MILANO – Con Emiliano Pezzini, titolare di Chicco Pezzini, per discutere della gestione di un locale, della torrefazione e dell’approvvigionamento di specialty ma anche di cioccolato e infine, naturalmente, della prospettiva di un prodotto a lui da sempre molto caro: lo produceva e ci credeva già dal 2015, quando neppure se ne accennava. Stiamo parlando di nitro coffee cold brew.
Chicco Pezzini: torrefazione, shop e ristorante. Ci spiega come è possibile far convivere tutto in una sola impresa?
“Chicco Pezzini apre nel 1997 come birreria nello stesso locale in cui oggi ho la caffetteria e ristorante. È soltanto nel 2011 che timidamente partono i primi tentativi di tostatura al suo interno, che poi sono sfociati nel 2015 nell’apertura di un laboratorio vero e proprio di torrefazione. Attualmente ho due sedi separate: quella dedicata alla tostatura e una che fa da ristorante e coffee shop in cui svolgiamo la classica attività di servizio dalla colazione al pranzo.
Possedevo una macchina per espresso quando già avevo appena aperto la birreria, ad appena 21 anni: non conoscevo ancora il caffè, ma dopo qualche anno ho iniziato a capire che dovevo ampliare l’offerta del locale e sono passato a coprire anche la parte diurna.
Così mi sono appassionato al caffè e ho voluto imparare a valorizzarlo, studiandolo a fondo.
Il torrefattore da cui mi rifornivo non mi dava le informazioni che mi interessavano e così ho svolto da solo le mie prime ricerche, scoprendo le monorigini e le roastery che le producevano.
A quel punto ho scelto di parlare con il mio torrefattore di allora e gli ho proposto di acquistare tutte quelle attrezzature che mi aveva dato in comodato d’uso.
Nel 2011, dopo un po’ di tempo di autonomia, ho comprato una piccola tostatrice da inserire nella caffetteria per iniziare a tostare personalmente, selezionando i crudi single origin.
Allora non si parlava ancora molto di specialty, ma collaboravo con un importatore che mi permetteva di acquistare quantità ridotte di verde. Nel 2015, ho iniziato con volumi più grandi.
Già a quei tempi, vendevo nitro coffee fuori dal Salone del Libro in un food truck.”
Ha premiato la scelta di buttarsi nella torrefazione?
“Ha funzionato e sta funzionando alla grande. A Viareggio, nel quartiere di periferia in cui mi trovo che è piuttosto popolare, i clienti che arrivano sono tanti e ben contenti del fatto che possano trovare un caffè buono tostato da me. È un valore aggiunto al Chicco Pezzini.
Lo specialty, proposto anche in miscele e con Fine Robusta, vanno bene. Ho più macinini con cui durante la settimana preparo diverse monorigini. Il caffè più richiesto è chiaramente la miscela (80% Arabica specialty e 20% Fine Robusta), ma c’è sempre una domanda crescente di specialty monorigini in espresso e anche in filtro. Spesso vengono turisti che lo chiedono o si portano via una confezione in grani.
Da noi l’espresso va da 1.50 a 2.50, il single shot deve partire da lì. I filtri invece sono dai 3 ai 4.50, per invogliare le persone a provarli. Spieghiamo sempre il perché di questo prezzo, raccontiamo quello che è il nostro caffè e le persone lo accettano.
Grazie al blend con il Fine Robusta ho un risultato eccezionale: questo mi permette di abbassare un po’ i prezzi e va benissimo così, non sono un estremista.”
Nel vostro locale multifunzionale, è più facile spingere lo specialty, le estrazioni alternative e il double shot?
“La richiesta in generale di tutte queste opzioni sta sempre più aumentando. Così come altre estrazioni come le infusioni a freddo.
Da Chicco Pezzini circola un tipo di clientela che cerca qualcosa di buono, dal caffè al cacao che tosto io stesso, anche se richiede molto tempo per la preparazione: a questa materia prima mi ci dedico nei momenti di picco delle richieste come nelle vacanze natalizie, selezionando anche le fave di cacao in prima persona e realizzando delle tavolette. Ho adottato uno strumento primitivo per separare la parte buona della fava di cacao.
Il cacao viene tostato nel forno ventilato – ha bisogno di altre tempistiche e velocità di rotazione -, mentre per lo specialty ho due macchine, una da 15 e una da 2 chili.”
Una domanda a brucia pelo: meglio cold brew, cold drip o nitro cold brew?
