La National Coffee Association of Usa (Nca), massima associazione di settore degli Stati Uniti, accoglie con soddisfazione le conclusioni del parere scientifico sulla sicurezza della caffeina fornito dall’Efsa, l’ente europeo per la sicurezza alimentare che ha la sua sede in Italia a Parma (nella FOTO un cristallo di caffeina). Ma introduce, a sua volta, alcuni importanti distinguo, nell’intento di puntualizzare i dati dello studio e smentire le interpretazioni erronee o forzate fornite, in alcuni casi, dai media.
Il tutto attraverso un comunicato stampa nel quale lo storico sodalizio americano, costituito nel 1911, opera da subito una precisazione essenziale.
I dosaggi quotidiani indicati come sicuri nel parere dall’Efsa (400 mg al giorno per gli adulti, ridotto a 200 mg per le donne incinte) – sottolinea il comunicato nel suo primo paragrafo – non vanno intesi come dei limiti tassativi, oltre i quali la caffeina diventa automaticamente nociva per l’organismo umano.
È vero che una singola tazza di caffè (specie di caffè filtro) può contenere più di 200 mg di caffeina e che 3-4 tazze al giorno possono apportare una quantità di caffeina superiore ai 400 mg raccomandati. Ma l’assieme della popolazione americana beve da secoli caffè, contenente dosi variabili di caffeina, senza conseguenze negative documentate.
“E al di là di tale dato anedottico, l’esame e l’analisi dell’ampia letteratura scientifica esistente in materia conferma che un consumo superiore ai limiti indicati dall’Efsa è comunque sicuro.”
Anche alla luce di queste considerazioni, il Comitato Consultivo degli Usa per le Direttive Alimentari (Dgac) – un gruppo di esperti indipendenti sostenuto dal governo americano – ha recentemente promosso il consumo di caffè quale parte di uno stile di vita salutare, raccomandando che tale conclusione venga recepita dalle Direttive Alimentari 2015.
Il Dgac è giunto alla conclusione che il caffè non causa malattie croniche. Il suo consumo è stato anzi associato a effetti preventivi e protettivi rispetto all’insorgenza di malattie cardiovascolari, del diabete di tipo 2, di varie patologie tumorali, nonché rispetto alle cause generali di mortalità.
La letteratura scientifica fornisce ampia prova del fatto che livelli elevati di consumo della caffeina contenuta nel caffè non soltanto non sono nocivi per la salute, ma sono anzi associati a numerosi effetti benefici.
Va comunque tenuto conto del fatto che gli enzimi metabolizzatori della caffeina agiscono diversamente da soggetto a soggetto. Lo stesso dosaggio può rivelarsi adeguato per una persona e inadeguato per un’altra, a seconda che essa sia un metabolizzatore rapido o lento della caffeina.
Per quanto riguarda le donne in gravidanza, Nca fa un’ulteriore rilievo.
“L’analisi dell’Efsa non tiene conto di un importante fatto fisiologico, che sfalsa spesso le ricerche condotte in questo campo. Le donne con gravidanze normali sviluppano una naturale avversione agli odori forti indotta dagli ormoni – costituente uno dei c.d. “segnali di gravidanza” – e evitano spontaneamente di bere caffè.
Sono quindi soprattutto le donne con una gravidanza non normale a continuare a consumare la caffeina bevendo caffè. Ciò porta i risultati delle ricerche ad additare la caffeina, piuttosto che la gravidanza anomala, quale causa di un esito fetale avverso.
Qualsiasi valutazione relativa agli effetti del caffè durante la gravidanza dovrebbe dunque tenere conto di queste considerazioni”.
“Vi è ampio consenso in letteratura – conclude il comunicato – sul fatto che l’assunzione di caffeina a livelli corrispondenti alla quantità di caffè tipicamente consumata dalla popolazione americana – nonché superiori a quelli individuati dall’Efsa – sia comunque sicura per la salute.