Francesco Sanapo non è un nome nuovo in queste pagine: salentino di nascita e fiorentino d’adozione, è ceo di Ditta Artigianale che ha fondato dieci anni fa insieme a Patrick Hoffer. Ha festeggiato il decennale inaugurando il sesto locale a Firenze, un chiosco dentro al mercato di San Lorenzo.
Nell’intervista di Silvia Ognibene per Il Corriere della Sera, Sanapo parla della mancanza di personale qualificato nel mondo dell’horeca e il costo adeguato per una tazzina di caffè di qualità. Leggiamo di seguito la prima parte dell’intervista.
Sanapo, in Toscana mancano migliaia di lavoratori stagionali per la ristorazione e il turismo. Oltre la metà non si trova: perché?
“È difficile perché in questo lavoro, come in altri del resto, servono sacrifici enormi, si deve lavorare il sabato, la domenica, la sera, per le feste, a fronte di una remunerazione non adeguata. In pochi ne hanno voglia e questi pochi hanno bisogno di una formazione adeguata: noi abbiamo aperto la nostra scuola per far crescere le nuove leve”.
Se la remunerazione non è adeguata non potreste cominciare con l’aumentare gli stipendi?
“È un problema di sostenibilità del conto economico: nel nostro settore il costo per il personale incide moltissimo. Noi già facciamo pagare il caffè 1,50 euro è il più caro della città. Ma non basta per rendere sostenibile il nostro sistema, non basta se vogliamo trattare i dipendenti con il rispetto che è loro dovuto”.
Quanto dovrebbe costare un caffè per garantire questa sostenibilità?
“Non meno di 2,50 euro. Questo dovrebbe essere il costo di un caffè per garantire dignità e rispetto a tutti coloro che sono coinvolti nella preparazione di un caffè, da chi lo coltiva a chi lo serve al tavolo. Oggi il caffè alla Borsa delle merci costa 4 euro al chilo. Io un chilo di caffè lo pago 8 euro. Mi dicono che sono pazzo, ma se lo pago meno è certo che qualcuno in qualche parte del mondo viene sfruttato. E questo per me è inaccettabile”.
Ma un caffè a 2,50 euro diventerebbe un lusso per pochi.
“Sì, perché con gli stipendi che ci sono in Italia di certo i lavoratori non possono permettersi di pagare un caffè 2,50 euro. Vale per tutta la ristorazione: chi può permettersi di spendere 100 euro per una pizza? Pochi. Quindi, se dovessimo scaricare sui consumatori i costi necessari a remunerare adeguatamente i dipendenti, molti clienti sparirebbero e con essi sparirebbero decine di caffetterie, ristoranti, pizzerie. Attenzione: chiuderebbero i ristoranti italiani di qualità ed avanzerebbero le grandi catene che, con strategie diverse, dominerebbero il mercato”.
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