“A sentimento? Nitro tutta la vita. Trovo che l’estrazione a freddo dia un risultato migliore con l’aggiunta dell’azoto: quella texture non si ottiene con un classico cold brew. È una scelta soggettiva: il cold brew non mi dà le stesse emozioni di un nitro. Mi piace la cremina che si forma nel bicchiere. Punto tantissimo su questo prodotto, e l’investimento è grande, nonostante sia difficile da spingere: il mercato ancora non lo conosce.
Nel 2015, quando ho iniziato a occuparmi di questa estrazione, sono arrivato ad ottenere un risultato piacevole soltanto nel 2017. Con l’Ape a Carro Ponte, vendevo 250 litri di bevanda. Nessuno sapeva che cosa fosse il caffè alla spina, suscitava curiosità tra i non addetti ai lavori. Quando però poi ho cominciato a distribuirlo a Viareggio sui locali che rifornivo, investendo negli impianti alla spina, è stata una stagione piuttosto fiacca. Il ritorno non era stato molto positivo.
E oggi ancora non è cambiato tanto.
Certo dipende dalla scala produttiva: attualmente sono ancora piccolo. L’impianto che ho, ha richiesto tanta ricerca, perché si tratta di qualcosa di simile alla birra.
Al pubblico sul sito vendo una lattina da 20cl a 4 euro.
Non mollo, ho iniziato e continuiamo così. Ho comunque registrato un aumento di richieste che mi fa pensare che si tratta di un prodotto su cui investire. Certo molto cambia a seconda del contesto in cui si propone: in diverse fiere, con una grossa affluenza di stranieri, è stato acquistato tanto.
Ho venduto molto all’estero tramite anche l’e-shop, con una richiesta importante registrata dalla Germania. Ora con un sito nuovo, più performante, potrebbe rappresentare un canale ancora più forte per far conoscere il mio prodotto.”
Il problema della durata del nitro e la carica batterica, l’ha risolto?
“Grazie al know how che ho acquisito, ho trovato un metodo che funziona per la lattina: la pascalizzazione, uccide la carica batterica tramite la pressione bar e poi la pastorizzazione allunga i tempi di shelf life (in lattina si arriva ad un anno) e sto studiando per fare lo stesso con il fusto.”
Il nitro di Chicco Pezzini poi è collegato a un progetto con i giovani e il mondo del pugilato: ce ne parla?
“Provengo dal mondo delle arti marziali e mi son detto, perché non sponsorizziamo il nitro come un energy drink per il suo contenuto di caffeina utile agli sport? Oggi comprare Chicco Pezzini significa anche sostenere due ragazzi, uno che fa taekwondo e uno pugilato. Siamo gli sponsor di questo progetto interessante che spero possa crescere.”
Altro progetto in corso è quello alle origini, a sostegno delle donne: come funziona?
“Ho scelto con piacere di acquistare dei caffè che abbiano un impatto sociale sulla questione di genere alle origini: mi rifornisco da IWCA e dalle Cafè della mulieres, e compro il caffè feminino di Slow Food Coffee Coalition: sostengo queste iniziative per aiutare le donne lavoratrici in diverse piantagioni in giro per il mondo.”
Una curiosità: come mai avete scelto di continuare a usare tostatrici che lavorano con il metodo della fiamma diretta? Non è più difficile controllare la cottura e quindi rischiare di rovinare una materia prima pregiata come lo specialty?
“Ho seguito i corsi roasting SCA, ma sono un po’ lesso con la tecnologia e quindi mi trovo meglio con l’analogico. Ho una Petroncini e una Vittoria per ora e mi viene naturale continuare così. Abbiamo scelto anche una Faema E61 per il locale, quindi insomma, il retrò è un po’ la mia passione.”
Quando Emiliano Pezzini smette di fare il barista, diventa torrefattore: come fa a gestire questi due aspetti del suo lavoro – uno più a contatto con il pubblico e l’altro dietro le quinte – e come fa a sopportare il carico di lavoro?
“Serve sicuramente tanta energia e passione. Spesso e volentieri il fine settimana sto in torrefazione, chiuso al pubblico. Mi alzo presto la mattina per tostare un lotto di caffè per recuperare il tempo. Cerco di tostare di settimana in settimana: d’estate aumento le tostate e arrivo alle 3 volte a settimana, d’inverno si riduce a una volta sola.
Mi trovo in un momento in cui sto cercando di capire quali saranno i prossimi passi di Chicco Pezzini e sviluppare meglio il progetto specialty, creando anche dei momenti di formazione e di degustazione.
In futuro potrei considerare la collaborazione con qualcuno che mi assista nella torrefazione in Pietrasanta. Per il 2024, l’obiettivo è quello di strutturare meglio queste attività.”