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sabato 23 Novembre 2024
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Fipe analizza il prezzo del chicco partendo dal caffè verde all’espresso al bar

Gli addetti ai lavori attribuiscono l’impennata dei prezzi di queste ultime settimane alla forte contrazione dell'offerta da parte del Vietnam (che, come è noto, è il principale produttore di qualità robusta), alle condizioni metereologiche avverse in Brasile, al rafforzamento del dollaro sull'euro che peggiora il cambio o, ancora, all’aumento dei costi di trasporto conseguenti all’allungamento delle rotte per evitare il passaggio nel canale di Suez

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ROMA – Il prezzo del caffè, come accade per altre commodity, dipende da fenomeni solo in parte riconducibili allanaturale dialettica tra domanda ed offerta. A fianco dei fenomeni congiunturali che di volta in volta si presentano e che in questa specifica fase storica riguardano le tensioni geopolitiche e le difficili condizioni meteorologiche in alcuni Paesi produttori, occorre anche considerare gli effetti degli interventi, non occasionali, sui mercati finanziari dei fondi di investimento, da sempre attenti a fiutare le opportunità d business nel comparto delle materie prime. Leggiamo di seguito la ricerca dell’ufficio studi di Fipe-Confcommercio.

Fipe: il prezzo del caffè

Un intreccio di cause, connesse e interdipendenti, che è alla base del periodo di turbolenza che il mercato globale del caffè sta vivendo, destando preoccupazione non solo tra i produttori e i distributori ma anche tra i consumatori finali.

Il grafico indica che da settembre ’22 fino a ottobre ’23 il prezzo dell’indice composito ICO, costruito come media ponderata dei prezzi dei principali blend (Colombiano, Brasile, Robusta e altri), è stato in sostanziale decremento.

Ha iniziato a crescere sul finire del 2023, ma è nell’anno in corso che fa registrare una forte accelerazione. Nel mese di aprile, l’indice è di 216,89 US$cents per libbra (4,44 euro/kg). Nella prima metà del mese di aprile 2024, il prezzo aumenta del 21,8% passando 193,39 a 235,50 US$cent per libbra (da 3,96 a 4,82 euro/Kg).

Valori non lontani da quelli raggiunti a settembre 2022, quando a spingere in alto le quotazioni furono il congestionamento del traffico nei porti di imbarco, le difficoltà nel reperimento di container adatti al trasporto della materia prima, le tensioni internazionali a seguito del conflitto in Ucraina e l’aumento dei costi energetici.

Tra questi due periodi caratterizzati da forti rialzi, il prezzo ha subito significative riduzioni. Gli addetti ai lavori attribuiscono l’impennata dei prezzi di queste ultime settimane alla forte contrazione dell’offerta da parte del Vietnam (che, come è noto, è il principale produttore di qualità robusta), alle condizioni metereologiche avverse in Brasile, al rafforzamento del dollaro sull’euro che peggiora il cambio o, ancora, all’aumento dei costi di trasporto conseguenti all’allungamento delle rotte per evitare il passaggio nel canale di Suez.

Tuttavia occorre segnalare che i fenomeni rialzisti si sono inseriti a valle di una fase che ha visto il forte ricorso all’utilizzo delle scorte per tenere sotto controllo i prezzi e la successiva attività di ripristino delle medesime con conseguente crescita della domanda non connessa direttamente ai consumi.

Il razionamento dell’offerta è stato condizionato anche dal fatto che a partire dal 1 dicembre 2023 non è più praticabile il processo di ri-certificazione che consentiva di rendere commercializzabili, seppure sul mercato parallelo, quantità di caffè che avevano superato il tempo di stoccaggio nei depositi.

In definitiva, risulta evidente come l’impennata dei prezzi di questi ultimi mesi non possa essere attribuita esclusivamente a fattori “esterni” e/o naturali. C’è, al contrario, la “mano” di chi opera nel mercato di quella che resta una delle principali soft commodity mondiali.

