MILANO – Il coffee pairing è una delle frontiere che lo specialty sta attraversando per arrivare in maniera indiretta al consumatore finale, sempre prendendo esempio non solo da ciò che capita già all’estero ma anche strizzando l’occhio al mondo del vino: una bevanda da accompagnamento durante i pasti, anche oltre la colazione. Affinché questo sia possibile, c’è bisogno ovviamente di studio e professionalità: ingredienti che hanno messo in campo la Head Chef di Cafezal Monica Paviera insieme all’esperto e Head Trainer di Cafezal & Barista, Radu Obreja.
Unite le forze e le competenze, il risultato è un menù che si adatta alle stagioni, alle diverse culture di riferimento – in questo caso un ponte che collega le culture latine, brasiliana e italiana soprattutto – ai gusti.
Racconta Paviera: “Ora con il cambio di stagione stiamo ripensando alcuni piatti. Siamo ovviamente partiti dalle origini italo-brasiliane del nostro founder Carlos Bitencourt per esprimere bene le due culture e creare la giusta armonia tra queste.
Ho cercato quindi di creare un menù basato sui panini gourmet, completando l’esperienza con il caffè. Per farlo ho osservato le specifiche che mi interessavano: gli aromi, le note, i retrogusti e tutti gli elementi importanti per creare una determinata pietanza, qualsiasi essa sia. Tenendo a mente che il caffè si deve sposare bene con la ricetta.
Tra le prove del menù e dei vari caffè guidata dagli esperti di Cafezal come Radu, abbiamo impiegato almeno due mesi per arrivare al concetto che desideravamo.“
Il racconto del coffee pairing inizia
Paviera: “Innanzitutto il pane che utilizziamo lo produciamo internamente in tutte le sue versioni, usando il lievito madre (eccetto per il “Pão de Queijo”). Preparo io stessa il pasteis de nata, il dolce simbolo del Portogallo che vendiamo tantissimo. Inizio dalla sfoglia, proseguo con la crema e lo sciroppo da sentori di agrumi, cannella, senza aromi pronti.
Questo studio attento dietro ci ha portati a vendere dai 50 pasteis de nata iniziali ai 600 a settimana di adesso: ormai lo consideriamo un nostro prodotto di riferimento.”
E come mai questo successo?
Paviera: “Le persone hanno bisogno continuamente di novità, soprattutto in una città come Milano che ha già tutto. Un dolce come questo, a causa della sua discreta complessità di produzione non è possibile da proporre in qualsiasi locale e la maggior parte di quelli che lo vendono lo acquistano d’importazione ed è stato abbattuto per cui perde i suoi aromi caratteristici. Da Cafezal invece tutte le mattine sono in cucina alle cinque per infornarli ancora prima delle brioche.”
E il coffee pairing come si inserisce in questo contesto?
Paviera: “La nostra idea era che il cliente potesse gustarlo alla maniera brasiliana, seduto in tutta tranquillità e gustandosi un buon caffè. Avevamo bisogno quindi di un abbinamento differente da un espresso, affinché gli stessi aromi su cui ho lavorato a lungo non venissero dispersi. Volevamo invece che la gente uscisse pensando proprio al caffè di accompagnamento, qualcosa che si sposasse al limone, alla cannella.
Radu interviene: “In questo caso la scelta è ricaduta sui caffè eleganti come lo sono quasi sempre i Panama Geisha. Per l’esattezza abbiamo individuato un lotto unico con punteggio oltre i 90 che ha vinto in passato diversi concorsi.
Si posiziona in una fascia altissima ed è venduto a 10 euro in filtro. Se una persona ha la necessità di provarlo in espresso lo proponiamo a 6 euro in double shot. È un caffè che riprende tanto la parte aromatica del pasteis e ricorda tantissimo i sentori di gelsomino, fiori di mandarino, albicocca e sulla parte finale l’acidità del pompelmo rosa.
