Rispetto a un tempo, vengono apprezzati soprattutto i locali e i bar innovativi nella proposta e nell’arredo. Le persone tendono, però, a frequentare sempre di meno i bar tradizionali senza una diversificazione dell’offerta. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Donatella Tiraboschi per il quotidiano Il Corriere della Sera.
L’evoluzione del bar nel tempo
BERGAMO – Eravamo quattro amici al bar, cantava Gino Paoli nella ben nota canzone. Sì, ma che tipo di bar era e, soprattutto, è ancora in attività? Viene da chiederselo a fronte dei cambiamenti del terziario che seguono le tendenze e i fenomeni sociologici. Uno su tutti: “Oggi la gente frequenta meno i bar e molto di più i ristoranti“, osserva il direttore di Ascom Bergamo Oscar Fusini, riavvolgendo il nastro indietro di un quarto di secolo: si rifà al decreto Bersani del 1998 cui sono seguite altre vicende normative all’insegna di una liberalizzazione che ha accresciuto il numero di esercizi senza un aumento corrispondente della domanda.
Il risultato? Un decennio di aperture a raffica di nuovi bar, se non che “adesso le abitudini dei consumatori sono cambiate e — ribadisce Fusini — al bar ci si va sempre meno, prediligendo invece il ristorante”.
La diversificazione dell’offerta
Anche questo è un grande fiume del cibo che scorre dove confluiscono un’infinità di rivoli. C’era una volta il cinese, regno indiscusso degli involtini primavera e del riso alla cantonese. Ora, invece, è “un’offerta tra le tante ormai, perché — prosegue il direttore dell’Ascom — stiamo assistendo all’affermarsi della ristorazione etnica in tutte le salse, dal giapponese al fusion al pokè, che rappresentano un must in particolare per le giovani generazioni. E ovviamente i consumi fanno il paio, anzi danno luogo al radicamento di un’imprenditoria straniera che è pronta a sfruttare questa tendenza”.