MILANO – Caffè Pacini nasce come vecchia torrefazione a Milano negli anni ’50, poi diventa tavola fredda e nel 2017 viene trasformata dal titolare Paolo Freda in un bar-roastery specialty con l’acquisto della macchina tostatrice da un chilo fornita dall’Ingegner Napoli.
In questo ultimo passaggio è avvenuta l’apertura allo specialty coffee, che Freda acquista e cuoce per poi servirlo fresco ai propri clienti che sono anche i suoi consulenti, così come racconta lui: “Glieli faccio assaggiare e se piace, li metto sulla carta”.
In più, da Caffè Pacini mentre si beve il caffè, può capitare di tagliarsi i capelli. Dentro lo stesso spazio di una quarantina di metri quadri, con due posti dentro per sedersi e un dehor coperto fuori con 6/7 tavolini, convivono due concept.
Caffè Pacini, dove si beve buon caffè e ci si fa la piega
“Siamo passati dalla torrefazione al bar specialty piano piano, aggiungendo un caffè alla volta. Oggi ne abbiamo diversi tipi: in totale siamo a 17, 10 dei quali specialty più 5 monorigine e 2 miscele.
Quando ho voluto inserire la macchina tostatrice mi sono formato da autodidatta con dei corsi online: questa è la mia natura, sono curioso, mi informo di continuo e ogni giorno imparo qualcosa di nuovo.”
Proporre lo specialty in un bar come il vostro è difficile?
“Ho imparato dalla mia esperienza professionale che se si è credibili, si può vendere qualsiasi cosa. La cultura media sul caffè in Italia è bassa, ma i miei clienti si fidano di me e quindi sono propensi ad ascoltare il mio racconto attorno al prodotto che propongo loro.
D’altra parte a me piace molto spiegare cosa sto vendendo e adesso più del 50% delle persone che vengono da Caffè Pacini lo fanno proprio perché possono sperimentare qualcosa di nuovo sul menù. “
Da Caffè Pacini è previsto soltanto l’espresso?
“Serviamo soprattutto l’espresso, ma proponiamo anche filtro in french press, cold brew. Siamo ancora all’inizio ed è il primo anno che lo sperimentiamo, perché mi sembrava arrivato il momento di avventurarci. Così ho acquistato l’attrezzatura e da quando lo abbiamo messo sul menù abbiamo visto che piace molto soprattutto ai giovani.
Proprio grazie agli specialty e ai diversi modi di estrazione, le nuove generazioni entrano da noi sempre di più. Siamo un punto di riferimento ormai e il nostro nome è conosciuto: ci sviluppiamo sul passaparola.
Per l’espresso usiamo la miscela base (85% arabica, 15% Robusta) che risulta molto completa e che riteniamo il nostro migliore caffè per andare incontro ai palati di tutti, vendendolo a un euro e venti.
È quello che costa meno e che viene ordinato di più. Il resto costa ovviamente di più: ho appena terminato il Blue Mountain a due euro, e un Geisha a due e 50.
Ho poi due altre monorigine a 2 euro che vengono ordinate tanto e altri specialty che vendo a 1.80.
Ultimamente poi il prezzo del caffè è aumentato parecchio, ma sono riuscito ad ammortizzare i costi tostando da solo. Più avanti poi, crescendo con i volumi, dovrei ulteriormente coprire le spese. La macchina l’ho posizionata proprio dietro il bancone e tosto mentre l’altro serve, tenendo in esposizione il verde. Questa è un’ottima strategia di pubblicità per attirare le persone, che spesso restano affascinate e cominciano a chiedere.”
In media quanto ne tosta e quanto ne vende?
“Tosto un paio di volte a settimana, massimo tre e ne produco circa una ventina di chili per sessione. Non ho fatto i calcoli precisi, ma ne vendo parecchio: un buon 30% viene acquistato anche in macinato per la moka. Potrei orientativamente contare due-tre chili in mescita e qualche chilo in vendita in grani al giorno.
La tostatrice da quando ho cominciato ad occuparmene, resta sempre la stessa ma in futuro l’idea è quella di acquistarne una un po’ più grande.
Restando in tema attrezzature, per preparare l’espresso ho optato per una macchina multiboiler con cui posso scegliere la temperatura ed essere veloci, della Cime. Siamo in due dietro al bancone, io e la mia assistente che deve sapere come me tostare, erogare l’espresso e preparare il filtro.”
Il taglio di capelli da Caffè Pacini come ci è entrato?
“Ad un certo punto ero alla ricerca di un barista e nello stesso periodo una cara amica parrucchiera aveva bisogno di trovare un nuovo lavoro. È stato allora che le ho chiesto di venire da Caffè Pacini ad aiutarmi come operatore, ma presto ci siamo accorti che i suoi vecchi clienti entravano al bar e si mettevano in coda per farsi tagliare i capelli da lei.
Allora abbiamo intravisto una nuova possibilità e abbiamo creato uno spazio per la sua attività dentro il Caffè Pacini. Dopo il Covid, la tavola fredda stava perdendo grinta e allora abbiamo pensato al piano b provando a implementare l’angolo parrucchiere. Oggi basta prendere l’appuntamento per potersi tagliare i capelli e chi vuole, ordinare un caffè. Il locale risulta diviso in due: da una parte torrefazione e dall’altra parrucchiere.”