MILANO – In attesa che inizi la nuova stagione di raccolto, i produttori del Brasile grattano letteralmente il fondo del barile e vendono il poco caffè rimasto, in un’annata che si concluderà con le scorte nei magazzini ridotte all’osso. La difficile condizione in cui si trovano, al momento, molte fazendas brasiliane è descritta in un interessante reportage del Washington Post: un’indagine sul campo condotta dalle giornaliste Marina Dias e Terrence McCoy.
Va subito detto che le autrici calcano la mano su dei casi limite e che la situazione non è ovunque altrettanto drammatica. Ma l’articolo vuole anche essere un campanello d’allarme rispetto a squilibri ed eventi estremi che il cambiamento climatico rischia di rendere sempre più frequenti e diffusi
Il reportage porta il lettore nell’Alta Mogiana (San Paolo), una delle aree più tradizionali del caffè del Brasile.
Qui, la lunga siccità dell’anno passato – unita alle temperature molto al di sopra della media (lunghi periodi sopra i 30°, in un’area dove le medie estive sono attorno ai 21°) ha riscosso un tributo pesantissimo: c’è chi ha perso un terzo, chi fino ai due terzi del raccolto.
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