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mercoledì 27 Novembre 2024
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Lavazza in partnership con il Politecnico di Torino tra eventi e ricerche

Francesca Dangelico, food development and innovation director di Lavazza Group: “L’attuale accordo è stato siglato nella primavera del 2021 e vale per cinque anni. Obiettivo principale dell’azienda era quello di promuovere la ricerca e l’innovazione per accrescere la sostenibilità delle produzioni su più fronti. Perché il grande vantaggio di un accordo quadro è quello di poter uscire dalla dinamica più sterile del meccanismo richiesta/offerta che si determina con progettualità singole indirizzate a risolvere specifici problemi di un’azienda. L’accordo consente di avere un respiro più ampio, anche per costruire qualcosa che abbia un orizzonte temporale importante e comunque diverso da una semplice consulenza”

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TORINO – Il mondo in una tazzina di caffè. Non si tratta di una frase fatta apposta per vendere qualche chicco in più, ma della sintesi di quanto lavoro e di quante possibilità di crescita possono stare in qualche millilitro di questa bevanda. Conoscenza del prodotto a partire dalla materia prima e della tecnologia per trasformarlo – certo – ma anche ricerca di alto livello per rendere l’intero ciclo di produzione più compatibile con l’ambiente e migliore dal punto di vista della qualità così come per ampliarne ricadute e sviluppi.

E con un’attenzione non solo agli aspetti scientifici e tecnici ma anche gestionali e di mercato. Tutto questo è stato reso possibile dalla serie di accordi di partnership che il Politecnico ha sottoscritto, a partire dal 2009, con Lavazza.

Lavazza insieme al Politecnico di Torino

“L’attuale accordo è stato siglato nella primavera del 2021 e vale per cinque anni – afferma Francesca Dangelico, food development and innovation director di Lavazza Group – Obiettivo principale dell’azienda era quello di promuovere la ricerca e l’innovazione per accrescere la sostenibilità delle produzioni su più fronti. Perché il grande vantaggio di un accordo quadro è quello di poter uscire dalla dinamica più sterile del meccanismo richiesta/offerta che si determina con progettualità singole indirizzate a risolvere specifici problemi di un’azienda. L’accordo consente di avere un respiro più ampio, anche per costruire qualcosa che abbia un orizzonte temporale importante e comunque diverso da una semplice consulenza”.

Si tratta di un cambio di metodo di lavoro: da un’esperienza verticale, focalizzata di fatto su un solo prodotto/comparto, l’azienda ha la possibilità, partendo comunque dalla propria esperienza, di allargare gli orizzonti prima dal punto di vista tecnico e poi da quello economico. Dangelico precisa: “È un cambio di paradigma: si passa dal meccanismo di problem solving ad uno di cooperazione su progetti”.

Debora Fino, docente presso il Dipartimento scienza applicata e tecnologia-DISAT e referente scientifico dell’Accordo di partnership con Lavazza, aggiunge: “Per noi è stato importante conoscere dal di dentro un’azienda come Lavazza e quasi intimamente il suo prodotto. Si è trattato e si tratta di un’esperienza di valore sia dal punto di vista scientifico che didattico. Da parte nostra, siamo riusciti a riversare in azienda un approccio olistico alla produzione, che passo dopo passo porta ad allargare gli ambiti di attività dell’impresa, partendo naturalmente da ciò che viene prodotto. Credo che negli anni pressoché tutti i dipartimenti del Politecnico siano stati coinvolti, ognuno per le sue specifiche competenze”.

Un cammino del quale entrambe le parti hanno beneficiato e che, viene evidenziato, trae sostegno prima di tutto dalle persone e dalla volontà di lavorare insieme. Metodo, dunque, che si è concretizzato nelle modalità di lavoro quasi “quotidiane” fatte di incontri per esaminare insieme i progressi compiuti sui diversi filoni di ricerca e costruendo una metodica di lavoro ibrida tra azienda e accademia, ricorrendo alle matrici decisionali per valutare tutte le opzioni disponibili e cercando semplificazioni organizzative dove possibile e rispettando le peculiarità delle due parti.

Tre i grandi filoni di attività contenuti nell’attuale Accordo. Prima di tutto la creazione di una “bioraffineria” a partire dagli scarti del processo che porta dal chicco al barattolo di caffè. L’azienda ha lavorato con il Politecnico per capire come ogni singolo scarto potesse essere riutilizzato, guardandolo non come elemento residuale di un processo ma come materia prima ad alto valore in termini nutrizionali oppure energetici. In questo modo, gli scarti sono diventati non solo suscettibili di riuso ma anche base per possibili nuovi prodotti.

Questo filone di ricerca ha portato al secondo gruppo di attività: la produzione di biochar, cioè di materiale carbonioso, partendo dalla pirolisi della massa esausta degli scarti dopo l’estrazione dei componenti utili. Un materiale che adesso Lavazza sta sperimentando come ammendante, cioè come sostanza per mantenere fertile il terreno, in alcune coltivazioni di caffè. Proprio il biochar, inoltre, ha aperto a Lavazza la possibilità di un ruolo nell’applicazione delle tecniche di agroforestry – che uniscono foreste con coltivazioni agricole – sempre in alcune aree di produzione di caffè. La collaborazione è persino più ampia degli esempi riportati, estendendosi alla meccanica, al trasferimento digitale dei dati, al design e al packaging dei prodotti.

L’esperienza Lavazza-Politecnico è, infine, d’esempio anche per altri aspetti. Oltre alla ricerca su specifici temi, viene sottolineato, si è arrivati a definire possibilità e scenari economici con possibili sviluppi di mercato. Nuovi percorsi di crescita la cui reale prosecuzione è naturalmente demandata alle scelte imprenditoriali.

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