MILANO – L’amore per il caffè può essere una questione di geni? Sì, secondo una ricerca scientifica risalente al 2016, dalla quale emerge che la propensione al consumo, moderato o eccessivo, del caffè dipenderebbe anche da un particolare gene – chiamato PDSS2 – legato alla capacità delle cellule di scomporre la caffeina.
In una nuova ricerca della University of California San Diego (UCSD) – i cui risultati sono stati pubblicati nella rivista scientifica Neuropsychopharmacology – gli scienziati hanno compiuto un passo ulteriore realizzando un studio di associazione genome-wide (o GWAS, secondo l’acronimo inglese) sull’assunzione di caffè in una coorte di partecipanti selezionati a partire dal database di 23andMe, una società statunitense che si occupa di genomica e biotecnologia.
Si sono esaminate le correlazioni genetiche e condotto uno studio di associazione phenome-wide (PheWAS) su centinaio di biomarker, tratti di salute e di stile di vita.
I risultati così ottenuti sono stati quindi confrontati con quelli del più ampio GWAS sull’assunzione di caffè del database biomedico britannico UK Biobank.
“Ai fini del GWAS abbiamo raccolto i dati genetici, nonché i dati auto-riferiti sul consumo di caffè” spiega la dottoressa Hayley Thorpe, ricercatrice alla Western University e alla University of Guelph, autrice principale dello studio.
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