MILANO – Su queste pagine era già comparsa raccontandosi come micro roaster di specialty italiana trapiantata a Londra: già una storia fuori dal comune che poi si è evoluta ulteriormente, sempre volendo mantenere la bandiera del caffè italiano ben in alto all’estero. Di nuovo la parola a Federica Federico, ora titolare del Mileto Caffè.
Federica Federico, da torrefattrice a titolare di un bar, il Mileto Caffè: come è avvenuto questo passaggio e perché?
“Come già menzionato nella prima intervista di quasi 3 anni fa, sono cresciuta nel bar di famiglia a Roma e quindi sempre con lo spirito d’iniziativa e del fare al meglio per essere il più produttivi possibili. Il trasferimento a Londra ha un po’ costretto i miei a vendere l’attività a Roma, ma non ha mai determinato la messa da parte di questa mia voglia di fare e d’intraprendere percorsi più difficili come quelli di avere un’attività tutta mia. Anzi è sempre rimasto il mio sogno.
Farlo all’estero sicuramente non è stato facile per le grandi difficoltà legate alla lingua, per avviare il progetto da sola e poter confidare soltanto in me stessa. Ma da una parte proprio queste sono state delle sfide che mi hanno spinta ad inseguire il mio obiettivo.”
Com’è il mercato dei coffee shop specializzati come il suo lì a Londra?
“Penso sia abbastanza saturo, talmente saturo che anche le specialty roastery si stanno evolvendo in catene.”
Come ha pensato di strutturare il suo locale, con quali attrezzature, quali caffè ha scelto e i prezzi sono in linea con i competitor?

“Il mio locale intanto si chiama come il bar di famiglia a Roma, “Mileto Caffè”, chiuso e quindi ora riaperto. Solo la location è di 2000km e la caffetteria si trova di fianco ad un ospedale. Ho scelto di fare un menù italiano, con l’aggiunta di only specialty coffee, cosa che mi risultava impossibile da realizzare in un quartierino di Roma. Qui curo i miei clienti come fossero la mia famiglia, più o meno come facevamo con i miei nella capitale.”
L’espresso italiano, ma specialty: ha avuto buoni riscontri sia dai locali che da quegli italiani che vivono all’estero?
“La maggior parte degli italiani che vivono all’estero purtroppo, a meno che non sia qui da 20 anni, ancora non cerca questa tipologia di caffè. E il turista italiano ancora meno. Diventa difficile spiegare che si è una caffetteria italiana, ma il caffè è specialty, per cui non bruciato. E questo è un problema, quando mi ritrovo davanti ad un cliente che dice: “oh finalmente, un bar italiano. Fino ad ora non sono riuscito a prendere un caffè decente.”
Il cibo italiano è invece molto apprezzato e fortunatamente ho una buona richiesta di caffè anche in grani. Anche se c’è molta concorrenza in questo campo, c’è ancora molta gente che preferisce comprare da noi e supportare quindi il produttore piccolo e indipendente.”
Quali sono le tendenze che si possono intravedere a Londra?
“Ad oggi non saprei proprio. Sono a Londra da 8 anni e più o meno conosco il mercato di qui. Non posso negare il fatto che mi piacerebbe riaprire a Roma, a casa mia, ma Londra mi ha dato e mi sta dando ancora molto.”
Quali sono le maggiori difficoltà dell’avviare un locale come il suo a Londra?
“Con tutte le difficoltà incontrate nell’avviamento dell’attività, penso anche di essere stata molto fortunata nel trovare la Royal Free Charity. Loro, a differenza di altri, hanno scelto di sostenere una piccola azienda come la nostra e non una catena, per poter offrire ai nostri clienti qualità e un ambiente molto più che gradevole.
Vorrei anche sottolineare il fatto che questo ambiente in cui sto lavorando negli ultimi 2 anni, mi sta dando e insegnando non solo tanto sotto l’aspetto imprenditoriale ma anche a livello umano. Qui si ripete spesso: you never know what that person is going through, so be kind. E vi assicuro che viene ripagato, quando hai clienti che ti scrivono ringraziandoti per avergli strappato un sorriso in un momento difficile. Penso che in un mondo come quello in cui viviamo oggi, la mia vera vittoria sia questa.”
Il personale: difficile trovarlo, oppure no? Ci sono tanti giovani interessati eventualmente a fare formazione?
“Si, diciamo che Brexit non è stata una grande mossa per chi gestisce un business di ristorazione. Il personale è un problema, perché è veramente difficile trovarne con voglia di fare, molti sono rimpatriati, e i costi per degli operatori con un po’ di esperienza sono esageratamente alti, sicuramente non proporzionati ad altre voci di spesa. Inoltre, la gente ha meno soldi da spendere e questo incide sulla possibilità di investimento.”