C’è tutto il Mumac, il Museo della macchina per caffè di Binasco, nel bel libro quadrato con la copertina rosso Mumac, curato da Stefano Biagiotti ed edito da Francesco Mondadori. Non che 144 pagine in italiano e in inglese, ricche di dati e zeppe di belle fotografie, bastino a raccontare un museo che è unico nel panorama mondiale.
Ma a far venire la voglia di visitarlo, il Mumac, questo sì. E il libro può funzionare anche per un ripasso, dopo la visita. Per gli appassionati del genere, ma anche per gli addetti ai lavori. Di qualunque marca, visto che il Mumac batte bandiera Cimbali ma non scorda nessuno dei costruttori italiani, come spiega Maurizio Cimbali, il papà del Mumac.
Il libro comincia con una bella prefazione di Philippe Daverio. Il grande critico d’arte, celebre divulgatore televisivo, spiega il significato profondo del Mumac, del perché possa definirsi un museo.
Alla pari delle grandi raccolte di dipinti e sculture del passato. Al passo con le più celebri raccolte europee, dove il termine museo ha assunto un significato ben diverso da quello cristallizzato nei secoli, “è luogo di documentazione e di formazione, e lo è di tutto ciò che viene reputato degno di queste due formidabili missioni. Il Mumac come museo dell’identità, come lo sono i musei esteri dove la maggioranza non è costituita da musei d’arte ma proprio da musei dell’identità”.
Seguono belle foto dell’estero del Mumac: chi non c’è andato ancora sarà incuriosito da quelle forme sinuose di colore rosso che, anche nella tonalità, richiamano la copertina. E poi le fotografie delle macchine esposte, dalle più antiche a quelle recenti con le appropriate ambientazioni ll’interno delle quali sono esposte.
Dopo una sfilata di immagini a doppia pagina l’intervento del papà del Mumac, Maurizio Cimbali, “Dal sogno alla realtà”, un intervista analisi che svela la vera storia del Mumac. Tutto ebbe origine nel 2010 alla vigilia del centenario Cimbali: “Cominciavamo a riflettere come celebrarlo, che tipo di evento, quale location, che cosa avremmo fatto. Poi la scintilla: al posto dell’evento effimero, sicuramente d’impatto ma destinato ad essere dimenticato nel giro di qualche mese, potevamo pensare a qualcosa che celebrasse il centenario dell’azienda e al tempo stesso durasse nel tempo. E così l’idea di un museo ha cominciato a farsi più concreta”.
Subito dopo Enrico Maltoni, il motore del Mumac e fornitore della parte più importante delle macchine, spiega che cosa significa per lui il museo di Binasco: “Mumac è per me: il coronamento del sogno di un ragazzo di 18 anni iniziato in un mercatino e che ancora oggi continua”.
Tocca poi ai progettisti del museo, l’architetto Paolo Balzanelli e l’ingegnere Valerio Cometti, spiegare il progetto: architettura e design al servizio della cultura del caffè.
Tocca alla collezione dare il meglio di se: testo e immagini, molto ricercate, a caccia di dettagli che possono sfuggire alla visita: tra i capitoli, “Quando il design incontra il caffè”, “La tecnologia e il Made in Italy”, “Il presente il futuro”. Senza trascurare l’analisi delle altre anime del Mumac che non è soltanto esposizione, ma sempre ancorato alla cultura del caffè ospita attività legate alla Mumac Academy, ma si presta anche ad ospitare riunioni di ogni genere in un contesto molto raffinato, accanto a 100 anni di storia dell’industria, del design e della tecnica italiana raccontati con 100 macchine esposte in sei sale.
L’ultimo capitolo è vergato da Barbara Foglia che del Mumac è la responsabile delle attività museali e nelle sue parole il museo prende vita, si anima con l’invito a leggere l’esposizione come una storia che trae dal passato il suo sguardo sul futuro.
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Mumac museo della macchina per caffè – pagg. 144 – 28 euro
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