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giovedì 21 Novembre 2024
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Pào Pào Kombucha, soluzione in lattina per gli aperitivi non alcolici a base di tè fermentato

Il 70% del lavoro per produrre il kombucha consiste nel pulire e igienizzare: la sua creazione è in effetti proporzionata alla pulizia. Un laboratorio sporco renderebbe impossibile la formazione delle colture perfette perché contaminerebbe il tè ad ogni batch

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MILANO – Antonio Iemolo e Luisa Hu sono i due fondatori di Pào Pào Kombucha, che nasce dall’hobby della produzione di birra in casa di lui e della passione per il tè di lei: “Non vedevamo grandi alternative sul mercato – racconta Luisa – ed io stessa sono astemia e intollerante all’alcol” cosa che spesso la costringeva a ritrovarsi da sola per l’aperitivo “Quando chiedo qualcosa di analcolico, i cocktail non sono mai soddisfacenti“.

Pào Pào Kombucha nasce dopo un anno di studio

Continua Antonio: “Quando abbiamo aperto la nostra attività volevamo cambiare vita e mettere in lattina il nostro prodotto per venderlo. A dicembre 2021 avevamo già affittato il nostro laboratorio con le attrezzature necessarie per procedere. Sentivamo che era il momento giusto: è un’alternativa che nel resto del mondo esiste già e funziona bene, mentre in Italia ancora non è molto conosciuto.”

Luisa aggiunge: “Quando mi ha proposto di avviare Pào Pào Kombucha ho risposto di sì perché ne vedevo io stessa i benefici sul mio corpo: mi trovavo in un periodo in cui non stavo molto bene, ma bevendo il nostro prodotto mi sentivo meglio, a partire dallo stomaco. Così ci siam detti: dobbiamo farne in grandi quantità.”

Ed ecco che si allestisce il laboratorio

“In diversi fermentatori infondiamo a freddo tre tipi di tè, non scaldiamo e non raffreddiamo il nostro infuso, risparmiamo su acqua ed energia elettrica e al contempo non estraiamo tannini e sostanze astringenti del tè.

Ci prendiamo cura ciclicamente delle colture di batteri e lieviti e le nutriamo come una cosa sacra. Con la stagionalità, queste cambiano e si sviluppano diversamente, anche se poi il sapore muta impercettibilmente. “

Ma facciamo un passo indietro: cosa intendiamo quando parliamo di Kombucha?

“Il Kombucha per come è inteso all’origine, è una sorta di aceto che noi però raccogliamo nel momento ideale prima che diventi troppo acido: misuriamo l’alcol, il ph, il grado zuccherino e tutto ciò che serve per vedere che la fermentazione stia andando bene, lo scoby – cellulosa batterica che si forma sulla superficie – ci mostra come una mappa se si stanno sviluppando le giuste colture di microorganismi all’interno e la loro salute.

Abbiamo provato parecchi tè per confrontare tutti i diversi aromi e sfumature. Ovviamente il tè nero in foglia è essenziale, anche se si possono utilizzare tutti i tipi di tè, dall’affumicato Lapsang al delicato tè bianco o verde.

Insomma, potenzialmente si può fermentare qualsiasi tipo di erbe, tisane, spezie e anche caffè, materia prima che stiamo studiando per una nuova ricetta con un partner. Sono un paio d’anni che cerchiamo di trovare l’equilibrio giusto per il perfetto kombucha al caffè, dalle diverse origini, alla tostatura e alla macinatura perfetta. “

Da chi vi rifornite per i vostri tè?

“Da La Via del Tè compriamo ciò che ci serve per la produzione in lattina. Poi importiamo direttamente dalla Cina anche dei tè che si prestano meglio per le nostre ricette più pregiate e per quelle in bottiglia.