La famiglia si chiama Alezcano e produce dal 1947, ora alla quinta generazione e parte del nostro progetto di relationship con i coltivatori. “
Paviera: “L’idea di perdere l’agrumato era un delitto per me. Abbiamo invece provato questo abbinamento sedendoci insieme: ogni piccola pietanza è curata dall’inizio alla fine, pensata e accompagnata al caffè, vista da più persone. Da chi di caffè non capisce molto, al medio cliente sino a chi invece sa tutto. Si vogliono raccogliere le idee di tutti per capire cosa può essere compreso e può funzionare.”
Come lo proponete?
Paviera: “Non è un format obbligatorio, ma circa il 50% dei clienti segue il nostro consiglio. Abbiamo un personale particolarmente formato sul caffè e dolci, per cui riescono a far comprendere ai clienti la bevanda più consona per un determinato dolce. Per noi era importante proprio individuare i prodotti di punta per lavorarci sopra.”
E si passa al Pão de Queijo
“Il Pão de Queijo è una ricetta salata brasiliana di piccola dimensione, con all’interno il formaggio. Originariamente si trova leggermente più piccolo del bacio di dama e viene anche consumato la mattina con il “dulce de leche”. Ho creato un panino partendo dal Pão de Queijo autentico, usando gli stessi ingredienti, ma con una proporzione maggiore di farina di grano così da ingrandirlo.
Così abbiamo realizzato il pan lobster: al suo interno, l’astice con un’insalata iceberg molto gustosa. Questo lo traduciamo in versione dolce a colazione con il caffè che si preferisce oppure in una variante salata con il lobster o più all’italiana con una bella mortadella, un pezzo di pistacchio preparato da noi: c’era bisogno di un caffè da servire durante il pasto che prolungasse il piacere di questa novità che le persone non riconoscono.
Ho spiegato a Radu cosa volessi.”
E Radu così ha pensato: “Era necessario rimanere sullo stesso continente e quindi scegliere un caffè brasiliano molto particolare e riprendere il filo della lunga collaborazione portata avanti da Carlos con tanti farmers della zona del Minas e della Federazione di quella zona.
Abbiamo selezionato un nano lotto creato come sperimentale, un anaerobico naturale di 96 ore e poi lavato nel tank di fermentazione con pezzi di frutta. Quest’anno è toccato alla papaya, l’anno scorso al mango. Di conseguenza il profilo è molto esotico e così l’abbiamo chiamato macedonia “Salada de Fruta”, con una dolcezza della pesca rossa e una parte più succosa di un melone.
L’astice lascia il palato dolce, è delicato e la sua parte salmastra neutralizza la parte dolce del caffè. Lo consigliamo sempre in filtro perché durante il pranzo si può restare più tempo per gustare il pasto. È un panino importante. Abbiamo pensato a questo caffè per sottolineare il concetto di latinità (intesi i Paesi che hanno in comune la lingua latina, come Spagna e Portogallo) creando un menù ad hoc che celebra culture e pietanze che non sono 100% autoctone, ma adattate all’Italia. “
Paviera: “Sta piacendo molto perché è qualcosa di insolito che non si trova altrove. È un prodotto che piace, il panino stupisce, l’astice ci dà la sicurezza di qualcosa che si riconosce. E soprattutto è buono. L’importanza per noi è la latinità, come l’Italia che ci accoglie.
Il panino cubano ad esempio, un’altra nostra referenza che prepariamo come a Cuba con il maialino arrosto, il prosciutto, il formaggio, la salsa all’interno, abbiamo deciso di accompagnarlo da un caffè fruttato. Anche in questo caso, il pane è fatto da noi, una ciabatta made in Italy come la salsa.”
“Il caffè fruttato abbinato – racconta Radu – è della Colombia. È un anaerobico naturale, che quando è servito ad una temperatura di 45-50 gradi, dopo due-tre minuti che è già stato portato il panino, sprigiona il suo profilo di ciliegia e una parte acida del lampone, con nel finale che ricorda lo sciroppo e in qualche modo il rum cubano.
Il punteggio è 87, cultivar Castillo, uno dei più comuni a parte la Typica e il Bourbon.”
Queste due ricette hanno una fascia oraria prediletta?
