MILANO – Alessandro Spadola, amministratore delegato della torrefazione Caffè Moak di Modica, si fa avanti per commentare una situazione critica raccontata e condivisa da tutto il comparto, tra aumenti insostenibili della materia prima, EUDR – seppur ora sia ufficiale il via libera per il rinvio di un anno – conflitti e logistica alterata.
Spadola, Rudi Albert da poco ha lanciato un appello a voi torrefattori, cosa ne pensa?
“Mi trovo d’accordo con lui, ed ecco perché: oggi l’aumento delle materie prime che si è verificato tra il 2019 (ultimo anno interessante prima del Covid, dei due conflitti mondiali) e oggi, i costi saliti della materia prima, di produzione, generali, è calcolabile nell’ordine di circa 7 euro-7.50.
I due euro che Albert ha segnalato, arrivano in seguito ad almeno due aumenti che sono già avvenuti. Con questi due euro non si riesce a coprire questi ulteriori rincari, ma aiutano a fare meno fatica.
Come Caffè Moak abbiamo cercato di razionalizzare meglio le spese interne, senza operare tagli drastici alla clientela: vogliamo oggi mantenere alta la qualità nell’assistenza tecnica e nell’attrezzatura, e del caffè. Non dobbiamo destrutturare il nostro modo di lavorare, ma al contrario dobbiamo migliorarlo.
Laddove prima si verificavano gli sprechi, abbiamo risolto mantenendo sempre gli standard elevati.”
Questa situazione pensa che durerà a lungo? Si ridimensionerà?
“Non si verificherà, almeno non nei prossimi 3-4 anni, un ribasso. Si giungerà piuttosto ad un compromesso: i coltivatori hanno bisogno di un prezzo più elevato rispetto a quello pagato nel 2019. Ma non è prevedibile il tempo necessario affinché avvenga il cambiamento.”
Due grossi problemi: marginalità, finanza
Spadola: “Oggi acquistare un contenitore di caffè costa il triplo e sul piano finanziario i torrefattori sono in difficoltà. I due euro suggeriti da Rudi Albert possono essere soltanto un sostegno per lavorare meglio sulla marginalità, ora ridotta allo 0 quando non addirittura va in negativo, per avere disponibilità per gestire la questione.
Come Caffè Moak abbiamo già perfezionato diversi aumenti, ma per tornare ai margini del 2019 si dovrebbe arrivare ai 4,5 euro al chilo, cosa attualmente improponibile per il mercato”.
Come si pronuncia Spadola sull’EUDR?
“Il rinvio è stato corretto. Molti paesi produttori ancora non sono pronti per fornire tutti i dati di tracciabilità. Sarebbe stato un rischio iniziare subito e avrebbe reso le aziende europee meno competitive perché chi non poteva vendere verso questo mercato si sarebbe rivolto a quei Paesi in cui l’EUDR non è obbligatoria.
Stiamo comunque lavorando per trovarci pronti nel 2025, sperando che alle origini si adeguino meglio alla normativa e così l’offerta non dovrà subire modifiche, ma sarà gestita semplicemente come una voce di costo in più.
Penso che al netto di tutto, gli stessi coltivatori non vogliano restare fuori dal mercato europeo, che per il caffè rappresenta una grossa fetta. Hanno tutti gli interessi invece ad adeguarsi: per ora non ci sono riusciti, ma adesso hanno guadagnato più tempo per allinearsi con la normativa europea.
Se poi l’Europa riuscisse a snellire la procedura e semplificarla, non sarebbe un male. Per chi importa come noi diventa un costo in più che nel contesto odierno ha il suo peso.”
Mentre sull’aumento della tazzina al bar Spadola, lei si trova d’accordo con Antonio Quarta?
“Oggi un caffè in Italia, variando da Nord a Sud, si mantiene dall’euro e venti all’euro e 40. Credo che questi 20 centesimi in più non facciano infine la differenza per il consumatore finale che non vuole negarsi il suo caffè per questi centesimi e al contrario sta forse capendo che sono vitali per una filiera lunghissima.
Contiamo 150mila bar in Italia che non fanno margini enormi: i costi sono aumentati anche per loro e ristabilire l’equilibrio passa anche da un prezzo più alto e dalla tipologia di offerta erogata.
Di fatto si mette in conto un calo di consumi, ma dobbiamo scegliere il male minore, per non trovarci con la metà delle torrefazioni e di bar chiusi nell’arco di qualche anno.”
Caffè Moak come sta vivendo e affrontando tutte queste sfide?
“Giorno dopo giorno ci confrontiamo con le difficoltà del momento e razionalizziamo al meglio i nostri processi, affrontando la crisi come famiglia e con i nostri collaboratori attraverso il dialogo. Parliamo con gli oltre 4000 bar nello Stivale, nostri clienti.
Dobbiamo uscirne tutti insieme.
Il problema ora del torrefattore principalmente deriva dalla concorrenza sleale: invece adesso bisogna essere maturi tutti e guardare al problema come a qualcosa di sistemico che coinvolge chiunque, dal più grande al più piccolo. Oggi si fa concorrenza tra poveri ma un domani potremmo proprio non essere in attività. Cerchiamo di comportarci più da imprenditori.”
Arabica e Robusta: ormai non si sa bene cosa scegliere per risparmiare
“Ora si è ricreata la differenza tra le due, ma entrambe si mantengono molto costose. Questo è un problema per la creazione delle miscele, che ora ha un prezzo finale molto più elevato perché sia Arabica che Robusta hanno subito un rialzo.
Ricordo che i primi aumenti sulla Robusta sono arrivati all’inizio dell’estate del 2023 e da lì è stato un crescendo. Ormai è passato un anno e mezzo e i prezzi si sono mantenuti su questo livello. C’è quindi una carenza di materia prima e la speculazione sta facendo la sua parte per conservare invariato questo contesto.
Questo fenomeno ci fa capire un’altra cosa, ovvero che potrebbe durare ancora molto a lungo. Nessuno può prevedere la decrescita ed è necessario iniziare a ragionare in maniera differente. Si devono applicare degli aumenti, riallineando il prezzo di costo del prodotto con quello di vendita, realizzando dei margini.”
Consumatore e qualità: a che punto siamo?
Spadola: “Parto dal presupposto che in questi momenti la serietà commerciale e imprenditoriale di un’azienda si manifesta fornendo un prodotto che sia quanto meno uguale se non migliore di prima. Abbiamo scelto di non fare economia sulle nostre miscele, anche pagando dei prezzi pazzeschi pur di tutelare il consumatore e stiamo avendo dei riscontri sul mercato, acquisendo clientela nuova anche con la qualità dei servizi.
Certo il consumatore non è così educato a riconoscere la qualità e andrebbe sicuramente coinvolto maggiormente nel racconto dietro alla tazzina.
Ogni azienda sta cercando di farlo: ci vuole però tanto tempo, così com’è avvenuto nel mondo del vino in 30 anni. Nel caffè dobbiamo raggiungere gli stessi livelli attraverso l’azione congiunta di torrefattore e barista: noi lavoriamo tanto con gli operatori nei corsi di formazione e cerchiamo sempre più di far evolvere questa figura professionale nella conoscenza del prodotto che poi servirà e spiegherà al consumatore.
Caffè e cappuccino sono i must e noi proponiamo in continuazione novità per utilizzare questa ricetta in modi differenti, come per esempio miscelata con le bevande vegetali. In questo modo si evolvono le abitudini di consumo in un’offerta continuamente aggiornata.”