Antonia Trucillo, imprenditrice del caffè, terza generazione della torrefazione Trucillo di Salerno, marketing manager e responsabile coffee sourcing, Q-Grader dal 2019, nota sui social come #theitaliancoffeegirl, commenta così – in un post sul suo profilo Facebook – il servizio sul caffè andato in onda nella puntata di domenica 15 dicembre della trasmissione REPORT.
Il commento di Antonia Trucillo su REPORT
“L’Italia ha ancora tanta strada da fare. I baristi hanno molto da imparare. I torrefattori hanno molto da migliorare. Ma, soprattutto, devono ancora imparare a conoscere davvero ciò che comprano.
Non abbiamo papille gustative geneticamente modificate: ci siamo solo abituati a bere caffè difettati. Ci siamo abituati al gusto del caffè bruciato. Ci siamo abituati ad aprire un bar chiedendo i soldi al torrefattore. Ci siamo abituati a scegliere un bar solo se ha la macchina a leva, altrimenti “non è buono”.
Ma non è tutto così. REPORT ci tiene particolarmente a mostrare una realtà parziale, una sola versione. Mi dispiace che non abbiano bussato alla nostra porta, a Salerno.
Nel 1992 abbiamo chiuso la finanziaria e abbiamo creduto fortemente che il barista è un professionista che deve chiedere al torrefattore informazioni sul prodotto, sulla sua origine, sulla sua lavorazione e non soldi per ristrutturare i bagni.
Dal 1998, con la nascita della nostra Accademia, da ben 27 anni, parliamo proprio di questo. Di cosa significa qualità nel caffè. E fino ad oggi abbiamo formato più di 20.000 professionisti del settore. Non sono extraterrestri ma persone normali che hanno solo scelto di voler capire di più.
Il barista è l’anello di congiunzione tra il nostro lavoro di torrefattori e il consumatore. Ha un ruolo fondamentale nel trasferire la conoscenza della filiera.
Una filiera lunga migliaia di km di distanza, dalle piantagioni tropicali arriva dentro ogni bar del mondo. E diventa 25ml di liquido magico, di cui la gente non sa stare senza, nonostante non ne conosce la maggior parte degli aspetti.
I primi a non conoscere il caffè sono i torrefattori, poi i titolari del bar e quindi poi i baristi. Non si conosce la provenienza e la tipologia del caffè che viene servito. In realtà non la si chiede neanche.
L’importante è ricevere le attrezzature in comodato d’uso. Gli ombrelloni per gli esterni, la lavastoviglie, il produttore di ghiaccio e un finanziamento magari a fondo perduto.
Ma al caffè chi ci pensa davvero? Come torrefattori abbiamo il dovere di formare i nostri clienti e di far trasferire la qualità ai consumatori finali.
Ognuno di noi, dal torrefattore al barista fino al consumatore, deve iniziare a informarsi per avere un caffè di qualità e un mondo migliore”.
Antonia Trucillo