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Luigi Odello spiega lo stile dell’espresso in Liguria e Piemonte

Odello: "Accoccolati in una pasticceria o in piedi davanti al bancone, l’espresso in Piemonte e in Liguria è quasi sempre preceduto da un piccolo bicchiere d’acqua, prassi di estrema saggezza molto in vigore ancora a Cuneo e ovunque nei bar che ci sanno fare. È un espresso che in genere si degusta agevolmente anche senza zucchero, ma che soprattutto in Piemonte può costituire la base per un marocchino (a un espresso si aggiunge una pari quantità di latte montato con lancia a vapore) o un bicerin (espresso, cioccolata e latte montato), bevanda riconosciuta tradizionale piemontese nel 2001"

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Luigi Odello, professore di analisi sensoriale in università italiane e straniere e presidente del Centro Studi Assaggiatori e dell’Istituto internazionale assaggiatori caffè, spiega nel libro Espresso Italiano Specialist lo stile e la storia dell’espresso in Liguria e Piemonte (qui è possibile trovare l’analisi di Odello sull’espresso in Lombardia). Leggiamo di seguito l’approfondimento sul tema pubblicato sul sito Coffee Taster.

Lo stile dell’espresso in Liguria e Piemonte

di Luigi Odello

MILANO – Odello: “Quando nacque l’espresso l’Italia esisteva già, non solo nella sua espressione geografica, ma anche politica. Gli italiani avevano già combattuto insieme due guerre mondiali, ma non per questo avevano perso le proprie abitudini in fatto di gastronomia, alla quale il caffè apparteneva da circa tre secoli.

Gli stili di cui abbiamo finora parlato nascono quindi da specifiche abitudini regionali, molte volte condizionate dal capoluogo di regione, soprattutto se questo aveva svolto un ruolo importante nello scenario storico e politico. Per comprendere meglio gli stili diamo quindi uno sguardo più approfondito alla storia del caffè in alcune regioni d’Italia”.

Liguria e Piemonte: i punti in comune

“Non occorre sapere molto di geografia per avere chiaro che tra il Piemonte e la Liguria non c’è di mezzo il mare, e che quest’ultima il mare ce l’ha, ben provvisto di porti, mentre al primo manca del tutto. Ma per capire il profilo sensoriale del caffè delle due regioni, tutto sommato abbastanza vicino, occorre buttare un occhio alla storia.

In un primo tempo, durato qualche secolo nello scorso millennio, troviamo i signori liguri protesi nella conquista di valichi e territori per garantire ai propri commerci una via sicura verso l’interno.

E, di poco spostati sull’asse temporale, possiamo notare i signori del Piemonte che cercano di mettere piede in Liguria per avere uno sbocco al mare. Vinceranno questi ultimi, già saldamente piazzati in un Piemonte che si va via via unificando, generando quindi un’osmosi che contamina la cucina (la bagna caoda è piemontese, ma l’olio e le acciughe sono liguri, solo per fare un esempio) e i gusti delle popolazioni, caffè non escluso.

Piemonte e Liguria hanno in comune una grande varietà di erbe officinali, di aromi con i quali donare profondità a ogni piatto. E se è vero che spezie e coloniali giungono dai porti liguri, occorre rilevare che le due entità geografiche per tutto il Risorgimento sono accomunate dallo stesso governo, quindi i soldati vivono sotto le stesse tende durante le battaglie in Italia e all’estero (pensiamo per esempio all’esperienza della Crimea) e gli scambi diplomatici e commerciali influenzano alla pari l’intero territorio.

Un poco diverso è il carattere della popolazione: duri e tenaci i piemontesi, abili commercianti e risparmiosi i liguri.

Insomma, c’è di che per dire che se in fatto di origini del caffè la scelta era particolarmente ampia, la coniugazione del miglior rapporto qualità/prezzo era obbligata.

Se le guerre e il territorio impervio tendevano a rendere la vita amara, almeno il caffè (ma anche altri coloniali, come il cioccolato che in Piemonte trova una delle maggiori espressioni e alcuni centri di produzione di portata mondiale) e il vino dovevano compensare. Così, mentre gli enologi si davano da fare per ammorbidire nebbioli e barbere e per mantenere dolce il Moscato – dando poi vita all’Asti – i torrefattori sceglievano le origini di caffè che potevano apportare quella freschezza così diffusa a livello enologico, l’assenza di asperità tanniche, la presenza del floreale – che dava eleganza anche a vini e grappe – e delle morbide note di cioccolato.

Con decisa maestria si rendeva quindi il caffè coerente con le attese sensoriali della popolazione che sempre più lo eleggeva a compendio insostituibile nell’ospitalità.
Un notevole apporto nella crescita del caffè si ebbe con il fenomeno dell’inurbamento a Torino e nelle altre città.

Naturalmente con la crescita del settore caffetteria, soprattutto con l’avvento dell’espresso, nasceva un indotto importante volto alla costruzione di macchine da caffè, di attrezzi e mobili per il bar e di suppellettili per il servizio del caffè.

Oggi Piemonte e Liguria rappresentano un territorio che è primo in Italia nei commerci e nella tostatura del caffè, che ha aziende affermate anche all’estero nella produzione di tazze e tazzine di porcellana e di altre attrezzature per il bar.

Accoccolati in una pasticceria o in piedi davanti al bancone, l’espresso in Piemonte e in Liguria è quasi sempre preceduto da un piccolo bicchiere d’acqua, prassi di estrema saggezza molto in vigore ancora a Cuneo e ovunque nei bar che ci sanno fare. È un espresso che in genere si degusta agevolmente anche senza zucchero, ma che soprattutto in Piemonte può costituire la base per un marocchino (a un espresso si aggiunge una pari quantità di latte montato con lancia a vapore) o un bicerin (espresso, cioccolata e latte montato), bevanda riconosciuta tradizionale piemontese nel 2001″.

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