Antonio Malvasi, coautore del libro Barista Sapiens, giurista e docente, condivide il suo punto di vista sulla puntata di REPORT in cui è stato analizzato lo stato della tazzina nel Bel Paese. Malvasi spiega inoltre il progetto volto al riconoscimento del marchio di tutela Espresso STG Specialità tradizionale garantita. Leggiamo di seguito le sue considerazioni.
Il buono (l’esperto), il brutto (il barista) e il cattivo (il caffè)
MILANO – Gli attori: i soliti baristi, ingenui, istrionici, non formati, ma pur sempre da rispettare perché umilmente lavorano e portano la pagnotta a casa. La trama del film: i poveri chicchi di caffè, strapazzati tra tostature estreme. La sceneggiatura: la magnifica città di Napoli, dipinta come l’Inferno dantesco dove degustare l’espresso più orribile al mondo. Le migliori scene: il caffè con lo scooter che ti arriva ovunque! Attori non protagonisti: i consumatori.
L’inchiesta di REPORT è la rappresentazione del malessere di chi opera nel mondo del caffè, probabilmente sfiancato di vendere, la miglior forma di sublimità di una bevanda, a 1.20 €. Capitolo a parte gli orari di lavoro e gli stipendi dei baristi, ma questo è un altro film.
Qual è la sua visione sull’espresso in Italia?
“In primis, facciamo un po’ di ordine. Viviamo in un Paese libero e democratico, radicato su una nota locuzione enogastronomica in latino: “De gustibus non est disputandum!” ovvero, sui gusti non si discute. Se, quindi, ai napoletani e parte degli italiani piace bere un espresso amaro, astringente, con odori e aromi di bruciato, in una tazza super bollente, è una loro libera scelta. Non commettono mica un reato. E gli altri se ne facciano una ragione…si è stati abituati a quel tipo di espresso.
D’altro canto, invece, si contrappone l’imposizione di un espresso “radical chic”, poco cremoso, con odori floreali, speziati, con spiccata acidità, come se fosse l’alternativa ad un un’abitudine immorale e vergognosa della stragrande maggioranza degli italiani.
Ma siamo tutti consapevoli che l’italiano medio beve l’espresso in pochi secondi, si accerta che ci sia la crema, si inebria degli odori e degli aromi tipici di tostato, è consapevole dell’innato gusto amaro, che smorza con lo zucchero e poi si attende quel regalo, l’essenza dell’Espresso, ovvero, la carica di energia e di tonicità donata dalla caffeina.”
Cosa si può fare per migliorare il mondo del caffè e dell’espresso in Italia?
“È facile lamentarsi. In questo noi italiani siamo dei maestri, poi diventiamo camaleontici in base al periodo: tutti ct della Nazionale, tutti esperti di vaccini, tutti esperti di politica, figuriamoci sull’espresso. Le lamentele, però, sono spesso frutto della pigrizia. Le lagnanze sono inutili, servono piuttosto soluzioni che tutelino l’interesse nazionale.
Quindi, basta lamentarsi e avanti con le soluzioni. Inizio io. Uniti per il riconoscimento del marchio di tutela espresso STG “Specialità tradizionale garantita”.
L’STG tutela la tipicità di un prodotto in virtù della ricetta o del metodo di produzione tradizionale. Il metodo di produzione dell’espresso è italiano, risale a circa un secolo fa ed esiste un forte e lungo legame con questo metodo di estrazione.
Tutto questo è accaduto con la pizza napoletana, con l’amatriciana, con la mozzarella ecc. L’STG non tutela la provenienza del prodotto alimentare, non richiede la certezza di provenienza della farina per la pizza napoletana o nella nostra fattispecie dei chicchi di caffè (in questo caso avremmo sostenuto, se prodotti in Italia, i marchi DOP e IGP), ma tutelerebbe il metodo di estrazione dell’espresso, la sua tradizionalità sull’intero territorio italiano, il suo forte e iconico legame culturale con il popolo del Bel Paese.
Il riconoscimento dell’STG, come ogni marchio di tutela, richiederà la redazione di un disciplinare?
“Assolutamente sì. L’architrave del marchio STG si regge su un disciplinare, la parte nevralgica, il cuore del marchio, al cui interno andrebbero descritti: la definizione dell’espresso, la ricetta, la procedura di estrazione, la definizione degli aspetti sensoriali, i macchinari e dulcis in fundo, un logo che possa tutelare l’espresso, dall’approssimazione e dalla superficialità di alcuni operatori del settore.
