Abbiamo ripreso dal periodico di Lodi “Il Cittadino” la lettera aperta che il barista Massimo Valente ha rivolto a tutta la città.
Sono Massimo Valente, titolare del bar Valente presso il centro commerciale my Lodi.
Vorrei mi fosse concessa la possibilità di ribattere punto su punto alla lettera di settimana scorsa riguardante la decisione di aumentare il caffè, aggiungendo che è solo esosità.
Premetto che posso comprendere a pieno lo sfogo di un consumatore, alla vista di un ennesimo aumento, per questo vorrei cercare di dare una visione più completa, a 360 gradi, rispetto a quella sintetica e, se vogliamo, comoda del precedente articolo in questione.
In primo luogo ci tengo a precisare che l’ultimo aumento del caffè in tazzina risale a ben 8 anni fa.
In secondo luogo, da quando faccio questo lavoro (ormai quasi 36 anni) il prezzo del caffè è sempre andato di pari passo con il costo del giornale.
Oggi abbiamo i maggiori quotidiani a 1,40€, correggetemi se sbaglio. Il nostro giornale locale è a 1,20€.
Mi direte cosa c’entri il quotidiano con il caffè?
Uno si legge e l’altro si beve, ma a volte si fanno tutte e due le cose insieme. In un bar naturalmente.
Per quanto riguarda la riunione da me tenuta, e non per pochi eletti come lei dice, ben 34 bar sono stati invitati, per sentire diverse problematiche riguardanti la nostra categoria, compreso l’aumento del caffè.
Purtroppo molti bar non hanno ritenuto importante l’incontro e non hanno partecipato.
Tralascio problematica gratta e vinci, gioco del lotto e macchinette mangia soldi, ci vorrebbe un numero del “Cittadino” per rispondere a questo punto.
Lei mi parla dei cosiddetti quattro conti della casalinga, che a mio parere vanno bene all’interno di mura domestiche, non certo in una attività commerciale.
Perché in questo ultimo caso mi viene in mente un detto che sentivo dire a mio padre: mai fare i conti senza l’oste.
In sostanza vorrei farle capire che i suoi conti, seppur esatti, non hanno niente a che vedere con la gestione di un bar ed ora glielo spiego punto per punto.
Questi i suoi conti: 25€ costo di un kg di caffè, a 7 grammi a caffè si ha caffè macinato per 142 caffè, ad 1,10€ a tazzina si hanno 156,20€.
La differenza 131,20€ è il guadagno su ogni kg di caffè venduto.
Detta così sembra molto semplice, tanto che ad un bambino di 6 anni verrebbe subito voglia di aprire un bar.
Faccio una premessa prima di farle vedere i miei conti, e riguarda i distributori automatici che lei ha citato. Queste le differenze tra un caffè al bar ed un caffè di un distributore automatico: da una parte ha un prodotto servito in un bicchierino di plastica con palettina di plastica, senza latte fresco, senza scelta di vari tipi di zucchero (raffinato, di canna, dolcificante, fruttosio, ecc) e senza servizio, da bersi in piedi; dall’altra parte un caffè di pregio superiore macinato quasi al momento con tazzina e piattino in ceramica, cucchiaino in metallo, latte fresco, servito in un locale decoroso con scelta di zuccheri vari.
Pensi a quante persone danno da lavorare i bar rispetto ai distributori automatici, dove basta solo una presa della corrente.
Non me ne vogliano quelli dei distributori automatici, con i quali non mi sento in concorrenza in quanto a parere mio vendiamo due cose completamente diverse.
Ma ora le parlo da consumatore finale, il rapporto qualità servizio e prezzo non ha eguali.
Caffè del bar a vita nonostante la differenza di prezzo.
Arriviamo ai conti dell’oste. Un bar deve sostenere altri costi per poter produrre quei famosi 142 caffè da un kg. oltre al prezzo del caffè.
Costo di un macinino professionale con manutenzioni e cambio di macine ogni due anni circa (a secondo del consumo di caffè; costo della macchina del caffè fondamentale (la nuova Cimbali si aggira sui 12.000,00 euro); costo di tazzine, piattini, cucchiaini; costo dei vari tipi di zucchero; costo del latte fresco pastorizzato (visto che la maggior parte dei caffè è macchiato); costo del locale dove viene servito il caffè (è affitto o ammortamento dell’immobile); costo del personale che prepara il caffè; costo della lavastoviglie e detersivi e brillantanti vari;costo dell’arredamento dove poter servire il caffè (banco, bar, tavolini e sedie); costo di un registratore di cassa obbligatorio per fare un caffè; costo della corrente elettrica che fa funzionare il tutto oltre ad illuminare il locale; costo di un commercialista, ma il peggio è la pressione fiscale che è ormai arrivata al 56% del nostro guadagno.
Ma non bastano tutte queste cose: mancano i 142 clienti, perché senza di loro il nostro kg. di caffè resta un costo.
A mio parere il prezzo giusto se non fossimo in un momento di crisi sarebbe almeno 1,30€.
Le basti pensare che in quasi tutta Europa trova il cosiddetto caffè dai 2,00€ in su. Le rispondo ora sui consumi di kg. di caffè in un bar.
Per quanto riguarda il consumo di caffè, la media nazionale fino a qualche anno fa era di 1 kg al giorno per ogni bar.
Ad oggi è scesa a 0,600 kg al giorno (media nazionale).
Per quanto riguarda il controllo, non ho capito. La guardia di finanza la polizia municipale e l’agenzia delle entrate fanno il loro lavoro, e ne ho la prova, visto i controlli che fanno sulle fatture su esposizione di licenze e listini sul personale e sulle tasse pagate.
Arriviamo finalmente ad una cosa sensata che ha detto, “recessione”, con conseguente diminuzione di lavoro.
Ma purtroppo aumento dei costi, e non parlo certo del caffè al kg.
Ecco alcuni esempi di aumenti negli ultimi 8 anni: energia elettrica +120%, affitto +50%, spese del personale +25%; tutto questo con diminuzione di vendite, aperture senza limite di bar e panetterie che vendono il caffè, come se da domani i baristi cominciassero a vendere pane.
Concludo con un gentile invito all’autore dell’articolo di venire a trovarmi, sarò lieto di offrigli un ottimo caffè da 1,10€ e potergli dare eventualmente ulteriori informazioni.
Massimo Valente