsi. Ci sono predatori che cercano valore, ma ci sono aziende che hanno le caratteristiche delle prede e altre che possono rimanere indipendenti».
Nel 2014 illycaffè ha realizzato un fatturato consolidato di 391 milioni (+4,5%), un Ebitda di 62 milioni (+15%) e un utile netto di 12 milioni dai 7,8 dell?esercizio precedente. Il mercato italiano continua a perdere consumi: -2,2% a volume e -3,4% a valore con il 49% dei volumi venduti in promozione.
Secondo Iri, il modern trade Illy ha una quota a valore del 4,2% nel totale caffè (stabile) e del 12,6% nel macinato espresso, in cui si conferma secondo player dopo Lavazza. Il peso delle vendite all’estero ha raggiunto il 62% (il 63% nel primo semestre 2015) con una buona performance in particolare dei mercati Emea (+10,7%), seguiti dal Nord America (+6%) e dai Paesi Emergenti, fra cui Brasile (+17%) e Cina (+30%).
illycaffè fa parte del polo del gusto controllato dalla holding di famiglia, di cui fanno parte anche il cioccolato di qualità di Domori, il thè di Damman Frère, il vino di Mastrojanni, il 40% della frutta di Agrimontana e il 5% delle gelaterie Grom.
La società cerca partner, in particolare per Domori? «Abbiamo fatto un sondaggio per Domori – conclude Illy – ma il partner non è all?ordine del giorno. Dopo anni di investimenti questo è il momento del pay back, di raccogliere cioè i frutti. Di partner se ne riparlerà più avanti».
Emanuele Scarci*