giovedì 19 Dicembre 2024
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Controllo rapido di qualità e tracciabilità: Andrej Godina spiega l’impronta digitale dei composti aromatici in verde e tostato con le analisi HS-GC-IMS e GC-MS del professor Matteo Bordiga

Godina: "L’obiettivo è stato valutare l’effetto dei metodi di lavorazione, naturale e lavato, sul profilo aromatico del caffè. Nel metodo lavato, dopo la raccolta, la buccia e la polpa vengono rimosse immediatamente, e i chicchi fermentano in vasche per eliminare la mucillagine. Successivamente, il caffè viene essiccato fino a raggiungere un’umidità del 12%. Questo processo enfatizza un’elevata acidità e conferisce alla bevanda aromi fruttati e floreali, mentre il corpo risulta leggero. Al contrario, il metodo naturale prevede l’essiccazione delle drupe intere, conservando una maggiore dolcezza, una bassa acidità e un corpo più pieno, con note aromatiche più intense e rotonde"

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Andrej Godina, dottore di ricerca in scienza, tecnologia ed economia nell’industria del caffè, parla della tracciabilità dei composti aromatici volatili nel caffè verde e tostato (Arabica varietà Parainema e Obata) tramite analisi avanzate HS-GC-IMS e GC-MS. Godina si è confrontato sul tema con il professor Matteo Bordiga, docente presso l’Università degli studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro – dipartimento di scienze del farmaco, e con il dottor Cesare Rossini, business developer presso Lab Service Analytica Srl.

Leggiamo di seguito l’approfondimento.

La tracciabilità dei composti aromatici volatili nel caffè verde e tostato

di Andrej Godina

La filiera di produzione del caffè è nota per essere particolarmente lunga e complessa. Il processo di acquisto del caffè verde da parte dei principali operatori del settore si basa prevalentemente sul controllo visivo del campione e sull’assaggio della bevanda. Dopo la raccolta e la lavorazione in piantagione, il caffè verde viene conferito a un centro di raccolta, che può essere una cooperativa o direttamente ai magazzini dell’esportatore.

È in questo punto della filiera che i compratori selezionano i lotti da comperare, basandosi spesso su una valutazione fatta a distanza. Dal paese di produzione viene spedito un campione rappresentativo della merce che verrà assaggiato, e, se ritenuto idoneo, accettato. Una volta concluso l’accordo, il contratto di vendita specifica la qualità del caffè verde e l’indicazione del numero di lotto.

Tuttavia, come garantire che il caffè spedito corrisponda esattamente a quello del campione assaggiato? Fino a oggi, l’unico metodo era l’esame visivo e l’assaggio in tazza, effettuati all’arrivo della merce, da parte dell’importatore e della torrefazione. Questo tipo di controllo è soggetto a possibili errori dovuti alla soggettività dell’assaggio e a variabili che possono compromettere l’accuratezza del risultato.

Grazie all’incontro con il professor Matteo Bordiga, docente presso l’Università degli studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro – dipartimento di scienze del farmaco, e con il dottor Cesare Rossini, business developer presso Lab Service Analytica srl, si aprono ora nuovi scenari per il controllo qualità del caffè verde attraverso tecnologie analitiche avanzate e l’interpretazione dei dati derivati dall’analisi della frazione volatile del caffè.

Lo studio guidato da Matteo Bordiga si focalizza sull’analisi dei composti organici volatili (VOC) presenti in campioni di caffè verde e tostato raccolti in Honduras, nella regione di Copàn, valle di Las Capucas.

In quest’area sono stati selezionati campioni di caffè delle varietà Parainema e Obata, appartenenti alla specie Arabica, e lavorati con lo stesso metodo di lavorazione all’interno di un raggio di 3 km dalla piantagione Finca Rio Colorado. La varietà Parainema, sviluppata in Honduras, è nota per la sua buona resistenza alle malattie e per la complessità aromatica che porta in tazza, con note agrumate e floreali. La varietà Obata, originariamente sviluppata in Brasile, è stata selezionata per la sua resistenza alle malattie e offre profili aromatici bilanciati con note fruttate e delicate.

Il laboratorio dell’Università del Piemonte Orientale ha utilizzato due tecniche analitiche avanzate: la gascromatografia accoppiata alla spettrometria a mobilità ionica (HS-GC-IMS) e la gascromatografia-spettrometria di massa (GC-MS).

L’obiettivo è stato valutare l’effetto dei metodi di lavorazione, naturale e lavato, sul profilo aromatico del caffè. Nel metodo lavato, dopo la raccolta, la buccia e la polpa vengono rimosse immediatamente, e i chicchi fermentano in vasche per eliminare la mucillagine. Successivamente, il caffè viene essiccato fino a raggiungere un’umidità del 12%.

Questo processo enfatizza un’elevata acidità e conferisce alla bevanda aromi fruttati e floreali, mentre il corpo risulta leggero. Al contrario, il metodo naturale prevede l’essiccazione delle drupe intere, conservando una maggiore dolcezza, una bassa acidità e un corpo più pieno, con note aromatiche più intense e rotonde.

Per l’analisi dei VOC, sono stati utilizzati quindici campioni di caffè, tostati in condizioni controllate con un tostino da laboratorio Ikawa, che assicura una curva di tostatura uniforme per ogni campione.

