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martedì 03 Dicembre 2024
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Veronica Rossi, Lavazza: “Non eliminiamo dalla supply chain il piccolo fornitore che non può rispettare le norme sostenibili: dobbiamo lavorare insieme”

Rossi: “Quello che cerchiamo di fare è un lavoro congiunto, anche con il supporto di realtà esterne o Ong, una fra tutte Save the children, per capire, a tutti i livelli, quali sono le complessità, provare a individuare i problemi da risolvere e poi costruire progetti per risolverli”

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MILANO – Il controllo della filiera non è cosa semplice. Non lo è nemmeno quando come Lavazza, grande azienda che produce caffè (e solo caffè) da 130 anni, si opera in un determinato business da tanto tempo. Ne ha parlato Veronica Rossi, sustainability senior manager di Lavazza Group, durante l’evento Acquisti sostenibili: più efficienza, meno rischi, uno degli incontri del palinsesto dell’ultima giornata del Salone della CSR e dell’innovazione sociale che ha avuto luogo dal 9 all’11 ottobre in Bocconi. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo pubblicato sul portale ESG News.

Veronica Rossi, sustainability senior manager di Lavazza Group, sulla sostenibilità

“Facciamo parte di un’industria che è apparentemente semplice, ma che in realtà porta con sé una grande complessità dovuta al fatto che la materia prima è prodotta da 12,5 milioni di piccoli produttori in tutto il mondo di cui l’85% sono famiglie che hanno poche piante nel giardino di casa”, afferma Rossi. E inoltre, prosegue la sustainability manager, “il caffè è coltivato per la maggior parte dei casi in maniera artigianale e la raccolta dei chicchi avviene per lo più a mano in condizioni che dipendono dalla morfologia territoriale, eccetto in Brasile dove il processo è meccanizzato”.

Sono quindi condizioni spesso di fortuna e di piccole dimensioni, dipendenti da dinamiche e cultura locali, e soggette a rischi elevati sia ambientali che sociali. Nel primo caso connessi al cambiamento climatico i cui impatti hanno effetto diretto sulle coltivazioni di caffè, ma i contadini non hanno le competenze da soli per farvi fronte, mentre nel secondo legato ai diritti umani, soprattutto al lavoro minorile.

“Non ci piace dare prescrizioni ed eliminare dalla supply chain il fornitore che non riesce a rispettarle” continua Rossi, “Quello che cerchiamo di fare è un lavoro congiunto, anche con il supporto di realtà esterne o Ong – una fra tutte Save the children – per capire, a tutti i livelli, quali sono le complessità, provare a individuare i problemi da risolvere e poi costruire progetti per risolverli”.

Un lavoro non banale considerando, per esempio, che sono molti – circa 20, sostiene Rossi – i passaggi da un chicco alla tazzina che beviamo al mattino: dai collettori locali, ai magazzini locali, a quelli di città, di regione, nazionali, e poi gli agenti, le compagnie di navigazione, i magazzini e i trader internazionali (che in Europa sono per lo più a Ginevra e Amburgo), i mercati finanziari (il caffè dopo il petrolio è la materia prima più scambiata in borsa) e così via. Prendersi cura di tutta la catena di fornitura significa monitorare e riuscire ad avere una relazione diretta, stabile e di collaborazione con almeno un operatore in ciascuna delle aree del processo.

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