Usiamo per lo più il tè nero e l’Oolong: quest’ultimo è semi ossidato e vengono raccolte due foglie alla volta, poi arrostite e per questo dà note tostate e caratterizzanti. Vogliamo far sì che nel kombucha sia valorizzato il tè: le aromatizzazioni arrivano da erbe e spezie ma non frutta fresca, perché non vogliamo inquinare le colture madri con altri organismi esterni.

Abbiamo tante proposte: lavanda e camomilla, lemon grass e zenzero, alloro e pepe rosa, persino clementine nere ossidate realizzate in collaborazione con Kekoji, mentre con l’Associazione Fermenta, che gestisce alcuni orti comunali a Milano, abbiamo creato con un processo partecipato della comunità di parco nord il gusto sambuco e menta.”

Elisa col progetto Fermenta per gli orti comunali

Come produrre kombucha, la bevanda di tè fermentato e come poi metterla in lattina? Ci sono dei problemi dal punto di vista della shelf life e dell’abbattimento della carica batterica? Come li avete superati?

“Non pastorizziamo e non filtriamo, il prodotto resta vivo. Ci sono zuccheri residui, per quanto siano pochi e se non viene conservato correttamente in frigorifero, c’è il rischio che le lattine esplodano.

Diamo una shelf life in frigorifero di 6 mesi per garantire la freschezza del prodotto e facendo batch piccoli continuativi riusciamo ad offrire un prodotto sempre fresco che viene consumato velocemente. Il formato è da 33 cl – nel resto del mondo ci sono anche formati familiari, da un litro, in America e in Spagna -.

Le lattine di Kombucha (foto concessa)

Stiamo lavorando per divulgare meglio come conservare e come consumare questa bevanda come accade negli altri Paesi. I riscontri fin qui sono andati bene: ho portato dei campioni nei locali ed è piaciuto. Si vende da solo: è possibile trovarlo nei locali partner ad un prezzo che va dai 4€ ai 6€.

Naturalmente il kombucha viene prodotto in maniera artigianale e ogni azienda da la propria impronta per questo i kombucha possono essere molto diversi tra di loro. Questo aumenta il rischio per le persone di avere dei pregiudizi o aspettative nate da qualcosa che si è assaggiato in precedenza. Noi assaggiamo tutti i vari kombucha che troviamo ed altri prodotti pastorizzati e microfiltrati, che in teoria non si potrebbero neppure definire kombucha.

Infatti esiste un disciplinare americano (KBI Code of Practice) che ha stabilito dei parametri, per cui il pastorizzato e microfiltrato non può esser considerato kombucha autentico o per lo meno dev’essere indicato in etichetta il trattamento utilizzato, in modo che il cliente finale sia consapevole del prodotto che acquista.“

Quindi come vi misurate con la concorrenza?

“Parliamo di un mercato molto sviluppato all’estero, pensiamo che soltanto in Spagna è cresciuto da 3.1 milioni complessivi nel 2020 a 21.1 milioni nel 2022. E siamo certi che arriveranno tanti nuovi kombuchai italiani nei prossimi anni.

La pressione per noi si gioca sul prodotto: se qualcuno realizzasse un kombucha confezionato migliore del nostro, ci spingerebbe soltanto a fare di meglio. La competizione vera e propria per noi si misura in laboratorio. E attualmente ci sono già dei produttori molto bravi in Italia. “

Come producete il vostro kombucha?

Il 70% del lavoro per produrre il kombucha consiste nel pulire e igienizzare: la sua creazione è in effetti proporzionata alla pulizia. Un laboratorio sporco renderebbe impossibile la formazione delle colture perfette perché contaminerebbe il tè ad ogni batch.

“Lo facciamo fermentare un mese, anche se può variare dalla dimensione del batch (il nostro è da 300 litri alla volta, a rotazione). Poi a seconda del vaso e dalla forza della coltura, si possono impiegare anche dai 7 ai 15 giorni. Ne osserviamo lo sviluppo quotidianamente, mentre i parametri una volta alla settimana.