Con l’espresso STG avremmo un marchio valido in tutta l’Unione Europea, si rafforzerebbe l’immagine e l’autorevolezza di questa specialità e si svilupperebbe professionalità nel rispetto dell’iter di preparazione (il set-up dell’aria di lavoro, il purge, la pulizia del portafiltro ecc.)”
Quali sono i primi passi per coltivare un terreno fertile utile a favorire la nascita del marchio Espresso STG?
“Prima di tutto, occorre abbassare i toni, non vedere tutto nero, fare gruppo; la forma mentis deve essere “coalizzarci”, tutti assieme per un solo obiettivo: espresso STG! Ci guadagna l’Italia, gli italiani, i baristi, i torrefattori, gli importatori e soprattutto i clienti, che accetterebbero di pagare un espresso anche 2 €, sapendo che è estratto e garantito secondo quanto stabilito dal disciplinare STG.
Nello stesso tempo basta con l’ostracismo, con l’altezzosa saccenza, con l’estremismo di chi vede l’espresso come la risoluzione di tutti i problemi del mondo. Si tratta di un prodotto alimentare, non di una medicina per curare una malattia. Contemporaneamente avviamo un’attività di divulgazione del progetto STG presso i consumatori.
È un paradosso tutto italiano, tendiamo a formare, con migliaia di corsi, i baristi, ma non pensiamo alla formazione, anzi all’educazione sensoriale del consumatore finale. Formiamo dei dottori dell’Espresso, ma nessuno che educhi l’utente finale.
Proponiamo allora degli appuntamenti di avvicinamento all’espresso STG, presentiamoci con una nuova veste, con incontri vivaci, dinamici, divertenti finalizzati alla comprensione dei suoi aspetti basilari: i passaggi per l’estrazione e l’assaggio, il dilemma dello zucchero, dell’uso del cucchiaino, ma anche i pregi e i difetti più gravi facilmente riscontrabili ecc.
Cosa ne sa una casalinga della differenza aromatica tra il ribes e il mirtillo? Dei difetti aromatici di sudore, di lana bagnata e di popcorn? In questo modo mettiamo davanti dei difetti e dei pregi aromatici che il consumatore non conosce e non percepisce, divulghiamo un espresso complesso e “negativo” già nella presentazione.
Facciamo, invece, innamorare il cliente della prelibatezza dell’espresso, di quanto sia “già” contenuto di positivo in quella tazzina, di quel suo rappresentare un caleidoscopio di storia, di tradizione, di tecnologia e di sapori”.
Malvasi, come dovrebbe comportarsi il barista che volesse servire nel suo locale un espresso STG?
“Semplice, dovrebbe solo servire l’espresso STG nel rispetto del disciplinare! Potremmo ipotizzare anche un brevetto o un patentino “Espresso STG”, con un mini corso di formazione, con dei costi democratici, accessibili a tutti, diffondendo le peculiarità riportate nel disciplinare e il giusto iter di preparazione dell’Espresso STG”.
Malvasi, cosa accadrebbe per coloro che non rispettassero questo disciplinare?
“Non potrebbero usare la denominazione espresso STG. Non potrebbero fregiarsi del logo STG, marchio che farebbe la differenza. L’espresso STG è un’occasione per tutti, donerebbe più appeal a questa estrazione e maggiori garanzie al consumatore”.
Malvasi, potrebbe spiegare la sua proposta rispetto a quello che già è stato approvato dalle principali associazioni di settore come Disciplinare dell’espresso italiano?
“Sembra che sia un disciplinare interno dell’associazione, per cui è possibile usare il logo nel rispetto del disciplinare solo se ne si è parte.
Esiste inoltre la proposta di riconoscimento dell’espresso a patrimonio dell’Umanità. Un percorso fin qui impossibile perché non è chiaro il concetto delle estrazioni italiane (espresso, moka e napoletana).
L’STG se uniti è l’unica strada percorribile, sulla falsa riga della pizza napoletana. E’ virtuoso ciò che stanno già facendo gli addetti ai lavori e la politica, per far riconoscere la cucina italiana come patrimonio dell’Unesco: ci riusciranno. Tuttavia nell’ottenere lo stesso iter con l’espresso non vedo particolari speranze. L’unica strada e l’STG”.
Per concludere, a chi vuol indirizzare la sua proposta?
“Mi rivolgo a Bernardo Iovene e alla redazione di REPORT, ringraziandoli per aver messo al nudo questa criticità; ma, allo stesso tempo vorrei esortarli a proporre soluzioni, così come quella di avallare l’idea dell’espresso STG. Ne approfitto, per portare a conoscenza di questa proposta al Ministro delle Politiche Agricole e Forestali, On. Francesco Lollobrigida, affinché sostenga anche lui il riconoscimento dell’Espresso STG”.