MILANO – Gli italiani si fanno da parte e 11.000 caffetterie, più del 10 per cento del totale è passato a imprenditori che sono arrivati dall’estero. Così, secondo il centro studi della Federazione Fipe, ad un abbandono pari allo 0,3% da parte degli imprenditori italiani, registrato in tutti i settori nel 2010 sul 2009, corrisponde l’ingresso del 4,5% di imprenditori stranieri. Un ricambio che conferma un andamento ancora più marcato, nel periodo che va dal 2005 al 2009, nel quale il 2,1% di attività lasciate libere dagli italiani sono state occupate dal 28,5% di stranieri.
I lavoratori stranieri nel settore dei pubblici esercizi: l’indagine Fipe
Il centro studi della Federazione italiana pubblici esercizi ha elaborato dati raccolti dalle Eurisko nel 2007 e li ha presentati alla nascita dell’Associazione Internazionale Imprenditori Stranieri (Aiis), riunitasi per la prima volta a Rimini Fiera.
Secondo la Fipe, almeno il 10% di tutti i lavoratori stranieri presenti in Italia (1,6 milioni) è impiegato nel settore dei pubblici esercizi, soprattutto come dipendenti, anche se una buona parte ha occupato anche qui l’area manageriale. In quest’ultimo caso, fra alberghi e pubblici esercizi, si registra una presenza di stranieri dell’8,6% per un totale di 54.437 imprenditori, di cui 24.987 donne.
Quello del ricettivo è il settore più basso verso il quale guardano gli stranieri “ai vertici del comando” che risultano attratti molto di più dal commercio (29,5%), dalle costruzioni (22,2%) e dall’industria manifatturiera (10,1%). Analizzando, però, il settore dei servizi nel suo complesso, dove rientrano anche i pubblici esercizi, non può sfuggire che è proprio qui che si registra la percentuale più alta (35,2%) di imprenditori stranieri. Le nuove etnie dell’imprenditoria in Italia sono concentrate nella fascia di età fra i 30 e 49 anni.