MILANO – Che dietro al vicecampione mondiale barista Daniele Ricci, ci fosse un dream team di super professionisti, ne abbiamo parlato (qui e qui): in primis il vincitore, poi attraverso la testimonianza di Maurizio Valli e ora, con le parole di Andrea Villa, che ha firmato anche lui la prova del Word of Coffee, con il signature drink.
Villa, come avete lavorato insieme al drink che è salito sulla pedana di Atene?
“Diciamo che sono uno di quelli che hanno lavorato in back office. È dal 2018 che lavoro con Daniele per creare i signature che ha portato ai campionati nazionali e mondiali. Questa volta, quando abbiamo finito di bilanciarlo, sentivo già che era il migliore realizzato fin lì: era un tuffo in un mare cristallino. In mente avevamo già il risultato e poi Daniele ha fatto la differenza.”
Quindi come avete studiato il risultato finale?
“Solitamente durante l’anno, un po’ per la mia categoria Coffee in good spirits, e un po’ per la mia passione che riverso nel mio locale, sperimento sempre e provo soluzioni nuove. Per cui la tonica è sempre stata il mio cavallo di battaglia e poi nella miscelazione sono legati alla gassatura.
Era un prodotto che quindi avevo usato più volte, mentre con Daniele parallelamente nell’ultimo anno avevamo portato avanti la fermentazione, dalla kombucha, dalla verdura, dalla frutta, portandola dentro un latte, creando lo yogurt aromatizzandolo con la maracuja. Questa è stata la mia sperimentazione.
A questo ho aggiunto, il Timor Pepper, che ho beccato durante i miei giri e confronti con grandi professionisti. È un pepe ma sa di frutta esotica e ricorda molto il mango, il passion fruit. Abbiamo tantissime bacche: quando parliamo di pepe ci viene in mente la piccantezza, ma in realtà ha mille sfumature balsamiche, di frutta, di verdure. Infine lo zafferano, che da tempo volevo miscelare con il caffè perché è un abbinamento un po’ strano: provandolo, ha funzionato.
Devo dire che siamo andati abbastanza a colpo sicuro: gli ingredienti li avevo già in mente. Anche Daniele mi ha raccontato il suo caffè già quando era a Panama. E quindi ho studiato i possibili accostamenti con gli ingredienti principali.
Poi quando l’ho assaggiato veramente, devo dire che ha retto alla prova della pratica: i prodotti subito giravano nel drink. Poi è stata una questione solo di bilanciamento, tra la nota acida, la giusta dolcezza, la valorizzazione del caffè e il mouth feel corretto, il corpo adeguato. È questione di 5ml in più o in meno per dargli un senso.
L’aria del Timor Pepper spiegata da Villa
Qui abbiamo giocato con le consistenze. Daniele ha creato con l’aeratore l’aria di pepe, con il bar spoon l’ha adagiata sul drink però solo da un lato del bicchiere. Ha chiesto di fare un sorso prima dalla parte dell’aria per far arrivare in bocca l’effetto sparkling e girandolo, bevendo, arrivava il drink completo. Il palato già preparata all’assaggio e poi il reale cocktail. Quindi abbiamo studiato anche rispetto al modo di berlo.
Stiamo stati attenti anche sulla temperatura che è fondamentale.
Una volta trovato il drink, abbiamo pensato ad usare una classica shakerata. Siamo stati attenti all’uso di un ghiaccio grosso pieno che non permettesse troppa diluizione, preparato da noi da portare in fiera. Abbiamo pesato la quantità di ghiaccio e abbiamo fatto diversi test proprio per capire per quanti secondi shakerarlo per un tempo esatto. Daniele ha dichiarato alla giuria: shakerato 5 secondi. Un secondo in più lo avrebbe fatto più acquoso.“
Come ha fatto con il caffè, a valorizzarlo senza coprirlo?
“Il Caturra ha un suo carattere ben marcato. Del resto, la bellezza dei signature in competizione è proprio esaltare il caffè, facendo sì che si creino dei nuovi flavour: due ingredienti creano un terzo risultato completamente nuovo. Bisogna considerare poi che il caffè poi cambia durante il passare dei giorni, insieme al drink. Dunque in preliminary, semifinale e finale i flavour si modificano in piccole sfumature. La sfida dove sta? Nel fatto che più sei capace a coglierle e raccontarle correttamente, più punti prendi per la giuria.
Per saperlo, prima dei 15 minuti di gara c’è un’ora di pratica in cui è possibile assaggiare l’espresso, il milk e il cocktail, per dare i flavour e gli elementi che emergono in quel determinato giorno.
È un lavoro di team dove tutti sono presenti per capire la ricetta migliore, perché un secondo in più o in meno di estrazione dell’espresso. Perché il caffè muta anche rispetto al clima del paese in cui lo prepari.
Villa: “Questa ricetta si è rilevata perfetta e che mi ha soddisfatto completamente rispetto agli altri mondiali”
“Difficile però da riportare nei locali, perché si tratta di un procedimento lungo alle spalle. Per realizzarlo ci abbiamo impiegato un mese e mezzo di lavoro. Ma sul momento bisogna preparare lo yogurt, l’estratto di passion fruit, un syrup al rosmarino, il tonico, il foam con l’estratto di Timor Berry, non sono tempistiche da proporre dietro al bancone o a casa.
La gara, dico sempre, rappresenta un po’ il raggiungimento degli studi che si fanno alle spalle nei mesi e negli anni da cui poi prendere spunto per riproporlo nei propri locali magari con dei tasting in cui dedicare un’ora per degustare in un percorso esperienziale.
Un’altra cosa che mi è piaciuto studiare, è il fatto che sia nato come analcolico, che per me è stata ulteriormente una sfida, perché i distillati e i liquori aiutano a dare spinta al drink. Con gli analcolici invece devi saper miscelare ingredienti delicati. – conclude Andrea Villa – E ora arriveranno sfide nuove e il mondo della miscelazione con il caffè sta correndo in una maniera velocissima. “