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venerdì 22 Novembre 2024
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LA CURIOSITÀ – Bar con le foto e lo scontrino del Duce «Vergognarsi? No, lo facciano i ladri»

La titolare «difesa» dai clienti (comunisti). E la ricevuta con Mussolini resta per Natale

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CEREA (Verona) «Lo vede quel signore con il berretto? Ecco, quello è un comunista storico. Ed è mio cliente abituale, da sempre». In effetti, a fianco di un «Mussolini a cavallo» d’annata, un affollato tavolino si anima, discutendo sull’imminente corsa elettorale dell’Ale Moretti. Poco più in là, due berretti rossi entrano, «ciao, compagna» (ironico), e ancora col pugno in alto chiedono «un panino con salame, grazie ».

Seguono baci e abbracci. «Finisci l’intervista, dai, noi siamo qui». Il Caffé Armando, nella centralissima via Paride di Cerea, è così: un po’ tribuna elettorale, un po’ circolo di quartiere. Lo hanno trasformato da semplice bar a ritrovo gli stessi clienti, in cerca forse di un pezzo di identità, oltre che di un caffè macchiato. Ed ora, più che mai, gli stessi avventori sembrano «proteggere » la verace proprietaria, Maristella Finezzo, da qualche giorno al centro dell’attenzione per i cimeli mussoliniani appesi alle pareti del locale.

Sul caminetto, infatti, posto d’onore alla foto del Duce. Idem per l’angolo accanto all’entrata, accanto al presepe, e nella seconda saletta. Non manca il calendario mussoliniano («quasi cento le prenotazioni ») e, sullo scontrino, ancora il volto di Benito, presente per tutto l’autunno in memoria della marcia su Roma.

«Guardi, proprio in risposta al clamore che si è scatenato, ora ho la tentazione di tenere Mussolini sulle ricevute, magari accanto agli auguri di Natale, cosa ne pensa lei?» esordisce Maristella. «Sono 17 anni che sono qui e che il locale è così, qualcuno ha voluto creare un caso solo ora – spiega – vabbé, io non mi spavento. Ma dico che le cose per cui vergognarsi sono altre: si devono vergognare tutti quei politici corrotti che rubano e non pagano per i loro sbagli, non chi mette una foto del Duce al muro».

E poi, non chiamatela nostalgica, si arrabbia ancor di più: «Ho 53 anni, non c’ero ai tempi di Mussolini, come posso essere nostalgica? – spiega – L’unica nostalgia che ho è per un’Italia che non c’è più, un Paese ordinato, dove regnava il rigore. Mussolini aveva iniziato bene, con le sue politiche familiari, previdenziali, di edilizia sociale. Poi è finito male, con l’orrore delle leggi razziali, la guerra. Come si può rimpiangere quest’ultima parte? Insomma, è un ideale quello che inseguo io, quell’ideale che va oltre la foto del Duce e i cittadini qui hanno saputo capirlo molto bene».

La figlia, Marica (titolare del bar) la tiene d’occhio a distanza. «Giuro, non dico cose pericolose, stai tranquilla», la rassicura la madre. Qualche rimostranza, in effetti, in queste ore c’è stata (soprattutto sul web). «Ma si tratta di una minoranza, due o tre persone che hanno letto i giornali», in compenso «il telefono non ha smesso di suonare per decine di testimonianze d’affetto». Ancora interruzioni: il gruppetto «rosso» la chiama; poco più in là un signore si gusta il suo aperitivo per nulla turbato dai comizi di piazza Venezia stampati sopra la testa. Qualcuno ricorda pure succulenti rinfreschi targati Udc. Insomma, il bar-museo qui non fa notizia. E l’esercente ci tiene alle precisazioni: «Mio papà si è fatto sette anni di galera e 14 mesi di nascondiglio per sfuggire alle brutture naziste, in famiglia si votava Dc – rinforza Maristella – sono io quella più a destra in casa. Eppure, al di là delle mie idee, apro la porta a tutti: stranieri, persone di sinistra. L’importante è essere onesti. Il marcio lo elimino subito. Questo non è un ritrovo di destra, per capirci. Il mio sogno? Tornare ad essere orgogliosa di essere italiana, ma la vedo male». Intanto, in via Paride 66, è arrivata la popolarità. «Candidarmi? Ma scherza, mi farebbero fuori subito».

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