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Fonte: elaborazione Centro studi Fipe su dati International Coffe Organization (dati concessi)

D’altra parte l’Organizzazione internazionale del caffè (ICO) ha previsto nel biennio 2023/24 un aumento della produzione del 5,8% anno su anno e del consumo globale del 2,2%, determinando in tal modo addirittura un surplus di 1 milione di sacchi (differenziale tra la produzione di 178 milioni di sacchi e il consumo di 177 milioni).

Cosa aspettarsi allora nei prossimi mesi? Rimanendo nell’ambito della dialettica domanda/offerta, dovremmo attenderci un periodo di raffreddamento dei prezzi. Tuttavia, sempre l’ICO mette in guardia sui rischi impliciti dovuti agli effetti delle condizioni meteorologiche ma, soprattutto, delle politiche dei Paesi produttori che potrebbero impattare sulla produzione e stravolgere un quadro previsionale tutto sommato positivo. Non va poi trascurato il ruolo dei fondi di investimento che spingono, con i contratti future, a vendere sui mercati finanziari quantitativi di caffè relativi alla produzione che verrà e, contemporaneamente, effettuano l’attività di compravendita sulla base dei saliscendi giornalieri dei prezzi.

Fipe: la tazzina di espresso al bar

Ad aprile 2024 il prezzo medio dell’espresso in Italia è stato di 1,18 euro, con un incremento rispetto ad un anno fa del 5,3% quando la tazzina costava mediamente 1,13 euro. Lungo la penisola il prezzo medio oscilla dentro una forchetta che va da 0,95 euro di Messina a 1,36 euro di Bolzano.

Il prezzo medio della tazzina di caffè ad aprile 2021 era di 1,00 euro che, rivalutato ai prezzi di aprile 2024, diventa 1,16 euro. Il risultato è che la tazzina conferma di aver tenuto, nel periodo apr. ’21- apr.’24, i livelli di inflazione con un moderato incremento reale del 2,1%.

Eppure la dinamica dei prezzi del complesso dei prodotti di caffetteria si mantiene per un lungo periodo che va da giugno 2021 a settembre 2024 al di sotto della linea dell’inflazione generale.

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Fonte: elaborazione Centro studi Fipe su dati Istat

Su questa prudenza giocano motivazioni diverse che riguardano la struttura del sistema competitivo (elevato numero di micro-imprese che operano in micro-mercati locali) o anche un inadeguato utilizzo della leva del prezzo. Non va dimenticato, tuttavia, che la caffetteria è una categoria di punta del bar con un’alta frequenza di acquisto, aspetto quest’ultimo che rende immediata nel consumatore la percezione del ritocco al listino operato dagli esercizi.

Peraltro, nella formazione del prezzo della tazzina, il costo della materia prima ha un peso assolutamente secondario sia rispetto a quello del servizio sia alla quota sul totale dei ricavi generati dalla vendita di questo prodotto. Più il caffè incide sulle vendite complessive, più dovrà assorbire oltre ai costi diretti anche quelli generali dell’attività.

In tale contesto non può essere l’aumento del costo del caffè in grani quantificabile in qualche centesimo di euro per tazzina che può giustificare un intervento immediato e specifico sul listino in grado di portare benefici significativi sui conti economici. Occorrerebbe invece una valutazione più generale sulla effettiva capacità di remunerazione dei “fattori produttivi” assicurata dagli attuali livelli dei prezzi, di tutti i prezzi, non solo della tazzina.

Caffè espresso al bar – valori in euro

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Fonte: Osservatorio Prezzi su dati Istat
Fonte: Osservatorio Prezzi su dati Istat

La catena del valore della tazzina di caffè al bar

Ad aprile 2024, come abbiamo visto, per un chilo di caffè verde occorrevano 4,44 euro. In media negli ultimi 12 mesi il prezzo è stato di 3,52 euro/Kg. con un incremento del 21,4% rispetto ad aprile 2023.

Guardando alla catena del valore della tazzina di caffè espresso al bar, si evidenziano i passaggi in cui si registrano i ricarichi: dai crudisti, passando per i torrefattori, fino agli esercenti l’incremento è di 5,6 volte, mentre dall’esercente al consumatore è di 5,9.

La catena del valore della tazzina di caffè al bar (dati concessi)
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