DI IRENE GREGUOLI VENINI*
La ricetta con cui il mondo alimentare italiano può tornare a crescere parte dall’innovazione, che in quest’ambito significa lavorare sulla provenienza delle materie prime, su prodotti ad alto contenuto di servizio, ma anche su mercati di nicchia come il biologico e su proposte di alta gamma che le persone si possano permettere.
Al centro va messo il concetto di convenienza, diminuendo le attività promozionali e rendendo i prezzi più accessibili. Il tutto in uno scenario in cui il settore dovrebbe registrare una leggera
ripresa quest’anno, dopo un 2014 negativo.
Le promozioni non funzionano più. Si sta delineando un contesto in cui, secondo Ref Ricerche (specializzata in ricerche e consulenza), il prodotto interno lordo italiano aumenterà dello 0,7% nel 2015 e dell’1,1% nel 2016, sostenuto da una ripresa dei consumi, che riguarderà anche l’alimentare.
L’anno scorso è stato caratterizzato «dal tentativo di sostenere i volumi agendo sulla leva del prezzo attraverso le attività promozionali, che hanno raggiunto livelli altissimi, tanto è vero che 30 euro
su 100 sono spesi dal consumatore per prodotti in offerta», dice Angelo Massaro, generai manager di Iri (società specializzata in fornitura di informazioni sui mercati del largo consumo) per l’Italia
e la Grecia, in occasione del convegno, dal titolo «Consumi Food 2015», organizzato da
Tuttofood (mostra professionale dell’alimentare organizzata da Fiera Milano) e Iri.
«Le promozioni non hanno però portato a un aumento dei consumi», continua Massaro.
«Un altro elemento è stato il calo delle vendite dei marchi dei distributori dopo anni di
crescita. Di questo calo però non ne hanno beneficiato le grandi marche: le 25 aziende
top, che rappresentano quasi un terzo del fatturato totale del largo consumo confezionato
hanno segnato complessivamente un -1,4%».
Nel 2015 si prevede che questa tendenza negativa si fermi, con una ripresa, seppur
moderata, sia dei livelli di spesa sia dei volumi. In particolare l’alimentare secco
avrà un andamento positivo mentre ci sarà ancora qualche difficoltà per i freschi confezionati
(salumi, formaggi, carni ecc.); l’ortofrutta a peso imposto recupererà volumi attorno al +1%, gelati e surgelati dovrebbero andare meglio e per le bevande dissetanti e per vini e alcolici ci si aspetta
un calo più limitato.
Per vendere servono innovazione e prezzi accessibili. Secondo Marco Pedroni, presidente di Coop
Italia e di Indicod-Ecr (associazione che raggruppa 35 mila imprese industriali e distributive
del largo consumo), però non bisogna dimenticare «che ci sarà una ripresa del
reddito delle famiglie ma aumenterà anche la propensione al risparmio. Per quanto
ci riguarda abbiamo deciso di disinvestire gradualmente dall’attività promozionale
e di investire sul prezzo di tutti i giorni, proponendo 2 mila prodotti importanti sia
di marca sia della private label a un prezzo minore per un lungo periodo», spiega.
«Dobbiamo cercare di ricostruire il valore di questa filiera con un progetto di riposizionamento
del buon cibo. Occorre innovare, che in questo settore significa puntare sulla provenienza delle materie prime, lavorare su temi come il biologico, i prodotti per vegani e l’alta gamma a prezzi
accessibili».
Anche per Stefano Agostini, presidente e amministratore delegato di Gruppo SanPellegrino e vicepresidente di IBC (l’Associazione industrie beni di consumo), «innovare nell’alimentare significa
lavorare sulle materie prime, sui prodotti di nicchia e non tanto, per esempio, sul
lancio di nuovi gusti di un prodotto».
Per differenziare le proprie proposte nello scaffale del supermercato, occorre tener presente che «il consumatore è sempre più esigente», osserva Mario Preve, presidente di Riso Gallo e vicepresidente
di Centromarca. «Il consumatore inoltre passa meno tempo in cucina: partendo da questa considerazione abbiamo studiato innovazioni per accorciare i tempi di cottura del riso fino a
fornire prodotti pronti o semi pronti».
L’innovazione non deve però riguardare solo il prodotto, ma anche la comunicazione.
«Bisogna ritornare a investire in questo campo», sottolinea Angelo Trocchia,
presidente e amministratore delegato di Unilever Italia. «Noi stiamo spostando molti
investimenti dalla tv al digitale, cercando di arrivare al consumatore in modi diversi:
per esempio facendo vivere un’esperienza social sul cibo e legando i prodotti alla ricettazione».
Nella visione di Valerio Di Natale, presidente e amministratore delegato di Mondelez
Italia e vicepresidente di Centromarca, un tema centrale rimane anche la convenienza. «La crisi ha aumentato il numero di persone che hanno bisogno di prezzi bassi, ma quello che chiede la maggioranza dei consumatori è la convenienza, che non è solo un prezzo basso», dice l’.a.d. «La questione delle promozioni va approcciata in modo analitico, occorre capire perché non sono efficaci e cosa vuole il consumatore».