La produzione nazionale sarebbe stimata da Mediobanca in
4,5 miliardi, dietro la Francia (7,2), ma davanti la Germania (4,2). Il grosso della produzione italiana è merito di un mondo frammentato, composto da poco meno di mille torrefazioni, prevalentemente localizzate nel Mezzogiorno (31,3% del totale) e nel nord ovest (27,3%). Leggiamo di seguito l’articolo di Carlo Ottaviano pubblicato sul quotidiano
Il Messaggero.
Il caffè in Italia: numeri alla mano
ROMA – L’Italia non produce neanche un chicco di caffè (escludendo le sperimentazioni Morettino in Sicilia), eppure siamo i primi esportatori al mondo per quantità di caffè torrefatto, secondi per valore con 1,8 miliardi di euro.
La produzione nazionale è stimata da Mediobanca in 4,5 miliardi, dietro la Francia (7,2), ma davanti ai tedeschi (4,2). Imbattibili, invece, sul podio delle performance economiche dove addirittura l’Italia doppia gli altri: il margine operativo lordo delle aziende made in Italy è dell’11,6%, scende al 6,2% in Germania e al 5,2% in Francia.
I leader mondiali del settore sono l’elvetica Nestlé e l’olandese JDE Peet’s, ma nella top ten dei principali produttori mondiali ci sono anche due italiane –
Lavazza e
Massimo Zanetti – che insieme rappresentano il 4,1% della torrefazione del caffè verde globale. I player con giro d’affari superiore a 10 milioni sono 49. Sei aziende per 605 milioni di vendite hanno proprietà straniera.
Prestazioni migliori al sud
Il grosso della produzione italiana è merito di un mondo molto frammentato, fatto da poco meno di mille torrefazioni, prevalentemente localizzate nel Mezzogiorno (31,3% del totale) e nel nord ovest (27,3%).
Le prestazioni migliori sono delle aziende del sud e isole (+8,8% medio annuo) che superano le performance di quelle del vord ovest (+2,3%).
Consapevoli di essere riconosciuti nel mondo come produttori di eccellenza, gli industriali del Consorzio promozione caffè a giugno si incontreranno a Macerata per fare il punto della situazione.
Che dopo gli anni della pandemia Covid e le incertezze dell’attuale momento non è tutta rosa e fiori, specialmente per il calo dei consumi. “Comunque – afferma Michele Monzini, presidente del Consorzio – il 2023 è iniziato positivamente, con una buona ripresa soprattutto fuori casa, sebbene nel breve periodo probabilmente non torneremo ai livelli del 2019. Questo perché il cambio di abitudini e in particolare la crescita dello smart working hanno spostato inevitabilmente parte dei consumi dai bar all’ambiente domestico”.
Le varietà di prodotto
“All’interno del canale retail continua – vediamo però un aumento delle vendite legato all’inflazione e a una tenuta dei volumi”. Gli italiani con una media di 1,6 caffè al giorno non sono i maggiori consumatori europei (in testa Finlandia con 4,4 tazzine, Svezia con 3,2, Norvegia con 2,6).
Nell’ultimo anno il consumo in Italia è stato di 5,2 milioni di sacchi equivalenti a 95 milioni di tazzine ogni giorno, per l’82% gustate a casa. Sicuramente gli italiani sono i più esigenti in fatto di qualità, tanto da non badare al prezzo: la media di 12,1 euro a chilo dei supermercati, secondo Mediobanca, è superiore del 50% a quella degli altri Paesi consumatori.
Possiamo consolarci – giusto per curiosità – citando il record del caffè Geisha dell’azienda Nuguo Fermentedi Gallardo, che è il più caro al mondo, battuto pochi mesi fa all’asta a Panama a 2.568 dollari per libbra, cioè 4.900 euro al chilo. Molto ampia è la forbice dei prezzi sugli scaffali della Gdo tra i vari formati: il macinato in sacchetti (il 73,6% del mercato) è venduto a 7,9 euro al kg, il caffè in grani a 8 euro al kg, mentre il solubile riporta un prezzo medio di 20,2 euro al kg.
Al vertice cialde e capsule, prezzate 31,3 euro al kg, acquistate dal 16,2% dei consumatori. È il segmento maggiormente dinamico (+18,8%). Il fattore costo non allontana quindi dal radicato rito del caffè, tanto da renderlo poco elastico al prezzo e inattaccabile da tè, orzo e altre bevande calde.
Per quanto riguarda le varietà, il consumo italiano è allineato a quello internazionale: sebbene siano note circa cento varietà di caffè, due sole hanno rilevanza commerciale, l’Arabica e la Robusta.
Nel 2022 l’arabica ha rappresentato il 56,2% della produzione mondiale, ma nel tempo la robusta ha incrementato la propria incidenza dal 39,2% dell’annata 2012/2013 al 43,8% dell’ultima, grazie anche a una maggiore resistenza climatica e ai parassiti e a una resa produttiva superiore.