Paviera: “Sono soluzioni entrambe che funzionano principalmente per il pranzo. Ma il panino è disponibile però anche alle 9.30: abbiamo una fetta di turisti importanti che vogliono mangiare anche a orari insoliti e noi ci facciamo trovare pronti. Ma anche gli italiani che fanno sport, arrivano ancora in pantaloncini e ce lo ordinano. Ho pensato anche a dei piatti vegani, amando molto io le verdure.
Oltre a queste ho studiato un 5 cereali fatto sempre da noi, preparato con i semi che in fase di cottura rilasciano il proprio grasso. Farcito con humus o con avocado: una volta che si è scelto, il resto resta, iceberg, pomodori secchi, verdure grigliate, un’idea di cipolla caramellata sciacquata prima per eliminare in parte la sua acidità.
Sale pepe, olio e qualche spezia con l’aggiunta di una glassa fatta di soia, arancia e una puntina di aceto di mele. Anche questo panino per un vegano doveva essere impreziosito da un caffè che potesse arricchire tutta l’esperienza. Qualcosa che ricordasse il tè nero.”
Radu: “E a tal proposito ho pensato ad un caffè fermentato dall’Indonesia, ancora di più un terroir con un profilo aromatico che ricorda appunto la struttura del tè, molto terroso. In questo caso, grazie al fatto che nel processo di fermentazione vengono aggiunti i lieviti, siamo riusciti a creare un profilo ricordasse il floreale, i fiori di ciliegia e un finale che ricorda la parte burrosa del banana bread.
Questo per andare a dare un po’ di carattere e spingere ulteriormente rispetto al piatto. Lo proponiamo sempre in filtro ma non in V60, ma con il Pure Brew della Victoria Arduino: il caffè inserito in un gruppo conico fatto di metallo, dedicato, che ci permette di ottenere un risultato simile all’espresso, ad un french press, ad una moka. È un caffè molto carico di oli e in chiusura ha l’intensità di un tè nero.”
Si ricollega Paviera: “Cafezal nasce come torrefazione e in seguito sono stati aggiunti i dolci che da una parte certamente veicolano maggiori ordini di caffè che però ricordiamo, qui è una bevanda che si vende da sola. Le persone apprezzano l’abbinamento tra i due prodotti, non soltanto uno o l’altro. A volte è indispensabile che il caffè venga servito con il dolce.”
Tre panini di punta, ma anche i piatti come la pappa al pomodoro, l’insalata vegana, l’avo toast con il salmone e l’avocado e l’uovo. – continua Paviera: “Ci sono tante referenze sul menù per cui proponiamo i caffè, ma lasciamo anche libera interpretazione al cliente. Sono stati studiati allo stesso modo, ma l’importante in questo caso è che il cliente decida il suo caffè, dopo aver ascoltato la spiegazione dei vari aromi.
Con il nostro team abbiamo realizzato quattro o cinque piatti, perché non vogliamo essere un ristorante, ma un luogo in cui mangiare tranquillamente dolce e salato gourmet. Vogliamo offrire la genuinità legata al vero caffè.”
Quanti ordinano il caffè per pasteggiare?
Radu: “E’ più consueto in Viale Premuda che a Solferino e Magenta ordinare il caffè mentre si pasteggia. A Solferino passano molti turisti e sono più propensi a prendere qualcosa take-away.
Sabato e domenica abbiamo anche un menù brunch, dedicato a chi si vuole dedicarsi più tempo rispetto alla settimana e per questo offriamo 4 piatti da scegliere per ogni portata, quindi circa 4 primi, 4 secondi e due versioni dolci sempre in abbinamento al filtro o ad una spremuta o l’acqua.
Includiamo molte referenze vegane per raccogliere un bacino di utenza che esiste e che non vogliamo lasciare fuori.”
Qual è la cosa più difficile nel trovare la quadra nel coffee pairing?
Paviera: “La sfida sicuramente è trovare il tempo necessario da dedicare alla sperimentazione. Mi manca la cultura del caffè che ancora sto approfondendo insieme a Radu e così dobbiamo riuscire a coordinarci tra i nostri impegni e orari.”