MILANO – Starbucks riparte in Cina, ma la ripartenza non convince Morgan Stanley. Non del tutto, perlomeno. Nelle 13 settimane al 2 aprile 2023, le vendite, a parità di perimetro, dei locali cinesi della multinazionale americana sono cresciute del 3%: un risultato superiore alle aspettative dell’azienda. Ma nettamente al di sotto del +7% registrato a livello globale. E del +12% conseguito negli Usa.
Per l’intero esercizio 2023, gli analisti si aspettano in Cina una crescita del 7%. Un dato sempre lontano dall’era pre-Covid. La prudenza di Morgan Stanley non nasce dalla sfiducia nei confronti del nuovo ceo Laxman Narasimhan, bensì dalla relativa debolezza del quadro economico.
In Cina, il governo non ha varato pacchetti di incentivi ai consumi in misura paragonabile a quella di altri paesi, a cominciare dagli Usa. Le restrizioni dovute alla pandemia e le modifiche normative hanno eliminato 30 milioni di posti di lavoro: un dato rilevante, anche se bisogna rapportarlo a una popolazione di 1,4 miliardi di abitanti.
Di questi 30 milioni, 20 saranno recuperati entro l’anno, ma per il rimanente terzo ci vorrà più tempo.
Il mercato immobiliare, che trainò la ripresa nel primo semestre 2021, ha subito l’anno scorso un brusco rallentamento, a causa di una crisi sistemica.
Molti gruppi immobiliari stanno lottando per sopravvivere, come il gigante Evergrande, strangolato da un maxi debito di 300 miliardi di dollari.
In generale, la ripresa economica – dopo la fine delle politiche zero Covid, decretata lo scorso dicembre – è stata relativamente modesta.
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