La tecnica HS-GC-IMS ha permesso un’analisi rapida e diretta dei campioni, senza necessità di preparazioni preliminari, fornendo mappe bidimensionali che mettono in evidenza le differenze nel profilo volatile. Il GC-MS, attraverso la micro estrazione in fase solida (SPME), ha consentito un’analisi dettagliata dei composti volatili, identificando specifici cluster di campioni basati sul metodo di lavorazione.

I risultati mostrano che i campioni lavorati con metodo naturale possiedono un profilo aromatico più complesso rispetto a quelli lavorati a umido, che tendono invece a essere più uniformi. Queste differenze sono state osservate sia nei campioni di caffè verde sia in quelli tostati. La tecnologia HS-GC-IMS si è rivelata efficace per un controllo qualità rapido del caffè, mentre il GC-MS ha permesso un’analisi approfondita dei composti volatili, evidenziando le potenzialità di questi metodi per migliorare la tracciabilità e la qualità del caffè lungo la filiera.

Professor Bordiga ci può spiegare più nel dettaglio (e in modo semplice) le tecniche di analisi utilizzate?

“Chiaramente le due tecniche presentano delle differenze. Tuttavia questo studio non deve essere considerato come una comparativa tra metodiche analitica ma come una sinergia grazie alla quale è stato possibile caratterizzare in modo più significativo le diverse tipologie di caffè. Un punto in comune è la preparazione del campione da analizzare. Dobbiamo immaginare un vial di vetro del volume di 20ml al cui interno viene inserita una quantità precisa di campione e successivamente viene sigillato con un tappo a ghiera”.

“Questo passaggio permette di avere un sistema isolato dall’ambiente esterno in cui le molecole volatili contenute nel campione possono concentrarsi nella sezione interna del vial (definito spazio di testa) quello non occupato dal campione stesso. Nel caso del GC-IMS viene poi iniettata nello strumento un’aliquota dello spazio di testa. Al contrario, per quanto riguarda il GC-MS, viene esposta all’interno del vial una fibra in grado di adsorbire/assorbire i composti volatili”.

“La stessa fibra successivamente viene esposta nell’iniettore dello strumento per rilasciare (desorbimento) i composti che verranno in seguito caratterizzati. Anche i relativi detector sfruttano principi analitici diversi. Le informazioni che si ricavano, tuttavia, attraverso le due metodiche ci hanno aiutato a definire e caratterizzare in modo più esaustivo i campioni in esame, facendo emergere differenze significative”.

Riassumendo lo studio, utilizzando il GC-IMS abbiamo ottenuto una sorta di “impronta digitale” dei caffè analizzati in una modalità analitica molto rapida.

Al contrario, utilizzando il GC-MS siamo riusciti a caratterizzare in modo più dettagliato il profilo volatile dei campioni. Questa seconda opzione richiede una tempistica più lunga inevitabilmente. Ripetendo il concetto iniziale, però, da questa esperienza abbiamo ottenuto un interessante sinergismo delle due tecniche piuttosto che una comparativa.”

Da un punto di vista scientifico le differenze rilevate in laboratorio tra i campioni di caffè naturale e lavato sono sufficientemente elevate da permettere una discriminazione alla cieca?

“Considerando i risultati ottenuti in questo studio, possiamo confermare questa ipotesi. Chiaramente la metodica viene costantemente implementata e migliorata. Futuri studi includeranno chiaramente un numero maggiore di campioni anche in relazione a differenti paesi produttori in modo da ampliare le conoscenze.”

Nel gruppo di campioni di caffè lavato le differenze sono sufficientemente grandi per poter discriminare alla cieca i campioni?

“Per quanto riguarda i soli campioni di caffè lavato le differenze maggiori sono state evidenziate dopo tostatura. Gli stessi campioni verdi presentavano un numero minore di differenze da un punto di vista del profilo volatile, risultando sostanzialmente simili. Non escludo però che ottimizzando ulteriormente la metodica analitica e incrementando il numero di campioni in esame anche le analisi sui caffè verdi lavati possano discriminare in modo significativo aspetti come la varietà e la provenienza.”

Dottor Rossini ci racconta la storia e la tecnologia dell’azienda che produce il Flavour Spec e di come i risultati di questo primo studio scientifico aprono nuovi scenari per l’industria del caffè?

“La G.A.S. Gesellschaft für analytische Sensorsysteme mbH è basata a DORTMUND in Germania ed è attiva da 25 anni. La competenza chiave di questa azienda è legata alla costruzione di strumentazione analitica basata sul detector a mobilità ionica (IMS). Su questa base tecnologica è stato costruito uno strumento detto FLAVOUR SPEC accoppiando il detector alla separazione gas cromatografica (GC IMS).

Il Flavour Spec offre la possibilità ad operatori anche non particolarmente preparati di ottenere con estrema rapidità e semplicità un dato analitico relativo all’ “aroma“ di un caffè.

Lo strumento analizza le sostanze volatili provenienti sia da matrici solide che liquide e l’immediatezza della risposta e l’inesistente preparazione del campione, rendono lo strumento particolarmente indicato a supportare il controllo di qualità in produzione (dalla accettazione delle materie prime al controllo dei processi di tostatura).

Fin da ora questo studio scientifico italiano apre nuovi scenari all’industria del caffè, dato che fornisce uno strumento oggettivo nella valutazione delle caratteristiche organolettiche del caffè verde e riduce i margini di indeterminazione ed arbitrarietà nel flusso di lavoro B2B”.

 

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