MILANO – Alberto Nironi, titolare dell’azienda Torrcaffè e di Caffè Armeno, a Montechiarugolo in provincia Parma, si espone per condividere un pensiero e per tracciare una linea netta nel futuro di un settore trainante per il Bel Paese, che ha bisogno di affrontare cambiamenti per potersi evolvere. Nironi parla di miscele, di tutela dei baristi e del consumatore finale: tutti ingredienti che stanno a cuore ad ogni imprenditore che si occupa di tostare e commercializzare il caffè.
Nironi si trova come tutti davanti ad un aumento dei costi della materia prima elevati che a catena ricadono innanzitutto sui baristi e poi sul consumatore finale.
“Da queste criticità, arriva l’idea da cui poter trarre tutti beneficio, senza provocazioni, ma solo constatando un fatto già esistente: ad oggi il consumatore – e spesso lo stesso barista – non sa quale prodotto beve o acquista.
Da qui la proposta di Nironi: come per altri prodotti che si trovano esposti, anche per il caffè bisognerebbe rendere obbligatorio che venga esposto il prodotto usato, in modo da rendere consapevoli i consumatori finali cosa gli viene somministrato ad un determinato prezzo.
Nironi scende nel dettaglio:
“Noi torrefattori potremmo rivolgerci a chi regolamenta il settore, depositando il nome della nostra miscela top di gamma destinata ai baristi.
Per fare un esempio, se il blend di punta del canale Horeca di una torrefazione si chiamasse “Oro”, l’azienda che la produce dovrebbe impegnarsi a dichiarare ad un ente come la Camera di Commercio, che vedo come ente di tutela super partes del mercato, che il marchio del blend è proprio dedicato a quel canale.
Così il barista può verificare immediatamente se davvero chi gli sta vendendo il prodotto sta proponendo il top di gamma. Dall’altra parte, il roaster afferma che quella data all’operatore è proprio la miscela pensata come la prima per il canale bar.”
Questo per ovviare ad un fenomeno che spesso si verifica
“Io per primo ho voluto creare una sola miscela per il bar, perché ho visto nella mia esperienza ventennale in un’azienda di caffè modenese, che la vendita di 5/6 miscele, poteva in tante occasioni provocare confusione.”
Cosa si intende per prima o seconda miscela?
“E’ il torrefattore che lo deve chiarire e dichiarare per primo: la categoria della miscela è legata alla scelta dei caffè verdi introdotti , il roaster sa quali sono i migliori prodotti tra quelle che ha realizzato. Quindi ogni torrefazione sa benissimo quale è la prima linea in termini di qualità da offrire sul mercato.
I locali dovrebbero esporre in maniera visibile che tipo di prodotto stanno servendo, per permettere al consumatore finale di rendersi conto che il prezzo che pagano è proporzionale alla qualità che gli viene servita.
Diventerebbe un dato verificabile da chiunque consultando il sito della Camera di Commercio o dell’ente preposto. In questa maniera anche il barista è maggiormente tutelato e aiutato a giustificare un eventuale rincaro della tazzina.
In questo modo noi torrefattori sosteniamo i nostri clienti che propongono la tazzina ad un prezzo adeguato, aiutando il barista che lavora già bene a farlo ancora meglio.
E non solo, perché si potrà limitare un’altra cattiva abitudine che alcuni baristi purtroppo hanno: mi riferisco a coloro che miscelano il caffè di prima qualità fornito dal torrefattore con del caffè più economico acquistato in autonomia, spesso di qualità discutibile tutelando l’ azienda fornitrice e il consumatore finale.
Il torrefattore che non vuole aderire a questa iniziativa già dice tanto al barista e al consumatore del suo modo di procedere
“E allora chiedo a tutti: perché noi non ci regolamentiamo da soli? Dobbiamo davvero attendere che sia lo Stato a renderlo obbligatorio?
Con questo mio intervento, la speranza è di riscontrare tanta partecipazione in questa proposta: chi ama la propria azienda, aderirà senza paura di affrontare il mercato.
Il torrefattore deve impegnarsi a cambiare qualcosa per evitare che il mercato diventi una giungla senza regole.
Con Torrcaffè pratico già questa trasparenza fornendo la miscela Mister Pablo, che è la prima e unica destinata al canale bar. E per ogni marchio ho previsto una sola miscela.
Nel 2017 ho rilevato la Caffè Armeno, una torrefazione che è passata dall’avere 8 miscele a una: il fatturato è raddoppiato, nonostante la pandemia. Quindi è un metodo che riscontra successo e adesione tra i nostri clienti.”
E allora quale sarebbe la soluzione?
“Iniziare noi torrefattori per primi a regolarci. Il dialogo, anche sperimentale con la Camera di Commercio a livello nazionale o con le associazioni di categoria, come Fipe o il Gruppo Torrefattori italiano, per la creazione di una sezione speciale all’interno dei loro siti web ufficiali, nella quale le aziende possono iscriversi, dichiarando quale sia la loro prima miscela in vendita al bar. Queste informazioni disponibili possono servire al barista a constatare che ciò che è stato dichiarato dal torrefattore corrisponda alla realtà.
Così si migliorerebbe la trasparenza a maggior garanzia del prodotto servito al bar, a tutto vantaggio del consumatore finale. Questa è un’idea che promuovo sia da torrefattore, che come imprenditore attento ai cambiamenti e alla tutela del mercato.”