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domenica 24 Novembre 2024
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Sostenibilità sociale del cacao, lo studio: “Ai contadini in Costa d’Avorio e Ghana servirebbero 10 miliardi di dollari in più all’anno per un reddito dignitoso”

Un’analisi di Fairtrade International riferisce che milioni di agricoltori guadagnano appena il 6% del valore finale di una barretta di cioccolato (era il 50% negli anni Settanta), un livello talmente basso da esacerbare sfruttamento, deforestazione e povertà nei Paesi produttori

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Nelle scorse settimane, anche nel tentativo di contrastare il contrabbando di cacao verso i Paesi confinanti, le autorità del Ghana hanno aumentato del 63% il prezzo garantito ai produttori, portandolo per la stagione in corso all’equivalente di 1.837 dollari Usa per tonnellata.

L’aumento, però, basterà appena a pareggiare un tasso di inflazione che, se a settembre era al +38%, a maggio di quest’anno ha toccato in Ghana anche il +62%.

Servirebbe perciò una maggiore attenzione ai diritti e al guadagno dei contadini di cacao. Leggiamo di seguito parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Avvenire.

Il mercato del cacao

MILANO – La gran parte di loro non ha mai visto una barretta di cioccolato, né conosce il sapore. Eppure i loro machete si alzano e si abbassano tutto il giorno su piccoli appezzamenti di terreno: il frutto del cacao, la cabossa, ha forma ovale e buccia di un colore che va dal verde al giallo al rosso.

Dal suo interno, i semi, migliaia di piccoli e piccolissimi produttori estraggono le fave di cacao, “gioiello” il cui mercato internazionale vale 21,1 miliardi di dollari e il cui prezzo globale è ai massimi storici.

A settembre i future sul cacao hanno toccato i 3.870 dollari per tonnellata, livello record da 44 anni a questa parte, a causa del calo della produzione in Africa occidentale.

Costa d’Avorio (44%) e Ghana (20%) sono i due principali Paesi di origine del cacao a livello globale, seguiti dall’Ecuador (7%) e proprio l’aumento dei prezzi sui mercati internazionali rappresenta una chance importante per gli agricoltori e le loro famiglie, gran parte delle quali vive in condizioni di povertà.

Ottenere una maggiore remunerazione dalle grandi società straniere che acquistano le materie prime, spesso attraverso aziende locali, è l’obiettivo dei principali Paesi produttori e delle organizzazioni di base, che evidenziano come gli agricoltori siano oggi addirittura più poveri di quanto non lo fossero negli anni Settanta, considerato anche l’aumento del costo della vita.

La filiera del cacao, come quella del caffè e di altre materie prime, è tra quelle in cui da anni emergono problematiche relative alla sostenibilità sociale e ambientale. Negli anni sono state molte le denunce di violazione dei diritti umani, anche per il frequente utilizzo di manodopera minorile.

Bambini nelle piantagioni, insomma, bambini che di barrette non ne vedono e la cui infanzia è violata.

Se l’industria del cioccolato globale riesce a moltiplicare per sei, fino a 127,9 miliardi di dollari, il valore della materia prima cacao, un’analisi di Fairtrade International riferisce che milioni di agricoltori guadagnano appena il 6% del valore finale di una barretta di cioccolato (era il 50% negli anni Settanta), un livello talmente basso da esacerbare sfruttamento, deforestazione e povertà nei Paesi produttori.

Secondo uno studio dell’Università olandese di Wageningen, oltre un milione di piccoli contadini in Ghana e Costa d’Avorio guadagna rispettivamente 1,42 dollari e 1,23 dollari al giorno, in confronto ad un livello minimo di 2,08 e 2,55 dollari: servirebbero 10 miliardi di dollari in più all’anno per un reddito dignitoso. Impossibilitati ad investire e a diversificare, questi piccoli produttori hanno anche un potere negoziale pressoché inesistente e sono esposti alla volatilità dei prezzi.

Nelle scorse settimane, anche nel tentativo di contrastare il contrabbando di cacao verso i Paesi confinanti, le autorità del Ghana hanno aumentato del 63% il prezzo garantito ai produttori, portandolo per la stagione in corso all’equivalente di 1.837 dollari Usa per tonnellata, la tariffa più alta mai pagata a livello locale in oltre 50 anni e dovuta proprio al boom dei prezzi sui mercati internazionali.

L’aumento, però, basterà appena a pareggiare un tasso di inflazione che, se a settembre era al +38%, a maggio di quest’anno ha toccato in Ghana anche il +62%.

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