Mauro Illiano e il caffè espresso sono stati tra i protagonisti della puntata di mercoledì 24 aprile del programma di Rai1 Porta a Porta che è firmato da Bruno Vespa. Nell’occasione l’esperto della tazzina, recensore gastronomico e autore della Guida del Camaleonte insieme ad Andrej Godina, con una troupe della Rai, ha visitato una decina di caffetterie del centro di Torino. Dei locali visitati, secondo Illiano, solo un paio raggiungevano livelli superiori alla sufficienza, mentre nel resto dei bar la prestazione presentava evidenti carenze qualitative. Leggiamo di seguito maggiori dettagli sull’esperienza di Mauro Illiano.
Mauro Illiano in alcune caffetterie del centro di Torino
Durante la trasmissione Porta a Porta, andata in onda mercoledì 24 aprile su Rai1, è emersa una realtà che ha riportato indietro di dieci anni, ovvero al primo servizio di Report, grazie al quale tutti scoprirono le enormi lacune della caffetteria italiana. Allora fu il caffesperto Andrej Godina ad accertare la sostanziale scarsa qualità dei caffè al bar. Oggi, a distanza di dieci anni lo scomodo ruolo è toccato all’assaggiatore napoletano Mauro Illiano, anch’egli già reduce da un’edizione di Report nel 2019.
Insieme ad una troupe della Rai, Illiano ha visitato una decina di caffetterie del centro di Torino, constatando una realtà purtroppo ancora desolante.
Delle caffetterie visitate, solo un paio raggiungevano livelli superiori alla sufficienza, mentre nel resto dei bar la storia sembrava essersi fermata esattamente a dieci anni fa, ed anzi in alcuni casi sembrava anche peggiorata.
Guardando il servizio si apprende che la quasi totalità dei baristi non effettua ancora il purge tra un’erogazione e l’altra (pulizia del gruppo erogatore), una percentuale altissima di loro si limita ad appoggiare il tamper sul caffè macinato prima di estrarlo, altri ancora conservano il caffè in campana senza alcuna protezione dall’aria. Alla lunga lista di disattenzioni si aggiungono estrazioni effettuate in appena 15 secondi e buste di caffè lasciate sotto la luce e calore di lampade alogene.
Il risultato dell’indagine è uno stato dell’arte ancora molto lontano dall’essere soddisfacente e soprattutto non al passo con lo sforzo che invece la torrefazione italiana sta provando a fare negli ultimi anni.
Intervistato sul servizio andato in onda Illiano ha dichiarato:
“Senza in alcun modo programmare le visite, abbiamo passeggiato lungo le vie che uniscono Piazza Solferino a Piazza San Carlo entrando randomicamente nelle caffetterie incontrate sul percorso. Ebbene, in quasi tutti i casi ho riscontrato una preparazione molto precaria da parte dei baristi, che in alcuni casi facevano fatica addirittura a comprendere il significato di alcune richieste. Purtroppo, e lo dico da innamorato della materia caffè, l’esito degli assaggi è stato molto modesto, ed ha dimostrato che la strada da fare è ancora tanta. La cosa che dispiace di più è che nessuno dei caffè assaggiati era in realtà un caffè di bassa qualità in termini di miscela”.
Illiano aggiunge: “Da assaggiatore e recensore ho il privilegio di conoscere la maggior parte delle miscele delle torrefazioni italiane, e posso assicurare che i difetti riscontrati all’assaggio, talvolta anche molto evidenti, non dipendevano da una bassa qualità della materia prima, ma invece da estrazioni inadeguate. In moltissimi casi ho riscontrato delle sotto estrazioni, causate dal mancato utilizzo del pressino o un utilizzo di esso inadeguata“.
Illiano continua: “In altri casi era il macinato stesso ad essere troppo grosso. In altri ancora la tazzina era fredda. Il purge sembra essere ancora un tabù per la quasi totalità dei baristi. Tutto questo ci pone nella condizione di insistere maggiormente nella formazione e nella professionalizzazione della figura del barista”.
C’è di più: “Le torrefazioni negli ultimi anni si stanno muovendo in questa direzione, tantissime organizzano regolarmente dei corsi di formazione, assistendo anche in maniera capillare i punti vendita con le loro migliori expertise. Anche le scuole di formazione indipendenti si moltiplicano, aiutando certamente ad elevare il livello di competenza di addetti ed appassionati. Ciò nonostante la qualità della tazzina non è ancora ai livelli sperati”.
In conclusione: “Occorre rimettersi subito a lavoro, aumentando lo sforzo rivolto alla formazione, aumentando i controlli a garanzia di una qualità tanto rincorsa che spesso finisce per essere sciupata proprio negli ultimi 30 secondi di lavoro”.
Sull’argomento è intervenuto anche Andrej Godina, che conferma quanto emerso dall’indagine appena conclusasi, dichiarando:
“In Italia, la qualità del caffè risulta spesso mediocre, una situazione aggravata dalla mancanza di formazione adeguata tra i baristi. Fortunatamente, l’ascesa dello specialty coffee sta lentamente rinnovando il settore, distanziandosi dal vecchio modello di un caffè indifferenziato venduto allo stesso prezzo, incapace di narrare la propria storia o quella della sua filiera”.
Godina aggiunge: “È essenziale investire nella formazione dei baristi per garantire che i consumatori possano pienamente apprezzare la complessità e la ricchezza di un prodotto che emerge da una filiera tanto estesa e complessa. Solo così si può cambiare l la qualità del caffè, che dipende da piena consapevolezza e attenzione alla gestione dei parametri di estrazione”.