Dopo la prima fermentazione lo trasferiamo in keg d’acciaio in cui facciamo aromatizzazione e carbonazione forzata di Co2 e spilliamo nella lattina, chiudendo il tutto con un macchinario semplice che teniamo revisionato, misurandone la calibrazione per sigillare al meglio.

Infine, le lattine vengono sistemate nei six pack di fibra di canna da zucchero e bamboo ecologico e compostabile per le spedizioni.

Una nota importante riguarda il design e l’aspetto grafico delle lattine, per questo dobbiamo ringraziare la collaborazione con Ehsan Mehrbakhsh, illustratore e tatuatore di Milano che fa un grande lavoro per il design del nostro prodotto rendendolo pazzo, simbolico e psichedelico.”

Dove possiamo trovare il vostro Kombucha?

“Spediamo direttamente ai privati e ai negozi che lo richiedono in tutta Italia, mentre consegno direttamente io a Milano. Si può trovare in caffetterie specialty, ristoranti vegani e non, cocktail bar e pub.

Lavoriamo molto bene con le caffetterie e i pub, che sono i nostri migliori clienti. Il kombucha si presta bene alla colazione per chi non beve caffè, ma anche alla sera, per chi non consuma birra e cerca un’alternativa decente alle solite bibite gasate e piene di zuccheri.”

Perché avete scelto proprio questo formato?

“La lattina è leggera, è riciclabile all’infinito perché è d’alluminio, può essere stoccata meglio di una bottiglia e si raffredda più velocemente.

Facciamo anche delle bottiglie di kombucha leggermente alcolico, da 2 gradi e mezzo, per dare un’alternativa ad un vino naturale. La lattina poi si presta ai pub, mentre la bottiglia può essere adatta anche per i locali più ricercati.

Per questo formato usiamo tè bianco al gelsomino, perché sostiene bene la punta d’alcol presente nella ricetta. Lo facciamo fermentare in vetro e non in acciaio e poi ancora rifermentare in bottiglia per un altro mese senza anidride carbonica aggiunta. È un prodotto concepito diversamente.”

Luisa spiega ancora: “Da intollerante, posso dire che si sente poco la presenza dell’alcol. Percepisco la differenza rispetto all’impatto di un altro alcolico.”

Prossime evoluzioni per Pào Pào Kombucha?

“Abbiamo tanti gusti ma vogliamo sempre sperimentare in laboratorio e portare avanti questa ricerca con costanza, magari costruendo un sito e-commerce da cui ordinare direttamente.

Non abbiamo obiettivi particolari: procediamo passo dopo passo, per fare le cose bene, anche perché non ci sono ostacoli per la crescita in Italia: lo spazio è talmente vuoto che c’è soltanto da espandersi. Sono sicuramente più coraggiosi nel settore caffè specialty perché abbiamo una tradizione che è difficile da abbattere: con il kombucha invece si parte da zero.

Con sorpresa poi abbiamo notato che gli anziani sono un target molto ricettivo: questo perché abbiamo scoperto che c’era già stata una piccola ondata di kombucha negli anni ‘50 che poi però si era arrestata, ma aveva già incuriosito le vecchie generazioni.

In generale comunque l’età di mezzo si avvicina al kombucha perché vuole ridurre il consumo di alcol.

Mentre la gen x e alfa, è molto più informata e conoscono già il prodotto, che si sposa bene con la tendenza verso un’alimentazione più consapevole.

Persino i bambini lo adorano: il kombucha è divertente da bere, con la sua componente acetica che solletica la lingua e resta dolcina. Al primo sorso lascia stupiti e i bambini ne rimangono conquistati. Il consiglio è di berne poco, perché contiene tracce di alcol (meno di mezzo grado alcolico).

Per quanto riguarda il contenuto di caffeina con la fermentazione scende ad un terzo di quello che troveremmo nello stesso tè prodotto in tazza, in particolare l’estrazione a freddo e l’utilizzo di tè oolong tostato lo rendono povero di caffeina (circa 5mg per 100ml) e adatto al consumo in ogni momento della giornata.”

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