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sabato 23 Novembre 2024
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Matteo Borea: “Chi non ha il coraggio di liberarsi dal prezzo politico, lo usa come scusa per non evolversi”

Borea: "Il cliente per il bar è il fine, non il mezzo e solo abbandonando l'idea che un espresso debba costare mediamente 1 euro e iniziando a valorizzare sinceramente il prodotto per offrire un’esperienza (o regalare un’emozione), potremo andare oltre le discussioni sul servire un bicchier d'acqua o un biscottino come extra a pagamento o meno. Insomma, è il momento di osare. Di rompere gli schemi. Di trasformare il modo in cui pensiamo e parliamo del caffè. Solo allora potremo liberarci dalle catene del prezzo politico e iniziare a costruire esperienze che valorizzino i bar e tutta la filiera"

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Matteo Borea, Barista Coach e terza generazione della torrefazione La Genovese di Albenga (Savona), risponde alle dichiarazioni di Francesco Masala, campione di Moka Challenge 2022, nel dibattito attorno alla questione prezzi-prodotti sulla carta (qui è possibile trovare la nostra intervista). Secondo Borea, il motivo per cui molti titolari si rifugiano nella logica del prezzo politico e ad essere meno innovativi è dovuta alla paura di perdere clienti. Leggiamo di seguito la sua opinione.

Il problema nel mondo del caffè

di Matteo Borea

“Vado dritto al punto: il mondo del caffè ha un problema, e non sto parlando della qualità delle miscele o della provenienza dei chicchi che, sì, sono importanti. Parlo di qualcosa di più insidioso e meno ovvio: la paura.

La paura di perdere clienti ha spinto molti bar a rifugiarsi in una confortevole ed obsoleta logica di prezzo politico. E questo sta lentamente erodendo l’anima stessa del bar italiano e dell’espresso.

Prima di saltare sul carrozzone del prezzo e discutere sulla scelta di far pagare o meno l’aggiunta di latte ad un espresso dobbiamo affrontare un cambiamento culturale.

Dobbiamo sganciarci dalla schiavitù del prezzo politico e iniziare a valorizzare il caffè per quello che realmente offre: un’esperienza.

Fino a quando torrefattori e baristi non si uniranno per raccontare con passione le loro miscele, condividendo in maniera trasparente la genesi del loro prezzo, continueremo a marciare sul posto.

Vorrei essere chiaro. Chi non ha il coraggio di forgiare una propria identità e liberarsi dalla schiavitù del prezzo politico, si sta nascondendo dietro alla scusa per non evolversi.

Questo è il motivo per cui alcune torrefazioni insistono sul mantenere “segrete” le loro miscele, comprano materie prime di bassa qualità e si affidano a modelli di business basati sul finanziamento, mentre troppi bar sono diventati semplici fotocopie l’uno dell’altro. In questo panorama desolante, i proprietari spesso si ritrovano a essere imprenditori alla giornata, coadiuvati da personale che definirei mediocre se volessi essere gentile.

Al CoffeeStorming, il nostro flagship aziendale, abbiamo per esempio scelto di non far pagare l’acqua. Abbiamo installato una fontanella dove i clienti possono servirsi liberamente, senza spendere un centesimo. Questa decisione, indipendentemente dalle motivazioni, mira a rendere l’esperienza utente unica e indimenticabile.

Queste scelte, come il biscotto offerto o qualsiasi altra attenzione verso il cliente, sono mezzi per arricchire l’esperienza del consumatore e valorizzare la propria offerta. La strategia dietro queste “coccole” è soggettiva, ma l’obiettivo è comune: migliorare l’esperienza del cliente.

È tempo che i baristi smettano di vendere semplicemente “prodotti”, inizino a mostrare la loro identità (se ce l’hanno) e a vendere “esperienze”. I torrefattori dovrebbero condividere il loro know-how (se ce l’hanno) anziché limitarsi a offrire denaro, prestiti, tavoli e ombrelloni.

Il cliente per il bar è il fine, non il mezzo e solo abbandonando l’idea che un espresso debba costare mediamente 1 euro e iniziando a valorizzare sinceramente il prodotto per offrire un’esperienza (o regalare un’emozione), potremo andare oltre le discussioni sul servire un bicchier d’acqua o un biscottino come extra a pagamento o meno.

Insomma, è il momento di osare. Di rompere gli schemi. Di trasformare il modo in cui pensiamo e parliamo del caffè. Solo allora potremo liberarci dalle catene del prezzo politico e iniziare a costruire esperienze che valorizzino i bar e tutta la filiera”.

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